Genius voleva “annotare il mondo”, ora è stato svenduto

Il sito noto per le spiegazioni e i commenti ai testi delle canzoni voleva applicare il modello a tutta internet, ma non è andata bene

Nei primi anni Dieci del Duemila, Genius pareva essere un sito piuttosto promettente. La startup che lo controllava aveva ricevuto finanziamenti significativi e la sua semplice idea di permettere a chiunque di commentare e spiegare i testi delle canzoni rap sembrava potersi aprire a numerose prospettive di crescita anche in altri settori. Uno dei suoi stravaganti fondatori dichiarò che Genius puntava a essere più grande di Facebook, e uno dei suoi più importanti finanziatori disse che l’ambizione del sito era «annotare il mondo».

E invece per Genius arrivarono anni travagliati, pieni di problemi e controversie, e ora l’azienda, che era arrivata a ottenere oltre 100 milioni di dollari di investimenti, è stata venduta – secondo molti osservatori svenduta – per 80 milioni di dollari. L’ha comprata MediaLab.Ai, una società californiana che Bloomberg ha spiegato essere specializzata nell’acquisto di siti il cui nome è almeno un po’ famoso su internet, ma che ormai sembrano aver ben poco da dire. Solitamente per poi spremerne quel poco che ne resta.

La storia di Genius iniziò nell’estate 2009 quando i suoi fondatori – Mahbod Moghadam, Tom Lehman e Ilan Zechory, tutti e tre laureati a Yale – si misero a discutere sul significato del testo di una canzone del rapper Cam’ron, decidendo così di fare un sito che permettesse a ogni utente di aggiungere contesto e spiegazioni ai testi delle canzoni rap, spesso pieni di citazioni e riferimenti che a molti sfuggono.

Il primo nome del sito fu Rap Exegesis (“esegesi del rap”), poi divenne Rap Genius e più avanti, quando le canzoni aggiunte divennero di ogni genere, solo Genius. Negli anni, questa parte di Genius non è cambiata granché: pubblica i testi delle canzoni, con alcune parti evidenziate e i corrispondenti commenti e spiegazioni degli utenti. Nel caso delle canzoni più famose, il sito è spesso ricco e utile anche nella sua versione italiana: per esempio per chi voglia capire o scoprire qualcosa in più sui testi delle canzoni di Marracash, Sfera Ebbasta o tha Supreme.

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Oltre che per le possibilità che offriva agli appassionati di musica, già nei suoi primi anni Genius si fece notare però per l’eccentricità dei suoi fondatori, in riferimento ai quali nel 2013 Vox scrisse che erano noti per certe «bizzarre buffonate», per le loro feste notoriamente sontuose, per aver ammesso di aver usato tutta una serie di sostanze stupefacenti e per aver insultato, tra gli altri, Mark Zuckerberg e Warren Buffett (quest’ultimo direttamente dal profilo twitter di Genius).

(Brian Ach/Getty Images)

Negli anni in cui cresceva, tra le altre cose arrivando a fare accordi con Spotify e Apple Music, Genius dovette inoltre vedersela con le critiche di chi la accusava di controllare poco e male i commenti sul sito, con la scoperta del fatto che per guadagnare posizioni nelle ricerche da Google il sito si era servito di pratiche scorrette e, soprattutto, con una serie di non piccoli problemi di copyright. Per anni, infatti, Genius aveva messo sul suo sito i testi delle canzoni senza pagarne i relativi diritti.

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A ben vedere, comunque, il problema principale di Genius (comune a diverse altre startup tecnologiche) era trovare un modo per fare soldi. Ne aveva ricevuti tanti, ma ne spendeva altrettanti e soprattutto non sembrava avere alcuna idea di come fare a guadagnarne. Un articolo del 2014 raccontò per esempio che Zechory, uno dei fondatori, si mise a ridere quando, durante un colloquio per l’assunzione, un ingegnere informatico gli chiese quali piani avesse Genius per iniziare a generare profitti.

Ciononostante, dopo aver risolto certi suoi problemi con Google e con le case discografiche, Genius si rimise in sesto e tra le altre cose arrivò anche a fare interessanti accordi prima con Spotify e poi con Apple Music. Intanto, l’azienda guardava oltre la musica: alla poesia e alla letteratura (su Genius è annotata, tra le altre cose, anche la Divina Commedia), ma anche a ogni altro tipo di testo digitale, a cominciare da quelli pubblicati dai siti d’informazione.

L’idea, mai concretizzata, era diventare il servizio di riferimento a cui ogni altro sito si sarebbe dovuto rivolgere per far sì che ogni suo testo potesse essere commentato, sulla base di un sistema simile a quello con cui funziona Wikipedia, basato però sul “Genius IQ”, un sistema a punti per far capire chi erano i commentatori più assidui, efficaci e apprezzati. In termini quasi distopici, i suoi fondatori arrivarono a parlare del “Genius IQ” come di qualcosa che, secondo loro, avrebbe potuto avere conseguenze sulla vita delle persone anche oltre internet, nella vera vita di tutti i giorni.

Non ci volle però molto per appurare che i piani di Genius avevano un grave problema di fondo: ben pochi siti erano interessati a sfruttare i servizi che offriva, ritenendo comprensibilmente che già fossero sufficienti le sezioni dedicate ai commenti e le interazioni tramite social.

Genius è quindi restato un sito di commenti e spiegazioni di testi perlopiù musicali e soprattutto rap o trap. Con tanti soldi spesi e pochi guadagnati, le cui sorti ora dipenderanno da quello che deciderà MediaLab.Ai, che ha già annunciato alcuni licenziamenti, ma che ancora non ha spiegato cosa se ne farà di Genius.