Stefano Lo Russo del centrosinistra ha vinto a Torino

A scrutinio terminato ha superato il 59 per cento dei voti, molto avanti rispetto a Paolo Damilano del centrodestra

Il nuovo sindaco di Torino, Stefano Lo Russo (ANSA/TINO ROMANO)
Il nuovo sindaco di Torino, Stefano Lo Russo (ANSA/TINO ROMANO)

Stefano Lo Russo del centrosinistra ha vinto il ballottaggio delle elezioni comunali di Torino e sarà il nuovo sindaco della città. A scrutinio terminato, Lo Russo ha superato il 59 per cento, molto avanti rispetto a Paolo Damilano, il candidato del centrodestra. L’affluenza è stata piuttosto bassa: 42 per cento, con il 35 per cento nelle periferie a nord. Lo Russo ha ringraziato gli esponenti del Partito Democratico e delle liste di centrosinistra con cui aveva condotto la campagna elettorale insieme ai volontari, «nelle loro diversità». Ha definito il risultato «oltre le nostre aspettative: dobbiamo dire grazie alle torinesi e ai torinesi che ci hanno dato fiducia».

Il centrodestra era considerato in vantaggio prima del voto, ma dopo il primo turno le cose erano già sembrate molto più aperte. Lo Russo era arrivato primo a sorpresa con il 43,9 per cento dei voti, superando di cinque punti Damilano che aveva preso il 38,9 per cento. Valentina Sganga, la candidata del M5S, partito che con la sindaca uscente Chiara Appendino governava la città dal 2016, si era fermata al 9 per cento. In vista del secondo turno, il Movimento 5 Stelle non aveva dato alcuna indicazione ufficiale di voto.

Stefano Lo Russo ha 45 anni, è torinese, ha insegnato Geologia al Politecnico ed era stato eletto per la prima volta in Consiglio comunale nel 2006 nella lista dell’Ulivo. Era l’anno della vittoria quasi plebiscitaria al primo turno di Sergio Chiamparino, rieletto pochi mesi dopo i successi delle Olimpiadi invernali che avevano portato grande risalto internazionale alla città (e parte del suo debito). Era stato capogruppo del Partito Democratico nel Consiglio comunale e aveva condotto una dura opposizione contro la giunta Appendino.

Lo Russo è descritto come un profondo conoscitore della macchina amministrativa e nel corso della campagna elettorale si è presentato come una nuova opportunità di cambiamento, nonostante provenga da un’area politica che ha espresso tre sindaci su quattro negli ultimi 20 anni. Nel corso dell’estate ha adottato un format molto informale per incontrare la popolazione nei mercati rionali e nei luoghi di aggregazione: piazzare un paio di sedie pieghevoli e conversare con i potenziali elettori, insieme ad altri esponenti politici, per lo più del PD piemontese.

Nel corso di questi confronti e di quelli ufficiali con gli avversari, Lo Russo aveva ammesso gli errori del passato, specialmente prima delle elezioni del 2016, quando la giunta di centrosinistra cercava di dare rilevanza alla città lasciando in secondo piano analisi più approfondite sul disagio sociale ed economico in molti quartieri di periferia e di altre aree comprese tra il centro e quelle periferiche, dove maggiore è stata l’astensione a queste elezioni. Lo Russo ha riconosciuto alcuni errori nella gestione del dopo Olimpiadi, pur rivendicando un evento all’epoca definito di grande trasformazione per la città. Quell’occasione si spense velocemente, tra la crisi economica del 2008 e il rapido ridimensionamento delle ultime grandi attività industriali presenti sul territorio.

Con lo slogan «Per Torino, grande, forte, unita», Lo Russo aveva proposto un programma articolato con iniziative a sostegno dei piccoli esercizi commerciali, ritenuti una risorsa importante per la vita nei quartieri, e l’impiego temporaneo di spazi dismessi per attività sociali, culturali e ricreative. Politiche simili erano già state avviate dalla giunta Appendino, ma con qualche difficoltà organizzativa e burocratica. Lo Russo aveva inoltre sostenuto un piano per semplificare le procedure di assegnazione degli spazi per l’edilizia residenziale pubblica e la dismissione dei numerosi immobili inutilizzati del Comune.

Sulla mobilità e i trasporti le proposte non erano orientate alla costruzione di nuove grandi infrastrutture, come proponeva Damilano, ma al miglioramento e all’integrazione di quelle esistenti, a partire dal passante ferroviario il cui interramento completato una decina di anni fa ha permesso di ricucire interi pezzi di Torino, rimasti per decenni separati dalla ferrovia. Il passante ha diverse stazioni intermedie, oltre a quelle più conosciute e frequentate di Porta Nuova e Porta Susa, ma non viene utilizzato pienamente per favorire gli spostamenti in città.

Lo Russo aveva dedicato una parte importante della campagna elettorale alla “città di mezzo”, quella tra il pieno centro e le periferie, dove ci sono marcate differenze sociali. In alcuni quartieri, come Aurora e Vanchiglia, il M5S aveva vinto per pochi voti al ballottaggio del 2016, interrompendo una tradizione di voto a sinistra che Lo Russo è riuscito in parte a recuperare.

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