Che cos’è il Concordato Stato-Chiesa

È il documento di cui si riparla oggi per via del ddl Zan, e che non viene aggiornato da più di trent'anni

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La Chiesa cattolica sostiene che il disegno di legge Zan, la proposta di legge contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere, identità di genere e abilismo (che riguarda la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità), violi il cosiddetto Concordato, cioè il documento ufficiale che regola il rapporto fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, aggiornato per l’ultima volta nel 1984.

Il Concordato fra Stato italiano e Chiesa cattolica era già presente nei Patti Lateranensi, dal nome dal palazzo nel quale vennero sottoscritti l’11 febbraio del 1929 dal regime fascista di Benito Mussolini e dal Cardinale Pietro Gasparri, l’allora segretario di stato Vaticano.

I Patti Lateranensi furono degli accordi molti ampi che misero fine alla disputa che da sessant’anni divideva la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Prima che venissero firmati, tra Stato e Chiesa non esisteva, almeno formalmente, alcun rapporto. Il papa si considerava un “prigioniero politico” di Casa Savoia, la famiglia reale d’Italia che nel corso del Risorgimento aveva invaso per ben due volte i territori dello Stato della Chiesa, un tempo esteso a tutto il Centro Italia, fino a ridurlo alla sola città di Roma. Nel 1870 l’esercito italiano attaccò Roma, difesa dai soldati del Papa e da numerosi volontari provenienti da tutta Europa, e la conquistò rendendola poco dopo la capitale del Regno d’Italia.

Lo stato di “prigionia” a cui i pontefici sostenevano di essere sottoposti significava in sostanza che l’Italia non veniva riconosciuta come stato legittimo, e che ai cattolici non era consentito (almeno ufficialmente) partecipare alla vita politica del paese. Negli anni il divieto venne di fatto considerevolmente attenuato, ma la riconciliazione si concluse con Benito Mussolini, capo di governo dal 1922 che, dopo il 1926, era riuscito a trasformare il paese in una dittatura e che il papa definì “l’uomo della Provvidenza”.

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Tra i leader fascisti c’erano molti anticlericali convinti, che sostenevano che il Partito Fascista e le sue articolazioni non dovessero avere alcun tipo di rivale. Questi leader chiedevano a Mussolini di sciogliere le associazioni cattoliche nello stesso modo brutale con cui erano state eliminate le organizzazioni della sinistra. Mussolini però non voleva uno scontro frontale con la Chiesa, che secondo lui era ancora in grado di influenzare milioni di italiani, e preferì agire con prudenza.

Le trattative con il Papa iniziarono nel 1927 e, tra pause, scontri e incomprensioni, andarono avanti fino ai primi giorni del 1929. In sostanza, quello che Mussolini chiedeva alla Chiesa era di chiudere o comunque di ridurre l’autonomia delle organizzazioni cattoliche. In cambio offriva di riconoscere la Città del Vaticano come un libero stato indipendente, prometteva finanziamenti ed esenzioni al clero cattolico e confermava le misure che davano una posizione di preminenza alla religione cattolica nello Stato italiano già attuate dal regime negli anni precedenti (come il crocefisso obbligatorio in tutti gli spazi pubblici e l’insegnamento a scuola della regione cattolica).

Con un misto di lusinghe e minacce, alla fine Mussolini ottenne tutto quello che voleva. Le organizzazioni giovanili cattoliche furono spazzate via per fare posto all’unica associazione consentita, l’Opera Nazionale Balilla sostenuta dal regime. L’Azione Cattolica fu sottoposta al controllo dei vescovi locali, invece che a una struttura centralizzata, e le sue attività furono limitate a quelle ricreative e spirituali. In cambio, il papa accettò di riconoscere lo Stato italiano con Roma come sua capitale e fu a sua volta riconosciuto dall’Italia come legittimo sovrano della Città del Vaticano (questa parte era contenuta nel cosiddetto “Trattato”). Con la “Convenzione finanziaria” vennero regolati i rapporti economici tra stato e Chiesa, cioè la quantità di denaro che il primo avrebbe versato alla seconda.

Il “Concordato”, infine, regolava i rapporti tra Stato e religione cattolica, assegnando a quest’ultima una serie di vantaggi, tra cui quello di essere riconosciuta come “religione di stato”. Riconosceva la sovranità della Santa Sede e il nuovo stato del Vaticano, regolava l’esercizio del culto e lo statuto di sacerdoti e vescovi e, tra le altre cose, riconosceva gli effetti civili del matrimonio cattolico.

Nell’ordinamento del nuovo stato repubblicano, i patti furono riconosciuti all’articolo 7 della Costituzione, il quale prevede anche che una loro modifica «accettata dalle due parti» non richiedesse un procedimento di revisione costituzionale. Proprio in base all’articolo 7 della Costituzione, nel 1984, dopo lunghi e difficili negoziati, il governo guidato da Bettino Craxi si accordò con la Chiesa per una serie di modifiche. Il Concordato attualmente in vigore è dunque quello che venne sottoscritto il 18 febbraio 1984.

Al posto del vecchio Concordato composto da 45 articoli, il cosiddetto “nuovo Concordato” o “accordo di Villa Madama”, dal nome del luogo dove venne firmato nel 1984, è composto da 14 articoli. Si decise cioè di elaborare un testo più breve, su poche ed essenziali materie. In questo caso, la diretta interlocutrice dello Stato non fu la Santa Sede ma la Conferenza Episcopale Italiana (CEI), che vide dunque un ampliamento delle sue responsabilità, delle sue competenze e del suo riconoscimento.

Una delle modifiche più importanti fatte negli anni Ottanta fu la rimozione della clausola che definiva la religione cattolica “religione di stato” dell’Italia, trasformando l’ora di religione nelle scuole, fino a quel momento obbligatoria, in facoltativa. L’accordo introduceva comunque la piena libertà della Chiesa di istituire scuole ai cui frequentanti venisse assicurato un trattamento “equipollente” a quello degli istituti pubblici.

Il secondo articolo del testo – quello esplicitamente citato dalla nota che, secondo il Corriere della Sera, il Vaticano avrebbe inviato al governo italiano contro il ddl Zan – assicura alla Chiesa piena libertà «di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». L’accordo garantisce anche «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

La Chiesa teme che le posizioni esplicitamente omofobe di alcuni sacerdoti o membri della Chiesa, se espresse in pubblico, possano essere perseguite come reato in seguito all’entrata in vigore del ddl Zan.

Una parte rilevante delle modifiche tra i due Concordati ha a che fare il matrimonio. Il Concordato del 1929 riconosceva il matrimonio canonico come un sacramento dal carattere indissolubile. Il nuovo Concordato, che arrivava dopo la legge sul divorzio, si limita invece a riconoscere gli effetti civili del matrimonio cattolico, a condizione che il relativo atto venga trascritto nei registri dello stato civile. Inoltre, stabilisce che le sentenze di nullità del matrimonio dei tribunali ecclesiastici non sono più indispensabili per la cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico trascritto.

Tra le novità più importanti del 1984 c’è poi l’introduzione di un nuovo metodo di finanziamento della Chiesa, l’8 per mille, cioè il meccanismo attraverso il quale si può devolvere una percentuale di gettito Irpef alla Chiesa cattolica.

La modifica del Concordato fu approvata dalla Chiesa anche sulla spinta di papa Giovanni Paolo II, uno dei più influenti e carismatici papi che hanno ottenuto l’incarico nel Ventesimo secolo, espresso dalla fazione conservatrice della Chiesa.

Storicamente, lo strumento del Concordato era stato utilizzato dalla Chiesa cattolica per ottenere dei margini di libertà in paesi autoritari o totalitari, come per esempio l’Italia fascista, la Germania nazista e la Spagna e il Portogallo nel Secondo dopoguerra. Giovanni Paolo II invece lo sfruttò per concordare con diversi Stati democratici il mantenimento di alcuni privilegi che la Chiesa aveva ottenuto nei secoli.

Il Concordato del 1984, che fece scuola per diversi accordi successivi, da un lato provocò una separazione più netta fra lo Stato Italiano e la Chiesa, ma dall’altro fece alcune concessioni difficilmente compatibili con uno stato totalmente laico: per esempio le agevolazioni fiscali concesse alla Chiesa cattolica, l’obbligo di insegnare la religione cattolica nelle scuole – poi parzialmente modificato – e lo stesso otto per mille.

Per questa ragione sempre più persone che rivendicano la totale laicità dello Stato ritengono che accordi come il Concordato del 1984 siano ormai anacronistici, dato che le leggi moderne prevedono moltissime tutele per le minoranze religiose e la libertà di parola, e che nella peggiore delle ipotesi possono essere utilizzati dalla Chiesa per interferire nei dibattiti politici nazionali.

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