In Israele l’opposizione sta provando a unirsi contro Netanyahu
Formando un'improbabile coalizione di partiti di destra, centro e sinistra per cambiare primo ministro dopo 12 anni
I giornali israeliani scrivono che nei prossimi giorni i principali partiti di opposizione potrebbero annunciare un accordo per governare congiuntamente e interrompere i 12 anni di governo dell’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu. La situazione sembra ancora molto incerta, ma la formazione di un governo di coalizione contro Netanyahu viene presa molto sul serio dai giornali locali e internazionali.
Le trattative per il nuovo governo sono cominciate dopo le ultime elezioni, lo scorso 23 marzo, che come quelle precedenti non avevano avuto un chiaro vincitore: nonostante il Likud – il partito di destra di Netanyahu – fosse risultato di gran lunga il più votato, non aveva ottenuto abbastanza seggi per formare un governo, nemmeno con l’aiuto dei suoi alleati più fedeli. Il sistema elettorale israeliano è infatti rigidamente proporzionale e favorisce la divisione dei seggi in parlamento tra molti partiti anche molto piccoli.
Dopo che a inizio maggio era scaduto il termine dato a Netanyahu per provare a formare un governo, l’incarico era stato dato al capo del principale partito di opposizione, l’ex giornalista televisivo Yair Lapid del partito centrista Yesh Atid, che ha tempo di provarci fino al 2 giugno. Le sue possibilità sembravano molto remote, perché avrebbe dovuto mettere insieme partiti diversissimi tra loro per arrivare ai 61 seggi necessari per ottenere la fiducia dal parlamento. L’ipotesi più probabile era che si sarebbe arrivati a dover tenere nuove elezioni.
Lapid però ha tentato la via più difficile, provando a formare una coalizione che tenga insieme partiti di centro, di estrema destra e di sinistra. Domenica, i giornali israeliani hanno per esempio dato per certo un accordo tra Lapid e Naftali Bennett, leader del partito di destra Yamina: sembra che Lapid abbia offerto a Bennett di assumere lui per primo il ruolo di primo ministro, per poi cederlo dopo alcuni mesi a Lapid. Gli altri partiti della coalizione sarebbero i centristi di Blu e Bianco, i Laburisti, lo storico partito laico di sinistra Meretz, e i partiti di destra Casa Nostra – guidato dall’ex ministro della Difesa Avigdor Lieberman – e Nuova Speranza, di Gideon Sa’ar.
Insieme questi partiti arriverebbero a 57 seggi e otterrebbero la fiducia solo grazie al sostegno esterno di Lista Araba Unita, un partito di arabi-israeliani di ispirazione religiosa che ha 4 seggi in parlamento. Se tutti votassero a favore della coalizione, quindi, il nuovo governo otterrebbe la fiducia per un pelo e funzionerebbe poi come governo di minoranza. Il Times of Israel scrive quindi che, sebbene un accordo sia possibile, vista la tradizionale fluidità della politica israeliana dare per scontato che il nuovo governo si formerà è molto rischioso.
Se anche un governo dovesse essere formato, inoltre, sarebbe strutturalmente fragile e politicamente molto diviso. Probabilmente, scrive il Guardian, si concentrerebbe su questioni economiche e di gestione della pandemia, evitando di affrontare temi ideologicamente più complessi.
Se invece Lapid non dovesse riuscire a formare un governo e anche Netanyahu dovesse fallire in uno dei suoi ultimi tentativi di trovare un alleato per arrivare a 61 seggi (anche lui ha offerto a Bennett un accordo di divisione dei poteri), allora il parlamento – la Knesset – avrebbe tre settimane per trovare autonomamente un nuovo primo ministro o decidere di andare a nuove elezioni. Sarebbero le quinte in meno di tre anni.