George Clooney, sessantenne

È stato pediatra e Batman, attore impegnato e regista prolifico, ma quello che gli è riuscito meglio forse è il ruolo del furfante fascinoso

George Clooney alla cerimonia di apertura del festival di Venezia con la proiezione di Gravity, nel 2013
(Ian Gavan/Getty Images)
George Clooney alla cerimonia di apertura del festival di Venezia con la proiezione di Gravity, nel 2013 (Ian Gavan/Getty Images)

George Clooney è da oggi un sessantenne, per quanto sia stato per molti probabilmente difficile abituarsi all’idea che avesse passato i cinquanta: lo conosciamo più o meno tutti da quando, nel bel mezzo dei trenta, divenne il pediatra di pronto soccorso Doug Ross nella serie E.R. – Medici in prima linea. Divenne così famoso, con quel ruolo, che spesso si sottovaluta quanto fu bravo a smarcarsene al momento giusto, poco prima che finissero gli anni Novanta. Dopo essere stato Doug Ross, George Clooney è stato di tutto: attore buffo, attore bello ma normale come-quelli del bianco e nero, e attore (e soprattutto regista) impegnato. Ma pure scapolo d’oro, uomo più sexy del mondo, marito di una stimata avvocata umanitaria e uno di quelli di cui è stato detto che, se lo volesse, potrebbe ambire a diventare presidente.

Clooney è nato il 6 maggio 1961 a Lexington, nel Kentucky, ma buona parte della sua infanzia la passò in Ohio. Un po’ di mondo dello spettacolo lo potè assaporare fin da piccolo, visto che il padre era un conduttore radiofonico e televisivo e la zia era una cantante che aveva anche recitato con Bing Crosby. E pare che un po’ di merito nell’avviarlo alla carriera da attore lo ebbe il cugino attore Miguel Ferrer, che morì nel 2017 dopo aver goduto di quella particolare ma diffusa fama cinematografica di faccia-più-nota-del-nome.

Clooney iniziò a recitare poco più che ventenne in E/R, una sitcom ambientata nella emergency room (il nostro pronto soccorso) di un ospedale di Chicago. Lui era uno di quelli che dicevano le cose che dovevano far ridere prima delle risate registrate.

Prima di provarci come attore, si era fatto notare come buon giocatore di baseball, aveva iniziato a frequentare l’università studiando giornalismo e aveva fatto un po’ di lavori vari, compreso il venditore porta a porta e l’operaio edile.

Nonostante il nome e l’ambientazione in un pronto soccorso di Chicago, E/R (che durò una sola stagione e andò in onda su CBS) non era però E.R. – Medici in prima linea che fu trasmesso su NBC per 15 stagioni, con Clooney che dopo aver recitato nelle prime cinque (per un totale di oltre cento episodi) tornò a farsi rivedere solo nell’ultima.

Intanto, già negli ultimi anni Ottanta e nei primi anni Novanta aveva fatto qualcosina al cinema: per esempio recitando nel 1988 nell’horror demenziale Il ritorno dei pomodori assassini, sequel di L’attacco dei pomodori assassini ambientato alcuni anni dopo la fine della Grande guerra del Pomodoro, in un mondo in cui i pomodori sono stati banditi, in quanto per l’appunto assassini.

Ma i primi ruoli che in genere si citano quando si parla della carriera cinematografica di Clooney arrivarono un po’ dopo e sono quelli in Un giorno…per caso (commedia romantica con Michelle Pfeiffer), Dal tramonto all’alba di Robert Rodriguez (entrambi usciti nel 1996) e soprattutto Batman & Robinin cui Clooney era il primo dei due. Anche se Batman & Robin andò male – e fu criticato per un bat-costume che dava un po’ troppo risalto ai capezzoli del supereroe – tutti e tre i film lo aiutarono comunque a far passare l’idea che poteva essere tante altre cose diverse da un avvenente pediatra di Chicago.

Come ha notato il Guardian, già in Dal tramonto all’alba si può trovare un primo ed efficacissimo esempio di Clooney che fa il «furfante affascinante» e lo fa in modo «stranamente plausibile». E come ha ammesso lui stesso, dopo aver capito che quella parte gli riusciva bene cercò di cavalcare l’onda: «Sono stato un furfante in quasi ogni mio bel film», ha detto, citando a esempio Ocean’s Eleven e i suoi due seguiti e Michael Clayton. E a cercare bene nella sua filmografia, non mancano – a partire da Fratello, dove sei? – altre occorrenze di casi da criminale simpatico, guascone truffaldino e pocodibuono che alla fine se la cava e sa farsi perdonare e apprezzare. Uno che quando gli viene rivolta da Julia Roberts l’accusa di essere «un ladro e un bugiardo» se la cava rispondendo: «ho mentito solo quando ho detto di non essere un ladro».

Ma sebbene gli riesca indubbiamente bene, Clooney è stato spesso altro. Ha saputo variare e passare da Out of Sight (con Jennifer Lopez) a La sottile linea rossa (di Terrence Malick), dal drammatico La tempesta perfetta al film per ragazzi Spy Kids, dal thriller geopolitico Syriana all’umorismo nero di Burn After Reading, dal triste Tra le nuvole al grottesco L’uomo che fissa le capre, da Gravity ad Ave, Cesare.

Ci sono poi i suoi film da regista, nei quali a volte fa il protagonista, altre volte la spalla o il comprimario e altre volte ancora nemmeno recita. Dal 2002 in poi, Clooney dirige un film ogni tre-quattro anni: Confessioni di una mente pericolosa, Good Night, and Good Luck, In amore niente regole, Le idi di marzo, Monuments Men, Suburbicon e The Midnight Sky, uscito nel 2020 e disponibile su Netflix. Alcuni celebrati, diversi assai stroncati dai critici.

Tra tutti i suoi film da attore, quello con i maggiori incassi è stato Gravity, che superò i 600 milioni di dollari. Tra i film da lui diretti, quello che guadagnò di più fu The Monuments Men, che superò di poco i 150 milioni di dollari. Lui è ben consapevole del fatto che i suoi film da regista siano tutt’altro che dei blockbuster, e una volta disse: «Posso farmene una ragione, ma mi sorprende che continuino a farmeli fare». E sembra che dirigere gli piaccia più che recitare: «Alla fine, è più bello essere il pittore che essere il dipinto». Con riferimento alla sua attività di produttore, in alcuni casi insieme all’amico Steven Soderbergh, disse: «Ci abbiamo perso soldi, ma non è il lavoro principale che facciamo. Ho un po’ di soldi da parte e una bella casa in Italia, me la cavo».

A proposito del suo fare tante cose diverse, Clooney ha vinto due Oscar: uno come miglior attore non protagonista in Syriana e un altro come produttore di Argo, che nel 2013 fu premiato come miglior film (un premio che spetta a chi l’ha prodotto). Ma è stato anche candidato come attore protagonista, come regista e poi per la sceneggiatura originale di Good Night, and Good Luck e per la sceneggiatura non originale di Le idi di marzo. Un altro che era arrivato a farsi nominare in altrettante categorie diverse si chiamava Walt Disney.

E a proposito del suo essere parecchio attivo anche fuori dal mondo del cinema, nel 2017 l’azienda di tequila che aveva fondato qualche anno prima con due amici fu venduta per centinaia di milioni di dollari. Nel 2018, invece, fu coautore – insieme all’attivista John Prendergast, con lui fondatore della non profit The Sentry – di un articolo della rivista Foreign Affairs sulla lotta alla corruzione in Africa.

Per quel fatto che qualcuno abbia pensato a lui come a un possibile presidente degli Stati Uniti, gli capitò di dire – ma era il 2011 – che aveva avuto troppe donne e usato troppe droghe per poterci seriamente pensare.

Intervistato dal Guardian a fine 2020, Clooney raccontò di aver passato gran parte dei mesi di pandemia nella sua casa di Hollywood comprata negli anni Novanta, con la moglie e i due figli. Una casa con tre camere da letto, tre box coperti, un ufficio diventato stanza dei bambini e un campo da tennis su cui, al momento dell’intervista, i figli si stavano impratichendo con le biciclette.

La casa in Italia, comunque, ce l’ha ancora. In recente video – in cui si prende molto in giro, tra le altre cose sulla sua amicizia con Brad Pitt (con il quale si fa tra l’altro molti scherzi) – ha offerto, «non appena finirà la pandemia», un viaggio per due persone sul lago di Como, per beneficenza.