• Mondo
  • Mercoledì 14 luglio 2021

Il disastro organizzativo di Wembley

Prima, durante e dopo Italia-Inghilterra ci sono state violenze, resse e migliaia di ingressi senza biglietto: una figuraccia in vista della candidatura per i Mondiali 2030

(Alex Pantling/Getty Images)
(Alex Pantling/Getty Images)
Caricamento player

Nella sera e nella notte di domenica 11 luglio dentro e soprattutto fuori dallo stadio londinese di Wembley, in cui l’Italia ha vinto gli Europei di calcio, ci sono stati enormi problemi di gestione dei flussi di persone, scontri, pestaggi, gesti illegali o violenti e migliaia di ingressi non autorizzati. Diversi gruppi di persone, pur senza biglietto, sono riusciti a entrare nello stadio per la finale tra Italia e Inghilterra, forzando i blocchi e travolgendo gli steward, ma non sono stati i soli responsabili dei disordini. Le forze dell’ordine, le autorità locali e la federazione inglese sono sotto accusa per come hanno gestito la situazione, e c’è anche chi ipotizza che i problemi di Wembley potrebbero compromettere la candidatura congiunta di Irlanda e Regno Unito per i Mondiali di calcio del 2030.

Il sito di approfondimento sportivo The Athletic ha descritto quanto accaduto domenica fuori e dentro Wembley come «un incubo» e il lunedì come «un giorno di vergogna per il calcio inglese: non per il risultato sul campo, ma per le scene brutte e caotiche che hanno rovinato l’esperienza a molti dei presenti». Le scene viste domenica hanno fatto tornare al centro del dibattito britannico e internazionale il grosso e storico problema del tifo violento in Inghilterra, che da decenni prova a contenere un fenomeno che ha causato stragi e violenze e che oggi, nonostante i progressi, continua a persistere.

Secondo The Athletic, che ha ricostruito quanto accaduto parlando con vari giornalisti sul posto e autorità, le persone entrate senza biglietto sono state migliaia, tra le altre cose senza che nessuno potesse verificare che fossero vaccinate o che avessero fatto un tampone nelle ore precedenti come era richiesto dal protocollo. Ci sono state decine di arresti e numerosi feriti tra chi doveva regolare l’ingresso nello stadio e garantire la sicurezza al suo interno, furti (al pilota di Formula 1 Lando Norris è stato rubato un orologio da 40mila dollari), insulti e gesti di violenza avvenuti sulle tribune (compresi alcuni a sfondo razzista). Le testimonianze parlano di molte persone che sniffavano cocaina sugli spalti, peraltro senza preoccuparsi granché di essere viste.

Da un punto di vista organizzativo il problema più grave è stato senza dubbio quello che ha riguardato gli ingressi senza biglietto, che a quanto pare già si erano verificati – seppur in misura minore – in alcune precedenti partite degli Europei di quest’anno, i primi a essere “itineranti” in quanto giocati in 11 città di paesi diversi. E che secondo The Athletic ancora prima degli Europei avevano riguardato alcune partite di Champions League giocate sempre a Wembley. In certi casi, così come qualcuno talvolta fa in metropolitana, era bastato saltare un tornello o superarlo stando molto vicino a qualcun altro, per passare al suo stesso “giro”. In altri si è trattato di gruppi di persone organizzate, andate a Wembley con l’intento di superare i controlli con la forza. Alcune testimonianze parlano anche di addetti alla sicurezza corrotti sul posto con grosse somme di denaro.

Gli ingressi senza biglietto sembrano essere stati la conseguenza di più fattori. Per cominciare, così come molti stadi degli ultimi anni, Wembley non è solo uno stadio ma una sorta di centro polifunzionale con bar e negozi, che incoraggia le persone ad andarci anche senza dover o poter poi entrare allo stadio.

«Qualche tifoso è andato verso Wembley giusto per essere lì, magari con la debole speranza di comprare un biglietto da qualche bagarino», ha scritto The Athlethic, sapendo che se non fosse riuscito a entrare si sarebbe potuto godere l’atmosfera della finale da uno dei bar della zona, facendosi poi trovare pronto e vicino allo stadio in caso di vittoria inglese.

A quanto pare altre persone sono invece andate a Wembley proprio con l’idea di creare caos – il Guardian ha scritto che prima della partita certe aree esterne allo stadio sembravano «una zona di guerra» – e provare poi a entrare senza biglietto, spesso dopo aver bevuto molto alcol. E lo hanno fatto sfondando in gruppo le transenne, facendo pressione verso certe aree meno sorvegliate e in cui era più semplice infiltrarsi o, ancora più semplicemente, provando a saltare i tornelli.

Le tante regole e restrizioni dovute alla pandemia hanno a loro modo aiutato chi voleva entrare senza biglietto. Per prima cosa perché essendo lo stadio per un quarto vuoto, c’erano posti da poter essere occupati. E poi perché molti addetti alla sicurezza erano impegnati a fare un primo controllo su chi aveva sulla relativa app il certificato necessario (cosa spesso difficile, visto che vicino a uno stadio affollato, internet spesso funziona poco e male) e hanno probabilmente lasciato un po’ più scoperti altri passaggi dell’ingresso allo stadio.

Le tante persone presenti e gli ingressi senza biglietti hanno poi creato una situazione parecchio problematica e in certi casi violenta. Un addetto alla sicurezza di Wembley che ha preferito restare anonimo ha detto a The Athletic«è stato orribile, uno dei più brutti giorni della mia vita. Ho lavorato in molti stadi, sono stato nella sicurezza per anni e non avevo mai visto niente di peggio». Ci sono stati racconti di molti tifosi, anche italiani, che non hanno potuto sedersi perché il posto che avevano regolarmente prenotato era occupato da qualcuno entrato senza biglietto: perfino il figlio dell’allenatore dell’Italia Roberto Mancini, che aveva un posto nella tribuna VIP, ha dovuto vedere il primo tempo seduto sui gradini, riuscendo solo in seguito a trovare un posto.

La BBC ha ricostruito la serata, mostrando video e foto dei vari momenti e luoghi in cui i tifosi inglesi hanno scavalcato le barriere per entrare a Wembley, e delle parallele smentite e minimizzazioni degli account ufficiali dello stadio, che fino a partita inoltrata hanno negato che qualcuno fosse entrato senza biglietto. Il rischio che si creassero resse violente è stato concreto, secondo BBC, perché c’erano sezioni degli stadi in cui c’erano più persone che seggiolini. In Inghilterra quello del tifo violento e dei disastri negli stadi è un tema particolarmente sentito, per via di stragi come quella di Hillsbourgh (1989, 96 morti) e dell’Heysel (1985, 39 morti: era in Belgio ma fu causata dal tifo inglese). In molti hanno descritto quanto successo domenica come un segnale del fatto che il lavoro per rendere più pacifico e civile il tifo inglese è ancora lungo.

Erano decenni che l’Inghilterra non andava così avanti in un trofeo calcistico internazionale, e quindi la tensione era molto alta, forse accresciuta dal fatto che la finale arrivasse dopo molti mesi di pandemia. A creare il caos è stata una numerosa minoranza di tifosi, che ha potuto agire in modo relativamente incontrollabile e sotto diversi aspetti pericoloso: chi era entrato senza biglietto, infatti, non solo era potenzialmente non vaccinato, non tamponato e magari positivo al coronavirus, ma – in quanto non sottoposto a controlli di sicurezza – poteva anche essere armato.

Una delle critiche principali all’organizzazione è stata quella di non aver previsto un’area sufficientemente ampia attorno allo stadio a cui potevano accedere solo le persone con il biglietto, in modo da creare una specie di “zona cuscinetto” già ore prima della partita.

In aggiunta, è stato criticato il fatto che anche i controlli finali prima dell’effettivo ingresso nello stadio siano stati poco efficaci, e gli addetti alla sicurezza presenti non sufficienti per la grandezza, l’importanza e la peculiarità dell’evento. Tra l’altro, un professore esperto di dinamiche del tifo e regolamentazione degli stadi ha parlato a The Athletic dello stadio di Wembley come di un luogo notoriamente piuttosto morbido nei suoi controlli e tutt’altro che inaccessibile.

Mark Bullingham, capo della federazione calcistica inglese, ha risposto a critiche di questo tipo dicendo: «gestiamo uno stadio, non una fortezza».

Che si voglia far propendere la colpa più sugli individui – Bullingham ha parlato di «teppisti ubriachi» – o che invece ci si concentri più su eventuali errori di chi doveva controllare e garantire la sicurezza, resta il fatto che il calcio inglese ha fatto una pessima figura internazionale. Nonostante resti un punto di riferimento sotto molti aspetti (da quello economico a quello sportivo, passando per la modernità e la generale sicurezza di molti stadi inglesi) il dibattito è tornato a concentrarsi sul problema degli hooligans, gli ultras violenti inglesi, e a presentare i recenti problemi di Wembley come un possibile ostacolo a una futura organizzazione di grandi eventi calcistici nel Regno Unito. Per i quali, in virtù della sua storia, Wembley sarebbe senza dubbio la sede più importante.

Dopo che l’Inghilterra aveva organizzato (e vinto) i Mondiali di calcio del 1966, il paese aveva riprovato ad ospitarli sia nel 2006 che nel 2018, vedendosi però superare prima dalla Germania e poi dalla Russia. È quindi nata l’idea di una candidatura congiunta dell’intero Regno Unito e dell’Irlanda per ospitare i Mondiali del 2030, che seguiranno quelli già assegnati per il 2022 al Qatar e per il 2026 a Messico, Canada e Stati Uniti.

È anche vero che la finale si è oggettivamente svolta in un contesto eccezionale, e manca ancora molto tempo all’assegnazione dei Mondiali (che avverrà nel 2024): nel frattempo Wembley potrebbe ospitare altri importanti eventi e magari riabilitarsi, anche perché di recente il Regno Unito ha comunque organizzato con successo le Olimpiadi.

Rispondendo a una domanda di Politico sul fatto che i problemi di Wembley potrebbero aver compromesso la candidatura di Regno Unito e Irlanda, Boris Johnson, primo ministro del Regno Unito, ha detto di credere che ci sono ancora «ottime possibilità». Un altro ostacolo per Regno Unito e Irlanda potrebbe comunque essere rappresentato da Spagna e Portogallo, due paesi calcisticamente molto influenti, anch’essi interessati a una candidatura congiunta ai Mondiali del 2030. Si parla anche di una possibile candidatura congiunta di più paesi sudamericani, in vista di quelli che saranno i Mondiali del centenario, un secolo dopo la prima edizione, nel 1930 in Uruguay.