Le differenze di genere trascurate negli studi sul coronavirus

Donne e uomini si ammalano diversamente di COVID-19, eppure poche ricerche ne danno conto con dati accurati

(Sean Gallup/Getty Images)
(Sean Gallup/Getty Images)

In media nel mondo per ogni dieci donne ricoverate in terapia intensiva e malate di COVID-19 ci sono 18 uomini ricoverati per la stessa malattia. Ogni dieci decessi di donne ci sono 15 decessi di uomini. Nonostante la differenza tra gli effetti delle infezioni tra uomini e donne, finora poche ricerche scientifiche hanno evidenziato con accuratezza il diverso impatto della COVID-19 a seconda di sesso e genere. Questa circostanza riflette un problema piuttosto diffuso nella ricerca, segnalato da tempo da numerose analisi e che può avere implicazioni dirette soprattutto sulla salute delle donne.

Nel caso della COVID-19 gli uomini hanno un maggior rischio di sviluppare sintomi più gravi, soprattutto a carico dei polmoni e del resto dell’apparato respiratorio. Secondo alcune analisi, le donne tendono ad avere sintomi più lievi, con maggiore incidenza di mal di testa e anosmia, la temporanea incapacità di percepire gli odori. Anche l’età è un fattore di rischio non trascurabile, che si somma alle altre differenze.

In questo anno e mezzo di pandemia sono inoltre emerse differenze nelle modalità di accesso all’assistenza medica in base al genere, che a seconda dei casi descrive la percezione che ciascuno ha di sé (identità di genere), ma anche le norme e le relazioni tra gli individui, dal punto di vista sociale. Più in generale, il genere può influenzare i comportamenti che fanno aumentare o ridurre il rischio di contagio di una malattia. Sia il sesso sia il genere possono incidere sugli effetti dei farmaci sull’organismo e viceversa, e sui loro livelli di sicurezza ed efficacia.

Uno studio da poco pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications ha messo in evidenza una «scarsa considerazione del sesso e del genere negli studi clinici sulla COVID-19». Gli autori hanno consultato PubMed, uno dei più grandi archivi per la ricerca online, prendendo in considerazione tutti gli studi sull’attuale pandemia e il coronavirus pubblicati prima del 15 dicembre 2020, avendo cura di escludere i testi di commento e non strettamente legati a ricerche sul campo.

Dalla ricerca sono emersi 45 studi su test clinici realizzati per verificare sicurezza ed efficacia dei vaccini contro il coronavirus e di alcuni farmaci per trattare la COVID-19. Gli studi segnalavano correttamente il numero di donne e uomini coinvolti, ma solo 8 di questi fornivano risultati differenziati per sesso e genere.

Il problema riguarda sia studi di dimensioni contenute, sia test clinici molto grandi, come quelli condotti da Pfizer-BioNTech e da Moderna per i loro vaccini. I responsabili dei test avevano valutato se ci fossero differenze nell’efficacia dei vaccini tra donne e uomini, mentre non avevano fornito dati distinti sugli eventuali effetti avversi. Questa circostanza era già stata segnalata lo scorso marzo in una lettera pubblicata sulla rivista scientifica Lancet e scritta da alcuni ricercatori dell’Università delle Nazioni Unite (Tokyo). I dati erano stati naturalmente raccolti, ma non erano stati diffusi, con il rischio di non rilevare alcuni indizi importanti sulle differenze negli eventi avversi tra i generi.

Una delle autrici della nuova ricerca ha detto al sito di Science di essere stata molto scoraggiata dall’esito dell’analisi: «Pensavo che il genere fosse preso in considerazione nei test clinici, semplicemente perché è un pezzo molto evidente di questa storia». Gli studi condotti in un anno e mezzo di pandemia hanno infatti rilevato marcate differenze tra gli effetti della COVID-19 tra uomini e donne, che potrebbero giustificare il ricorso a trattamenti diversi.

Altre analisi svolte in precedenza avevano portato a risultati simili sulla sottovalutazione degli aspetti di genere. Un gruppo di ricercatori aveva preso in considerazione 30 ricerche, senza trovare distinzioni basate sul genere in nessuna di esse. Un altro studio più ampio aveva riscontrato una corretta differenziazione in solo 14 ricerche su 121 analizzate.

In alcuni casi, dati approfonditi su uomini e donne possono essere omessi se dalle ricerche non emergono differenze tali da dover essere indicate, per esempio se non hanno particolare rilevanza statistica. È una circostanza che si verifica soprattutto con le ricerche che riguardano un numero ristretto di individui, dove non è sempre semplice o fattibile fare distinzioni legate al genere.

L’inserimento di dati aggiuntivi su sesso e genere negli studi spetta alla sensibilità dei singoli ricercatori, e questo spiega perché non siano spesso presenti. Da tempo viene proposto che istituzioni accademiche e centri di ricerca incentivino la diffusione di dati suddivisi tra uomini e donne, per esempio inserendoli tra i requisiti per la pubblicazione.