La nazionale americana di calcio femminile è una squadra speciale

Ormai da molti anni è la più forte del mondo, con una straordinaria popolarità nel suo paese, e un simbolo delle lotte per l’uguaglianza nello sport

di Giulia Beghini

Brandi Chastain esulta togliendosi la maglietta e si lascia andare in un urlo liberatorio, dopo aver segnato il rigore decisivo nella finale del Mondiale del 1999 negli Stati Uniti (Jed Jacobsohn/Getty Images)
Brandi Chastain esulta togliendosi la maglietta e si lascia andare in un urlo liberatorio, dopo aver segnato il rigore decisivo nella finale del Mondiale del 1999 negli Stati Uniti (Jed Jacobsohn/Getty Images)

Nei venticinque anni in cui il calcio femminile è stato sport olimpico, dal 1996 a oggi, la nazionale degli Stati Uniti ha vinto quattro volte la medaglia d’oro ed è stata di gran lunga la nazionale più forte in circolazione. Su otto edizioni dei Mondiali giocate fin qui, quattro sono state vinte dalle statunitensi, che sono diventate tra le sportive più note e ammirate del loro paese. Della popolarità della squadra ha beneficiato tutto il movimento del calcio femminile, anche fuori dagli Stati Uniti, e la fama delle calciatrici statunitensi le ha inoltre rese protagoniste dei più grandi dibattiti nati negli ultimi anni nel mondo dello sport, intorno ai temi del razzismo e dell’equità di trattamento tra uomini e donne.

Il calcio femminile negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti il calcio è uno degli sport femminili più seguiti e lo sport di squadra più praticato dalle donne al college. Secondo i dati della National Collegiate Athletic Association, la federazione che gestisce le attività sportive di college e università, nella stagione 2018/2019 il calcio contava 28.310 giocatrici, contro le 20.419 atlete di softball, secondo sport per numero di praticanti.

La popolarità del calcio femminile negli Stati Uniti è dovuta principalmente a due fattori. Il primo è l’entrata in vigore di una legge, il Titolo IX del 1972, che ha riformato il sistema educativo, permettendo alle ragazze di avvicinarsi al calcio nel periodo scolastico. La seconda ragione è legata alla vittoria delle statunitensi nel Mondiale giocato in casa nel 1999. L’attenzione che la nazionale attirò sulla competizione, dopo la deludente edizione della Coppa del Mondo maschile del 1994, culminò il giorno della finale contro la Cina: al Rose Bowl di Pasadena gli Stati Uniti vinsero ai rigori davanti a 90.000 persone, ancora oggi record di pubblico per una partita di calcio femminile, e a 40 milioni di telespettatori.

La grande diffusione del calcio femminile a livello universitario ha permesso negli anni al campionato americano, la National Women’s Soccer League, di diventare la lega più importante al mondo. Nel corso del 2020, nonostante la pandemia e al contrario di quanto successo per campionati come la NBA (pallacanestro) e NFL (football americano), i telespettatori della National Women’s Soccer League sono aumentati notevolmente. Nel 2020, la finale di Challenge Cup, torneo annuale giocato dalle squadre di NWSL, è stata vista in tv da 653 mila spettatori, il 293 per cento in più rispetto alla stagione precedente, e da 416 mila spettatori in più di quelli della partita del campionato di calcio maschile tra Philadelphia e Orlando, giocata nello stesso weekend.

Il campionato americano ha anche ottimi numeri di presenze allo stadio: come mostra l’ultimo report pubblicato dalla FIFA, nella stagione 2018/2019, l’ultima per cui sono disponibili i dati, gli spettatori medi a partita sono stati 7.383 contro i 500 del campionato italiano femminile e i 996 di quello inglese, che è il primo tra le leghe europee. Per fare un paragone, la Serie A maschile, tra i campionati di calcio più seguiti al mondo, nella stessa stagione ha avuto una media di 24.775 spettatori a partita. L’interesse suscitato dalla NWSL negli ultimi anni ha anche attirato molti investimenti, come quelli della tennista Naomi Osaka – diventata comproprietaria della squadra del North Carolina Courage –, della sua collega Serena Williams e dell’attrice Natalie Portman, che hanno fondato insieme una squadra nella città di Los Angeles, la Angel City FC.

La nazionale femminile statunitense
La competitività della National Women’s Soccer League ha garantito negli anni un gran numero di talenti alla nazionale femminile statunitense. Dalla sua fondazione nel 1985, le americane hanno vinto quattro ori olimpici su sei tornei disputati e quattro Campionati del Mondo su otto organizzati dalla FIFA. In seguito alla vittoria nell’ultimo Mondiale, che si è giocato in Francia nel 2019, la popolarità della selezione americana ha raggiunto una portata storica: il loro completo da gioco è stato il più venduto di sempre, tra uomini e donne, in una singola stagione sul sito Nike.com.

Molte di quelle magliette vennero indossate anche il 10 luglio del 2019 dall’enorme folla di tifosi che, lungo il Canyon of Heroes di New York (come viene chiamato il tratto di Broadway che solitamente ospita le parate), accolse la parata della nazionale statunitense al ritorno dalla Francia. Al termine, la capitana della squadra Megan Rapinoe tenne un famoso discorso in cui sottolineò come lei e le compagne fossero atlete consapevoli del proprio ruolo di modelli nella società e, orgogliose delle proprie diversità, non avessero timore ad esporsi su temi come la parità salariale, il razzismo e i diritti della comunità LGBT+. Un compito che dovrebbe spettare a tutto il mondo del calcio, vista l’enorme visibilità di cui gode, ricordò ancora Rapinoe nel suo discorso durante la consegna del pallone d’oro.


Il tema sul quale più di tutti si concentra l’impegno della nazionale americana è quello della parità salariale. Nonostante i successi sportivi ottenuti, soprattutto rispetto alla squadra maschile, le calciatrici americane sono ancora pagate meno degli uomini. Dopo la quarta vittoria in un Campionato del Mondo, nell’anno successivo alla mancata qualificazione della formazione maschile al Mondiale di Russia, le giocatrici hanno intentato una causa contro la propria federazione, la United States Soccer Federation. L’accusa era quella di disparità di trattamento rispetto alla squadra maschile nella retribuzione, nelle condizioni dei campi di gioco e nella gestione della squadra.

I risultati eccellenti e la popolarità non sono bastati per ora alle giocatrici per ottenere un equo trattamento. Nel 2020, una sentenza del tribunale distrettuale federale della California ha respinto le richieste riguardanti la parità di retribuzione, sostenendo che la federazione pagasse già in modo equo uomini e donne ma non considerando però il diverso tipo di contrattazione collettiva delle due squadre. I bonus ricevuti dalla formazione femminile per le sue vittorie sono infatti molto inferiori rispetto a quelli della squadra maschile e questo incide molto sull’importo totale dei compensi, soprattutto considerando che, negli anni presi in considerazione dalla sentenza, la nazionale femminile ha vinto due Campionati del Mondo mentre quella maschile ha raggiunto gli ottavi di finale nel 2014 e mancato la qualificazione nel 2018.

In occasione dell’Equal Pay Day a marzo del 2021, l’attaccante e vincitrice del pallone d’oro Megan Rapinoe è stata invitata dal Presidente Joe Biden alla Casa Bianca per parlare di parità salariale e di discriminazioni legate al genere nello sport. (Casa Bianca / Adam Schultz)

Le Olimpiadi di Tokyo
A Tokyo 2020, venticinque anni dopo il primo torneo olimpico, gli Stati Uniti sono di nuovo i favoriti per la vittoria.
La squadra sarà allenata da Vlatko Andonovski – un ex calciatore di origine macedone che ha giocato in Europa e negli Stati Uniti – e, oltre a Megan Rapinoe, tra le convocate ci sono le attaccanti Alex Morgan, la calciatrice più pagata al mondo e capocannoniere del Mondiale 2019, e Carli Lloyd, trentanovenne che ha superato da poco le 300 presenze in nazionale.
Altri due elementi fondamentali della squadra di Andonovski sono Christen Press e Tobin Heath, le cui maglie da gioco del Manchester United della scorsa stagione hanno venduto in tre giorni più di quelle della squadra maschile. Press, nelle ultime 36 partite della nazionale, è stata coinvolta in 36 reti, tra assist e gol personali, mentre Heath è tornata a fare gol dopo un infortunio che l’aveva tenuta fuori dal campo per sei mesi, segnando a distanza di 53 secondi dal suo ingresso in campo in una recente partita della nazionale.

La squadra statunitense giocherà la prima partita il 21 luglio al Tokyo Stadium contro la Svezia, squadra dalla quale era stata eliminata ai quarti di finale delle Olimpiadi di Rio del 2016.

Questo e gli altri articoli della sezione Intorno alle Olimpiadi sono un progetto del workshop di giornalismo 2021 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.