La lenta e incerta ripresa degli aeroporti

La conferma delle restrizioni agli spostamenti e la prudenza dovuta alla variante delta rallentano gli sforzi di un settore in difficoltà

(ANSA/TELENEWS)
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La International Air Transport Association (IATA), organizzazione internazionale che raggruppa centinaia di compagnie aeree di tutto il mondo, ha confermato le previsioni per il 2021: per il trasporto aereo sarà di nuovo un anno difficile, dopo il 2020 in cui l’epidemia aveva imposto forti limitazioni agli spostamenti e causato un crollo dei passeggeri in tutti gli aeroporti. Willie Walsh, direttore generale della IATA, ha detto di aspettarsi un ritorno del traffico ai livelli del 2019 nel 2023, solo se le compagnie aeree riusciranno a ripristinare tutti i collegamenti nei prossimi mesi. «Sono ottimista, ma prudente», ha detto Walsh.

Nonostante un prevedibile aumento dei passeggeri registrato nel mese di maggio rispetto allo scorso anno (quando si stava appena uscendo dai lockdown), anche i gestori degli aeroporti italiani sono prudenti perché ci sono ancora moltissime incertezze legate all’andamento dei contagi, da cui dipendono le limitazioni e quindi gli spostamenti. Per Carlo Borgomeo, dal 25 giugno presidente di Assaeroporti, l’associazione che riunisce 32 società di gestione aeroportuale, gli aeroporti italiani stanno vivendo «in attesa della ripresa», che non è ancora iniziata e che sarà piuttosto lenta.

La situazione è complessa, per una serie di ragioni: gli aeroporti italiani sono stati tra i primi al mondo a chiudere a causa delle limitazioni e sono aziende che più di altre hanno subìto le conseguenze dell’epidemia. Per questo sono in gravi difficoltà economiche, ma allo stesso tempo non possono limitare gli investimenti per continuare a competere sul mercato, garantire l’occupazione e l’indotto: dal trasporto aereo, che incide per il 3,6 per cento sul prodotto interno lordo, dipende direttamente anche il settore del turismo.

Secondo i dati pubblicati dall’ENAC, l’ente nazionale di aviazione civile, nel 2020 sono transitati dagli aeroporti italiani 52 milioni e 759mila passeggeri, con un calo del 72,5 per cento rispetto al 2019. Sono stati 25 milioni i passeggeri dei voli nazionali, diminuiti del 61,1 per cento rispetto all’anno precedente, mentre è stato più marcato il calo delle persone in arrivo dall’estero (-78,3 per cento) per effetto delle limitazioni agli spostamenti.

La diminuzione dei passeggeri è stata simile in quasi tutti gli aeroporti: da Roma Fiumicino sono passati 9,7 milioni di passeggeri con un calo del 77,5 per cento, da Malpensa 7,2 milioni di passeggeri (-74,9%), da Bergamo-Orio al Serio 3,83 milioni (-72,2%). Nonostante il taglio e la pesante riorganizzazione dei voli, nel 2020 Ryanair è stato il primo vettore per numero di passeggeri, 11,8 milioni, in calo del 70,8 per cento rispetto ai 40,5 milioni del 2019. Con Alitalia hanno viaggiato 6,5 milioni di persone, con una diminuzione percentuale simile a quella registrata da Ryanair: -70,1 per cento. Secondo le stime di Assoaeroporti, da marzo 2020 a a giugno 2021 i gestori aeroportuali italiani hanno perso 3 miliardi di euro di fatturato.

Il confronto tra i primi cinque mesi del 2021 e lo stesso periodo del 2020 ha una serie di limiti: fino a marzo dello scorso anno non ci sono state limitazioni ai voli, inoltre negli ultimi mesi le misure restrittive sono state introdotte a livello regionale e non più nazionale, come nel caso della chiusura totale dello scorso anno. I dati pubblicati da Assoaeroporti dicono che tra gennaio e maggio sono passati dagli aeroporti italiani 9,8 milioni di viaggiatori, in calo del 61,9 per cento rispetto allo scorso anno e dell’86,1 rispetto al 2019. Analizzando solo il mese di maggio, nel 2021 i passeggeri sono stati 3,1 milioni mentre lo scorso anno 214mila, sempre a causa delle restrizioni.

I segnali più incoraggianti delle ultime settimane riguardano solo il traffico chiamato “domestico”, cioè i passeggeri italiani che volano verso località turistiche italiane. È una prima buona notizia, anche se non basta per parlare di vera ripresa. Il traffico aereo internazionale, soprattutto quello dei voli che portano alle grandi città d’arte, dipende dall’arrivo di turisti da tutto il mondo e al momento è difficile capire quando e se tornerà ai livelli del 2019: molti governi non hanno ancora revocato le misure restrittive e l’arrivo della variante delta, più contagiosa, ha imposto ulteriore prudenza.

Tra gli aeroporti italiani che hanno studiato una prima previsione per il 2021 c’è Bergamo-Orio al Serio, il terzo scalo italiano per numero di passeggeri e una delle basi più importanti di Ryanair nell’Europa meridionale: l’obiettivo per tutto il 2021 è di raggiungere i 7 milioni di passeggeri, poco meno della metà rispetto al 2019. A giugno da Bergamo ne sono passati 500mila e a luglio se ne attendono 700mila. «C’è un forte recupero del traffico domestico tornato ai livelli prepandemia», ha detto Giacomo Cattaneo, direttore commerciale del settore “aviation” dell’aeroporto. «Per quelli internazionali, invece, bisogna aspettare perché le restrizioni sono ancora a macchia di leopardo. Il Green Pass aiuta, ma molti paesi europei ancora non si sono adeguati».

La crisi e le prospettive limitate rischiano di incidere anche sull’occupazione dei tantissimi lavoratori del settore e dell’indotto: piloti ed equipaggio, lavoratori di terra, dipendenti delle società di movimentazione bagagli, gli stagionali chiamati per l’accoglienza oltre a tutte le persone che lavorano nei servizi in appalto, nei parcheggi a servizio degli aeroporti, nelle aziende di noleggio auto, in bar, ristoranti e negozi all’interno degli scali.

Secondo i sindacati, che martedì 6 luglio hanno organizzato uno sciopero con un’alta adesione, il governo ha commesso un errore non inserendo nel blocco dei licenziamenti il settore del trasporto aereo. «La stagione autunnale che ci attende, a partire da settembre ed ottobre, sarà molto difficile», ha detto Fabrizio Cuscito, segretario nazionale Filt-Cgil. Al momento il governo ha stanziato 800 milioni di euro di ristori agli aeroporti, che dovrebbero essere erogati in autunno.

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Il presidente di Assoaeroporti, Carlo Borgomeo, ha spiegato che la strategia per il rilancio si fonda sugli investimenti per raggiungere la sostenibilità ambientale, in particolare sullo studio di progetti di qualità per accedere ai fondi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da cui gli aeroporti sono esclusi a causa del notevole impatto ambientale che contraddice gli obiettivi del piano. Borgomeo ha auspicato che il governo autorizzi un nuovo allungamento delle concessioni aeroportuali, già prorogate per due anni con un emendamento al decreto Rilancio nel 2020. «Visto che la pandemia ha indebolito gli asset aeroportuali, bisogna affrontare il tema dell’allungamento delle concessioni per irrobustirli, tenendo conto del danno che c’è stato», ha detto al Sole 24 Ore. «Serve anche per attirare investitori esteri».

Nelle ultime settimane i gestori degli aeroporti italiani hanno chiesto più volte al governo di inserire il settore nel programma di investimenti del PNRR. I gestori ritengono che l’esclusione sia un paradosso: il trasporto aereo è tra i più inquinanti e proprio per questo richiederebbe notevoli investimenti per la cosiddetta transizione energetica. Tra gli obiettivi già dichiarati da molti aeroporti – 235 scali europei hanno sottoscritto l’impegno a cancellare le emissioni entro il 2050 – ci sono una maggiore connessione con il sistema ferroviario, un impegno per limitare fortemente le emissioni anche delle attività esterne agli aeroporti e un’opera di sensibilizzazione sulle compagnie aeree chiamate a nuovi investimenti per l’acquisto di aerei meno inquinanti e più silenziosi.