Cosa sappiamo dei “pass COVID-19”

I "certificati verdi" proposti dal governo renderanno più facile spostarsi tra regioni ai guariti e ai vaccinati, ma anche a chi abbia un tampone negativo

(Ansa/Mourad Balti Touati)
(Ansa/Mourad Balti Touati)

Il “Decreto riaperture” approvato mercoledì sera dal Consiglio dei ministri prevede l’utilizzo di un “pass” (o “certificazione verde COVID-19”) per potersi spostare tra Regioni di colori diversi a partire dal prossimo 26 aprile. Il governo non ha fornito molte altre indicazioni ufficiali sui certificati, ma sulla base di quanto aveva detto la scorsa settimana il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e sul funzionamento in generale di queste certificazioni, è possibile farsi un’idea su come saranno utilizzati i pass.

Pass
L’idea di base è avere un certificato che consenta di spostarsi tra Regioni a diverso rischio epidemiologico, quindi con colori diversi, in modo più sicuro e senza le ambiguità talvolta causate dalle autodichiarazioni impiegate finora. Il funzionamento è ispirato a quello dei “certificati verdi”, presentati lo scorso marzo dalla Commissione Europea, per favorire gli spostamenti tra gli stati dell’Unione Europea e che dovrebbero essere pronti entro la fine di giugno. In tempo per l’estate e con l’obiettivo di salvare almeno in parte la stagione turistica. La versione italiana servirà quindi da aprile a giugno, e via via si uniformerà alle indicazioni europee per avere una certificazione condivisa, e più versatile.

Cosa certifica il pass
Il governo nel suo comunicato stampa ha spiegato che il pass dimostra: «Lo stato di avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2 o la guarigione dall’infezione o l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo». Sarà quindi rilasciato se si soddisferà uno di questi requisiti, che a sua volta ne condizionerà la durata.

Quanto dura il pass
Il pass ha una durata di 6 mesi dal momento in cui viene certificata la guarigione dalla COVID-19 o dal momento in cui si è stati completamente vaccinati, quindi con due dosi nel caso della maggior parte dei vaccini o una nel caso del vaccino di Johnson & Johnson.

Il certificato verde ha invece una durata di sole 48 ore dal momento dall’esito di un tampone negativo. La regola vale sia per i test molecolari, quindi quelli svolti in laboratorio, sia per i test antigenici rapidi come quelli che da diverso tempo si possono fare in farmacia in numerose Regioni italiane.

Se a un successivo test si risulta positivi, anche dopo la guarigione o la vaccinazione (una eventualità molto rara ma possibile), il certificato scade anche se non sono ancora trascorsi i sei mesi.

Chi emette il pass
Per chi è guarito dalla COVID-19, la certificazione sarà emessa dal personale sanitario. Per esempio dai medici dell’ospedale in cui si era ricoverati nel caso di malattia grave oppure dal proprio medico di famiglia.

Per i completamente vaccinati la certificazione viene rilasciata dal personale che si è occupato della vaccinazione, dopo la seconda somministrazione (a eccezione delle somministrazioni con Johnson & Johnson per le quali ne basta una).

Chi si è sottoposto a tampone molecolare o antigenico rapido, con esito negativo, riceve il pass dalla struttura che si è occupata dell’analisi, anche nel caso in cui si tratti di una farmacia.

E chi si era già vaccinato?
I già completamente vaccinati dovrebbero avere ricevuto un foglio che attesta l’avvenuta vaccinazione e potranno utilizzare quello. Per ogni dubbio potranno fare riferimento alle ASL e in generale alle strutture dove sono stati vaccinati. L’attestazione della completata vaccinazione dovrebbe essere inoltre presente nel proprio Fascicolo sanitario elettronico.

Per i guariti prima del 26 aprile come funziona?
Le strutture e gli operatori sanitari dovrebbero rilasciare sempre un certificato che attesta l’avvenuta guarigione dalla COVID-19, sulla base del tempo trascorso dall’inizio dell’infezione o basandosi sull’esito dei test ripetuti per accertare che i pazienti siano diventati negativi. Questi certificati sono validi e potranno essere utilizzati fino a sei mesi dalla loro emissione.

Come sarà fatto il pass
Sulle caratteristiche del pass vero e proprio non ci sono ancora molte informazioni, ma considerato che mancano ormai pochi giorni al 26 aprile è probabile che in una prima fase il sistema sia piuttosto spartano. Salvo diverse indicazioni, per spostarsi sarà sufficiente avere con sé il foglio che certifica l’avvenuta vaccinazione o la guarigione entro sei mesi, oppure l’esito negativo di un tampone.

Nelle prossime settimane, il sistema dovrebbe comprendere una versione digitale dei pass, in modo da allinearsi alle linee guida dell’Unione Europea per i certificati verdi. Non è però chiaro se il pass potrà essere utilizzato attraverso un’applicazione già esistente della pubblica amministrazione, come l’app IO (molto scaricata negli ultimi mesi per via del cashback di Stato) o Immuni, oppure tramite un’applicazione dedicata.

Dall’estero
Le certificazioni emesse in altri paesi dell’Unione Europea, analoghe a quelle cui sta lavorando il governo italiano, saranno accettate in Italia e consentiranno quindi l’ingresso nel nostro paese senza particolari complicazioni. Il governo sta intanto valutando come il sistema possa essere esteso ai paesi non UE, che abbiano modo di dimostrare l’avvenuta vaccinazione o guarigione dei loro cittadini che si mettono in viaggio.

Certificati europei
Tra il 26 aprile e la fine di giugno è probabile che il sistema proposto dal governo subisca qualche modifica ed evoluzione, in vista del momento in cui sarà uniformato alle regole europee. La versione digitale dei pass dovrebbe semplificare l’utilizzo del sistema, soprattutto per rendere verificabili le dichiarazioni non solo per chi viaggia da una Regione all’altra, ma anche per chi si sposta tra paesi diversi.