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  • Mercoledì 5 maggio 2021

La vittoria della destra a Madrid

Alle elezioni regionali: è stata più ampia del previsto, ha messo in crisi la sinistra e potrebbe cambiare gli equilibri in tutta la Spagna

Isabel Díaz Ayuso, a sinistra, e il leader del Partito popolare, Pablo Casado (AP Photo/Bernat Armangue)
Isabel Díaz Ayuso, a sinistra, e il leader del Partito popolare, Pablo Casado (AP Photo/Bernat Armangue)

Alle elezioni di martedì nella comunità autonoma di Madrid, in Spagna, la destra ha vinto superando i pronostici già favorevoli: Isabel Díaz Ayuso, governatrice uscente di centrodestra e candidata del Partito popolare (PP), ha ottenuto quasi la metà dei seggi del parlamento locale, che le consentiranno di governare da sola con il sostegno esterno del partito di estrema destra Vox, mentre a sinistra e al centro ci sono stati crolli e sommovimenti che potrebbero avere conseguenze anche a livello nazionale.

Il Partito socialista (PSOE), che è la principale forza politica del governo nazionale, nella comunità autonoma ha ottenuto uno dei suoi risultati peggiori in decenni ed è stato superato da Más Madrid, un partito che fino a poco tempo fa aveva avuto scarso rilievo. Nel frattempo un partito è sparito, forse non solo da Madrid ma anche dalla scena nazionale – Ciudadanos, di centro, che è passato da 26 deputati a zero – e un altro è entrato in crisi gravissima: Pablo Iglesias, leader storico di Unidas Podemos (UP) che si era candidato per favorire la vittoria della sinistra, ha ottenuto un risultato molto deludente e ha annunciato che lascerà la politica.

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Díaz Ayuso ha ottenuto il 44,7 per cento dei consensi e 65 seggi, pochi meno della maggioranza assoluta di 69.

Non avrà tuttavia problemi a passare il voto di fiducia e ad accedere al governo, perché Vox, che ha ottenuto 13 seggi e circa il 9 per cento dei consensi, ha già fatto sapere che la sosterrà, anche se non entrerà nel governo. Il secondo partito più votato, a sorpresa, è stato Más Madrid, un partito nato due anni fa dopo una scissione di Unidas Podemos, che finora aveva espresso un paio di deputati nazionali e ottenuto un successo moderato: ha avuto il 16,9 per cento dei consensi e 24 seggi, e probabilmente tenterà di giocare un ruolo più importante anche a livello nazionale.

I due grandi sconfitti di queste elezioni sono i due partiti attualmente al governo nazionale della Spagna. Unidas Podemos, partner di minoranza dell’esecutivo, è diventato l’ultima forza politica del nuovo parlamento della comunità autonoma, con poco più del 7 per cento dei voti e 10 seggi. Qualche mese fa Pablo Iglesias aveva lasciato la carica di vicepresidente del governo nazionale per candidarsi, con l’obiettivo di aumentare non soltanto i consensi di UP ma di favorire la vittoria della sinistra sulla destra.

I consensi di UP sono aumentati in maniera non soddisfacente (da 7 a 10 seggi), mentre l’obiettivo di sostenere con la propria presenza il complesso delle forze di sinistra è stato fallimentare: non soltanto la sinistra ha perso in maniera piuttosto decisa – e questo vale in particolare per le forze attualmente al governo – ma secondo alcuni analisti, oltre che secondo lo stesso Iglesias, che ne ha parlato subito dopo le elezioni, la sua presenza potrebbe aver contribuito a polarizzare la campagna elettorale a favore della destra. Iglesias, dunque, ha annunciato che rinuncerà a tutti gli incarichi e abbandonerà la politica.

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L’altro grande sconfitto è il PSOE, che non soltanto ha ottenuto nella comunità autonoma di Madrid uno dei risultati peggiori della sua storia recente, passando dal 27,3 per cento del 2019 al 16,8 di quest’anno, ma ha anche perso il primato tra le forze della sinistra a favore di Más Madrid. A rendere più amaro il risultato c’è il fatto che Pedro Sánchez, il primo ministro del governo nazionale, ha partecipato piuttosto attivamente alla campagna elettorale (soprattutto nella prima fase, poi si è defilato perché i sondaggi erano pessimisti), contribuendo a fare del voto un sondaggio anche sul suo governo.

Un disastro a parte è quello di Ciudadanos, che ha perso tutti i suoi 26 deputati nella comunità autonoma di Madrid, dopo essere stato al governo fino a poche settimane fa. Ciudadanos era già in crisi da tempo, e rischia di perdere la propria influenza anche nel resto del paese.

La vittoria di Díaz Ayuso è stata più consistente delle aspettative: il Partito popolare (PP) ha più che raddoppiato i suoi voti, passando da 30 a 65 seggi. Secondo gli analisti, buona parte della vittoria si deve a una strategia elettorale basata sulla promessa di riaprire il prima possibile le attività commerciali e ricreative benché la pandemia da coronavirus non sia ancora del tutto sotto controllo. Díaz Ayuso ha presentato le riaperture come un diritto sacrosanto alla «libertà» – che è diventato il suo slogan elettorale – e allo stile di vita madrileño, e ha già in parte mantenuto la sua promessa: la comunità autonoma di Madrid è l’unica in tutta la Spagna in cui bar e ristoranti sono stati aperti anche per le consumazioni al chiuso, in nome della «libertà».

La promessa di tornare alla vita pre pandemia è stata più forte anche dei risultati non positivi di Díaz Ayuso nei suoi due anni al governo (era entrata in carica nel 2019): l’economia è in crisi e la comunità autonoma di Madrid durante la pandemia è stata quella con il più alto tasso di mortalità da coronavirus in tutta la Spagna.

Commentando la vittoria, Díaz Ayuso ha detto che le elezioni nella comunità autonoma sono soltanto il primo passo verso un cambio di governo a livello nazionale: il centrosinistra attualmente al potere, ha detto davanti ai suoi sostenitori martedì notte, «ha i giorni contati». Il PP ha investito molto per presentare la campagna elettorale nella comunità autonoma di Madrid come un test di livello nazionale, e in parte è riuscito nel suo intento, anche per via della forte destabilizzazione del centrosinistra a queste elezioni. «Siamo a un punto di inflessione nella politica nazionale. Unendo tutto il centrodestra si può battere Sánchez», ha detto Pablo Casado, il leader nazionale del PP.