Una canzone di Mayer Hawthorne

Sarebbe l'anno giusto per andare in barca

(Araya Diaz/Getty Images)
(Araya Diaz/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
A grande richiesta, dopo le entusiaste e imbarazzate reazioni al video di ieri di Mike Bongiorno e Mike Oldfield, amplificherò l’entusiasmo e aggraverò l’imbarazzo passandovi il video di Mike Bongiorno con Boy George e i Culture Club (con conversazione di scottante attualità).
Se vi ricordate quella bella canzone di una ragazza inglese giovane di cui parlammo due anni fa, Lola Young, c’è una cosa nuova che le somiglia molto, non male, e lei si chiama Olivia Dean.
Da ieri gira assai un aneddoto riferito da Rick Rubin – illustre e ammirato produttore americano – che in un podcast ha raccontato che durante la registrazione di un disco dei Traveling Wilburys (il “supergruppo” che mise insieme Bob Dylan, Roy Orbison, Jeff Lynne, Tom Petty e George Harrison), quando George Harrison si allontanò un momento, Dylan si sporse verso Tom Petty e gli disse sottovoce: “sai, lui era nei Beatles!”.
(secondo Rubin gliela raccontò Tom Petty e non era una battuta: sta qui al minuto 50 e 30)

All better
Mayer Hawthorne

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Sarebbe l’anno giusto per andare in barca: una settimana in mare, chi se lo può permettere, oppure noleggiare un Boston Whaler dalla mattina alla sera e fare un giro dell’isola. Per disassembrarsi al mare non serviva una pandemia, certo.

«Cicio no zè per barca»*, dicevano a Trieste di qualcuno che sia inadeguato a qualcosa: l’ho imparato dal ramo triestino di famiglia da ragazzo e mi chiedevo chi fosse Ciccio, e invece la storia è un’altra. E poi mi sentivo di ricadere nell’implicazione letterale, con poca voglia di stare in barca, dove tuttora un po’ mi annoio, quando capita. Ma insomma, per noi vegani della barca hanno inventato i baretti davanti al mare: il godimento è simile e più adeguato ai nostri gusti.

Questo permette anche di frequentare la yacht music senza necessariamente stare su uno yacht: è quel genere di musica di cui ho raccontato altre volte e che si associa con questa stagione e la sua rappresentazione novecentesca fatta di tramonti che si sfocano nel baluginio dei riflessi sull’acqua, e calici che tintinnano sullo sfondo di vele sgonfie. Nella mia esperienza, anche molte Pringles d’appoggio.

(Per idem sentire, la redazione Consumismi del Post ha a sua volta ritenuto oggi che fosse il tempo di andare in barca)

Tutto questo per introdurvi al tardivo contributo alle playlist di yacht music da parte di Mayer Hawthorne, deejay, musicista e damerino americano 42enne di versatilità amate dalla Moda, e lui amante del soul e dei suoni di fine secolo scorso. Il suo disco che andò meglio era del 2013 e dentro aveva questa All better, dal testo leggerino e dall’andamento da tramonto al baretto, appunto. Ma una gran canzone da tramonto al baretto.

*(a rischio di polemiche, nella traslitterazione di quella esse veneta io sono del partito contro la x, incomprensibile ai più)


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