La più grande emissione di debito nella storia dell’UE

Riguarda i titoli di debito emessi dalla Commissione per finanziare il Recovery Plan: per ora è stata un successo

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (AP/Francisco Seco)
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen (AP/Francisco Seco)

Martedì la Commissione Europea ha raccolto 20 miliardi di euro emettendo i primi titoli di debito comunitari volti a finanziare il programma NextGenerationEU, il piano per la ripresa dell’Europa dalla crisi pandemica. L’emissione è la prima di una serie che dovrebbe portare la Commissione a raccogliere 800 miliardi di euro (cifra che corrisponde più o meno al 5 per cento del PIL europeo) entro il 2026. Di questi, 407 miliardi saranno distribuiti agli stati membri a fondo perduto e altri 386 miliardi saranno resi loro disponibili in forma di prestito. Entrambe le modalità serviranno a finanziare i piani nazionali di ripresa e resilienza presentati dagli stati, di cui cinque (quelli di Spagna, Portogallo, Lussemburgo, Danimarca e Grecia) sono già stati approvati dalla Commissione proprio ieri, mentre l’approvazione di quello italiano è prevista per il 22 giugno.

Questa non è la prima volta che la Commissione Europea emette debito comune: da ottobre scorso ha raccolto 90 miliardi di euro attraverso sette emissioni volte a finanziare il programma SURE, messo in atto per mitigare i rischi di disoccupazione derivanti dalla crisi pandemica in Europa. Prima ancora aveva già emesso titoli di debito, ma le somme erano irrisorie rispetto a quelle di cui si parla ora. Inoltre, la vendita di ieri segna l’inizio di un programma di emissioni di debito regolari da parte della Commissione, che la porteranno da qui al 2026 a raccogliere in media 150 miliardi di euro all’anno, diventando così uno dei più grandi emettitori di debito in euro. Di tutto questo debito, il 30 per cento sarà costituito da green bonds, titoli emessi per finanziare progetti a impatto ambientale positivo.

L’emissione di questo debito comune europeo ha anche un notevole valore politico, che affonda in una nota disputa tra gli stati membri a proposito dei cosiddetti “eurobond”, proposti dalla Commissione Europea presieduta da José Manuel Barroso ormai dieci anni fa. Consentire alla Commissione Europea di emettere debito significa infatti che tutti gli stati membri si impegnano a garantirlo: è un passo verso una maggiore integrazione tra le economie dell’Unione Europea, che prima della pandemia molti paesi membri, come per esempio la Germania, erano decisi a ostacolare.

– Leggi anche: Cosa faremo con tutto questo debito?

Il bond collocato ieri ha una durata di dieci anni e pagherà agli investitori un interesse dello 0,086 per cento annuo, corrisposto tutto alla scadenza insieme al capitale. Questo tasso è superiore a quello – al momento negativo – pagato dai titoli di stato tedeschi con la stessa scadenza, che possono in questo caso essere usati come benchmark, cioè come pietra di paragone, perché sono quelli ritenuti meno rischiosi nell’Area Euro e sono perciò paragonabili in termini di rischio a un titolo di debito emesso da un’istituzione delle dimensioni e della credibilità della Commissione Europea.

Per dirla tutta, gli investitori in questo momento si fidano di più a prestare i soldi alla Germania che alla Commissione, istituzione molto più complessa che presenta più incognite, perché si fonda sull’accordo tra diversi stati membri, alcuni dei quali non godono della fama di ottimi debitori. Ecco perché la Commissione deve pagare un piccolo interesse mentre la Germania può permettersi di applicare tassi negativi, che equivale a farsi pagare per prendere a prestito soldi. Questa condizione sembra paradossale ma viene accettata da grandi investitori che siano alla ricerca di un posto  dove depositare ingenti quantità di denaro con la certezza di riaverlo quasi tutto invece di investirlo in asset più rischiosi.

Grazie alla differenza di tasso con i titoli di stato tedeschi l’emissione di ieri ha avuto un grande successo: il totale degli ordini ha superato i 142 miliardi di euro, più di sette volte il valore totale dei titoli disponibili. Sembra quindi esserci un appetito degli investitori per titoli di debito a lungo termine e basso rischio, nonostante i tassi pagati da questo tipo di titoli siano ancora in generale molto bassi.

L’ottimo rating della Commissione Europea le permette di prendere a prestito denaro a tassi inferiori rispetto a quelli che i suoi stati membri (Germania a parte) devono offrire agli investitori per indebitarsi. E il programma è stato pensato proprio per questo: coi soldi raccolti, la Commissione intende finanziare gli stati membri di cui i mercati si fidano meno, ambendo a diminuire il loro costo di indebitamento. Il meccanismo funziona in teoria, finché la Commissione riuscirà a indebitarsi a tassi inferiori a quelli della maggior parte dei singoli stati.

Ma l’appetito per i suoi titoli potrebbe diminuire se gli investitori cominciassero a prevedere che la Banca Centrale Europea aumenterà i tassi di interesse. In questo caso, i possibili investitori si aspetterebbero emissioni a tassi più alti in futuro, e perciò aspetterebbero a comprare i titoli emessi, costringendola a offrire tassi più alti. Questo potrebbe mettere a rischio il funzionamento del meccanismo, perché a quel punto nulla vieta che stati membri come la Francia, con un rating creditizio decente, possano indebitarsi a tassi inferiori e quindi rifiutare i prestiti da parte della Commissione.

Non sembra quindi un caso che la presidente della BCE, Christine Lagarde, nel suo discorso mensile sui tassi di interesse di fine maggio abbia rassicurato il mercato dicendo che era “troppo presto” per parlare di un aumento dei tassi.

Le prossime emissioni di titoli a lungo termine della Commissione sono attese per luglio. In totale, nel 2021 la Commissione prevede di emettere titoli a lungo termine per 80 miliardi di euro con varie scadenze, da 3 a 30 anni. Oltre a questi, è prevista l’emissione di titoli a breve termine: la prima dovrebbe avvenire a settembre, quando la Commissione dovrebbe raccogliere altri 20 miliardi di euro da restituire in due anni.