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  • Martedì 7 settembre 2021

La temuta manifestazione in favore di Bolsonaro a Brasilia

I sostenitori del presidente, in crisi di consensi, si sono radunati al Congresso scontrandosi con la polizia e forzando i blocchi

Un camion a sostegno di Bolsonaro arrivato a Brasilia per la manifestazione del 7 settembre, 6 settembre 2021 (AP Photo/Eraldo Peres)
Un camion a sostegno di Bolsonaro arrivato a Brasilia per la manifestazione del 7 settembre, 6 settembre 2021 (AP Photo/Eraldo Peres)

Il 7 settembre in Brasile si celebra l’indipendenza dall’impero portoghese, avvenuta nel 1822. Migliaia di sostenitori del presidente Jair Bolsonaro sono arrivati a San Paolo e a Brasilia per partecipare a una enorme manifestazione in suo favore su richiesta dello stesso Bolsonaro, il cui sostegno politico è in forte calo e la cui rielezione, nel 2022, è molto incerta.

Questa convocazione è stata interpretata da alcuni analisti come l’ennesima dimostrazione della debolezza di Bolsonaro, mentre altri temono addirittura che la giornata dell’indipendenza possa trasformarsi in un’insurrezione sul modello dell’assalto al Congresso degli Stati Uniti dello scorso 6 gennaio, o comunque in una manifestazione violenta che potrebbe danneggiare la democrazia e le istituzioni del paese. Martedì mattina i primi manifestanti si sono scontrati con la polizia disposta a protezione del parlamento brasiliano, e dalla folla sono arrivate minacce di fare irruzione nel palazzo della Corte Suprema.

Già nella notte tra lunedì e martedì, a Brasilia, centinaia di sostenitori di Bolsonaro vestiti con i colori della bandiera avevano sfondato i posti di blocco della polizia ed erano arrivati vicini all’edificio del Congresso nazionale. Uno dei figli del presidente, il deputato Eduardo Bolsonaro, era arrivato sul posto, aveva salutato i manifestanti ed era salito su uno dei camion che formavano un corteo, ha scritto il giornale brasiliano O Globo.

La manifestazione del 7 settembre era stata sollecitata da Bolsonaro stesso a metà agosto: in un video chiedeva al popolo brasiliano di scendere per le strade e di partecipare al «più grande» raduno «della storia del paese», per ristabilire «lo stato di diritto», per salvaguardare «l’equilibrio tra i poteri» e assicurare «il rispetto della costituzione». Da mesi, Bolsonaro attacca la Corte suprema e il Tribunale superiore elettorale del paese, considerandoli i due principali ostacoli alla sua azione di governo.

Sulla manifestazione di martedì circolano preoccupazioni sui possibili scontri che potrebbero verificarsi tra i bolsonaristas, cioè i sostenitori di Bolsonaro, e i manifestanti di sinistra e gli attivisti indigeni che dal mese scorso sono accampati vicino al Congresso in attesa di un verdetto che potrebbe mettere in discussione i confini delle terre loro assegnate dalla Costituzione.

Alessandro Molon, membro del Congresso del Partito Socialista Brasiliano (PSB), ha detto che «Bolsonaro ha bisogno del caos. È il signore del caos», aggiungendo che «scontri o conflitti sono tutto ciò che desidera, per poter convocare le forze armate». Ruth de Aquino, editorialista del quotidiano O Globo, ha sostenuto che il presidente starebbe deliberatamente tentando di innescare un «pandemonio», per distogliere l’attenzione dalla grave crisi economica, sociale e sanitaria che sta attraversando il paese: «Bolsonaro sta cercando di distogliere l’attenzione da questo caos facendo l’unica cosa che sa fare: provocare caos e sconvolgimenti».

I timori che la giornata dell’indipendenza possa diventare la versione brasiliana dell’assalto al Congresso degli Stati Uniti dello scorso 6 gennaio – una specie di “auto-golpe” di Bolsonaro per rafforzare i suoi poteri – sono ritenuti comunque esagerati da alcuni osservatori, dato che Bolsonaro probabilmente non avrebbe il sostegno necessario a un’azione di questo genere.

Bolsonaro si era presentato alle elezioni del 2018 come indipendente ispirandosi esplicitamente a Donald Trump, usando nazionalismo, populismo, maschilismo e notizie false per aumentare il proprio consenso. Presentandosi come il salvatore del Brasile, aveva vinto con il 55 per cento dei voti, con il sostegno delle regioni più ricche e bianche del paese e delle fasce più conservatrici, specialmente tra agricoltori, allevatori ed evangelici. Di estrema destra e ammiratore della dittatura militare che governò il Brasile dal 1964 al 1985, fin dall’inizio della sua presidenza nominò molti militari ed ex militari in posizioni di potere.

Il suo ampio sostegno sembra però essere venuto meno, o almeno così dicono i sondaggi. Le ripetute richieste di impeachment, i casi di corruzione legati all’acquisto dei vaccini, le rinunce e l’avvicendarsi di numerosi ministri al governo, le dimissioni dei tre più importanti capi militari del paese, i contrasti con le autorità giudiziarie, la cattiva gestione della pandemia che ha causato quasi 600 mila morti nel paese e un’inchiesta parlamentare su quella stessa gestione, hanno infatti prodotto un grosso calo dei consensi nei suoi confronti.

Dall’inizio della pandemia, il presidente brasiliano, ha costantemente ridicolizzato e ridimensionato la gravità del problema, rifiutandosi per esempio di indossare la mascherina durante gli eventi pubblici e criticando ampiamente governatori e sindaci che avevano imposto restrizioni per controllare la diffusione del virus. Dopodiché, Bolsonaro aeva preso posizione contro i vaccini, arrivando a dichiarare che avrebbero potuto trasformare le persone in coccodrilli. Ma i suoi sforzi non sono serviti a molto: la percentuale delle persone contrarie al vaccino è via via diminuita e il suo stesso capo di gabinetto, Luiz Eduardo Ramos, 64 anni, ha ricevuto il vaccino (Ramos ha ammesso di essersi vaccinato durante un incontro in cui non sapeva di essere registrato, dicendo di aver dovuto fare l’iniezione di nascosto).

Sotto le pressioni di gran parte dell’opinione pubblica del paese, inclusi importanti esponenti del mondo della finanza, Bolsonaro ha dunque progressivamente cambiato alcune sue posizioni sulla pandemia e verso i vaccini, dicendo che il 2021 sarà «l’anno della vaccinazione dei brasiliani» e che presto il paese sarebbe tornato alla normalità. Si è trattato, secondo molti, di un nuovo e maldestro tentativo di rimediare alle proprie difficoltà politiche.

Bolsonaro ha anche cercato di riaffermarsi politicamente, dando delle dimostrazioni di forza al paese, ma con scarsi risultati: sfilate di motociclisti e esibizioni militari, come quella organizzata fuori dal palazzo presidenziale di Brasilia lo scorso agosto, giudicata dai suoi oppositori un tentativo “patetico” di intimidire il Congresso.

Proprio il giorno della parata era infatti previsto un voto molto importante al Congresso, quello su una proposta di riforma costituzionale voluta da Bolsonaro per reintrodurre la documentazione cartacea nei processi elettorali, al posto del voto elettronico. La proposta era stata respinta, ma Bolsonaro aveva continuato a portare avanti una campagna personale a favore della modifica del sistema, minacciando di non far celebrare o di non riconoscere l’esito delle elezioni presidenziali del 2022 nel caso in cui non si fosse tornati al voto cartaceo. I suoi critici affermano che, seguendo l’esempio del suo mentore politico, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Bolsonaro stia seminando dubbi nel caso in cui dovesse perdere le elezioni.

Un grande motivo di preoccupazione, per Bolsonaro, è infatti il ritorno in politica dell’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, per molti anni leader del Partito dei lavoratori, il principale partito di sinistra brasiliano. Lula venne condannato per corruzione nel 2017 da un giudice di cui poi erano stati stabiliti i pregiudizi politici e che era stato nominato ministro della Giustizia da Bolsonaro. Lula è stato scagionato e scarcerato, e potrà quindi candidarsi alle elezioni presidenziali del 2022. I sondaggi mostrano che è il favorito e che, se si votasse oggi, potrebbe battere con un ampio margine Bolsonaro.