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  • Domenica 4 aprile 2021

La rivalità tra due uomini è al centro delle elezioni in Bulgaria

Si vota per rinnovare il parlamento, dopo mesi di scontri durissimi tra il primo ministro Boyko Borisov e il presidente Rumen Radev

Il presidente della Repubblica Rumen Radev (a sinistra) e il primo ministro Boyko Borisov (a destra)

(AP Photo)
Il presidente della Repubblica Rumen Radev (a sinistra) e il primo ministro Boyko Borisov (a destra) (AP Photo)

Oggi, domenica 4 aprile, in Bulgaria si tengono le elezioni parlamentari per rinnovare il parlamento bulgaro (l’Assemblea nazionale), che poi dovrà dare la fiducia a un nuovo governo. Le elezioni arrivano dopo un anno molto complicato per la Bulgaria, che è il paese più povero dell’Unione Europea e che in queste settimane sta affrontando una seconda ondata della pandemia molto dura, con una media settimanale di più di 3mila nuovi casi di contagio al giorno su 7 milioni di abitanti. Anche la campagna di vaccinazione sta andando a rilento, con solo il 5 per cento della popolazione che ha ricevuto la prima dose, contro una media dell’11 per cento tra i paesi dell’Unione Europea.

Nonostante la crisi dovuta all’epidemia da coronavirus, in campagna elettorale si è parlato soprattutto d’altro: della corruzione tra i politici bulgari e delle richieste di dimissioni del primo ministro Boyko Borisov, che è al governo nel 2017 e che era stato in passato già due volte primo ministro (dal 2009 al 2013 e dal 2014 al 2017). Borisov è al centro di un durissimo scontro istituzionale con il presidente della Repubblica, Rumen Radev, che va avanti da anni e che nel 2020 si è fatto più intenso, sfociando nelle proteste di piazza della scorsa estate.

Lo scontro tra Borisov e Radev
Tutto iniziò nel luglio del 2019, quando Ivan Geshev fu nominato procuratore generale, il capo del sistema giudiziario bulgaro, dal Consiglio superiore della magistratura. Geshev, che in precedenza era stato vice procuratore, era l’unico candidato: il ministro della Giustizia, Danail Kirilov – del partito di Borisov, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB) –, avrebbe potuto proporre un altro candidato, ma non lo fece.

La scelta di Kirilov causò alcune proteste di piazza. Il presidente della Repubblica, Rumen Radev, eletto nel 2016 da indipendente ma sostenuto dai Socialisti, i principali avversari di GERB, si rifiutò di firmare il decreto di nomina di Geshev, dicendo che ci doveva essere un candidato che non fosse sostenuto dai partiti di governo, e chiedendo al Consiglio superiore della magistratura di rivedere la sua scelta.

Il Consiglio però votò nuovamente a favore di Geshev e Radev fu costretto a confermarne la nomina. Radev disse di non potersi rifiutare nuovamente per non violare la Costituzione, ma al contempo chiese che il parlamento valutasse una modifica della stessa Costituzione per far sì che non si ripetesse una situazione del genere.

Poco dopo la sua nomina, il 27 gennaio del 2020, Geshev chiese alla Corte costituzionale di avviare un procedimento per revocare l’immunità di cui gode il presidente della Repubblica. L’articolo 103 della Costituzione bulgara dice infatti che il presidente della Repubblica non può essere perseguito o condannato per le azioni compiute nell’esercizio delle sue funzioni, ad eccezione dei casi di tradimento e di violazione della Costituzione.

Radev chiese che Geshev spiegasse i motivi della richiesta, e Geshev diffuse la registrazione di una intercettazione telefonica del 2014 in cui un uomo parlava di alcuni documenti richiesti dall’autorità anticorruzione bulgara circa l’assunzione di una donna, Dessislava Radeva, come esperta di comunicazione nell’Aeronautica. L’uomo non si identificava, ma si presume che fosse Radev, che all’epoca era a capo dell’Aeronautica bulgara.

Dessislava Radeva in seguito sarebbe diventata la moglie di Radev, e secondo Geshev le indagini dell’anticorruzione bulgara sarebbero state fermate dopo che l’Aeronautica si rifiutò di consegnare i documenti di cui si parlava nell’intercettazione: in pratica Geshev accusava Radev di avere abusato dei suoi poteri per fermare un’indagine contro la donna che sarebbe poi diventata sua moglie.

L’indagine si concluse ufficialmente il 23 gennaio del 2020, a causa dell’immunità di Radev, e pochi giorni dopo Geshev fece la richiesta alla Corte Costituzionale. Radev rispose negando tutte le accuse e sostenendo che dietro le azioni di Geshev ci fosse il primo ministro Borisov, che voleva screditarlo.

Da lì iniziò uno scontro tra Radev e Borisov che proseguì anche durante la prima ondata della pandemia, con i due che si attaccarono vicendevolmente più volte in pubblico.

La situazione peggiorò nel giugno del 2020, quando sui social network iniziarono a circolare alcune foto: una mostrava Borisov mezzo nudo su un letto, e sul comodino al suo fianco una pistola, un’altra un cassetto pieno di mazzette di banconote da 500 euro.

Borisov ammise di essere lui in quella stanza, ma disse anche che le foto erano state manipolate e negò che ci fossero la pistola e i soldi. Borisov accusò Radev di essere direttamente coinvolto nella diffusione di queste foto e di aver pilotato un drone dentro casa sua per scattargli foto di nascosto. Disse anche che era un tipico caso di kompromatun particolare tipo di ricatto in uso in Russia sin dai tempi dell’Unione Sovietica, dato che il Partito socialista bulgaro che sostiene Radev è molto vicino al governo russo.

Lo scontro tra Borisov e Radev arrivò al suo apice il 7 luglio, dopo che Hristo Ivanov, leader del piccolo partito Sì, Bulgaria!, europeista e anticorruzione, raggiunse su un gommone una spiaggia del mar Nero adiacente alla residenza di Ahmed Dogan, politico che dal 1990 è presidente di un partito che rappresenta la minoranza turca in Bulgaria e considerato molto vicino a Borisov. Appena approdato sulla spiaggia venne raggiunto da alcuni agenti di polizia in divisa, che lo allontanarono con la forza nonostante, documenti alla mano, Ivanov avesse dimostrato che quella spiaggia era pubblica.

L’obiettivo di Ivanov era attirare l’attenzione su Dogan che, nonostante non abbia più incarichi politici, è considerato ancora molto influente per via della sua vicinanza a Borisov e al suo compagno di partito Delyan Peevski, un parlamentare e oligarca che di fatto controlla buona parte dei media del paese. Con il video sulla spiaggia, Ivanov voleva denunciare la rete di potere e favori che lega politici e oligarchi bulgari che di fatto, secondo Ivanov, controlla il sistema giudiziario del paese.

Quello che poteva essere un singolo episodio diventò però un affare molto più grosso quando il presidente Radev decise di schierarsi a difesa di Ivanov, per di più dopo che si era scoperto che gli uomini che avevano allontanato Ivanov dalla spiaggia facevano parte di un corpo di polizia nazionale, ma erano impiegati come scorta personale di Dogan.

Solo due giorni dopo, il 9 luglio, la polizia condusse una perquisizione negli uffici di Radev e arrestò due suoi collaboratori, nell’ambito di un’indagine per un presunto traffico di influenze illecite. Già a partire da quel giorno iniziarono grandi proteste in tutto il paese per chiedere le dimissioni di Borisov, accusato di aver ordinato gli arresti come ritorsione nei confronti di Radev. Le proteste sono andate avanti per tutta l’estate, diventando man mano sempre più partecipate, ma non hanno portato a molto, e Borisov non sembra aver perso molti dei consensi di cui godeva prima tra la popolazione.

Una manifestazione di protesta a Sofia il 10 settembre 2020 (Hristo Rusev/Getty Images)

Cosa dicono i sondaggi
I sondaggi danno in vantaggio il partito di Borisov, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB), che si attesta al 28,4 per cento, mentre il principale partito di opposizione, il Partito socialista (BSP), guidato da Korneliya Ninova, è al 22,9 per cento.

Dietro ci sono soprattutto i partiti che hanno sostenuto le proteste dei mesi scorsi, tra cui l’alleanza di centrodestra Bulgaria Democratica, data al 7 per cento, la coalizione di centrosinistra Alzati! Fuori la mafia!, data al 5-6 per cento, e il partito populista C’è un tale popolo (ITN), che non è sceso in piazza ma ha appoggiato le proteste.

Quest’ultimo partito è stato creato nel 2020 da un personaggio molto popolare in Bulgaria, il musicista e conduttore televisivo Slavi Trifonov, e prende il nome dal titolo di un suo disco. ITN è dato intorno al 16 per cento, anche grazie alla copertura delle manifestazioni di protesta data dalla televisione 7/8 TV, fondata nel 2019 proprio da Trifonov. I social-liberali del Movimento per i Diritti e le Libertà (DPS) sono dati invece all’11,5 per cento.

Attualmente il GERB, che alle elezioni del 2017 aveva ottenuto il 32,6 per cento delle preferenze e 95 seggi in Parlamento, governa in coalizione con Patrioti Uniti (OP), un’alleanza di partiti nazionalisti, e con l’appoggio esterno del partito populista di destra Volja (che significa “volontà”, in italiano).

Inizialmente Borisov aveva chiesto ai Socialisti di formare un governo di grande coalizione insieme, ma la proposta non era andata a buon fine. Borisov aveva quindi trovato l’appoggio di OP, che raccoglieva al suo interno tre piccoli partiti di destra molto conservatori: il Movimento Nazionale Bulgaro (VMRO), il Fronte Nazionale per la Salvezza della Bulgaria (NFSB) e l’Unione Nazionale Attacco (Ataka).

Per GERB, un partito liberale e filoeuropeo, membro del Partito Popolare Europeo, la nuova coalizione ha significato soprattutto un netto spostamento delle sue politiche verso destra. Nel 2014 aveva infatti formato un governo con il Blocco Riformatore (RB), un insieme di partiti liberali di destra moderata, che però alle elezioni del 2017 non aveva superato la soglia di sbarramento del 4 per cento.

Se si confermassero i numeri dei sondaggi, il GERB dovrebbe cercare un’alleanza con il Movimento Nazionale Bulgaro – che si presenta da solo, dopo lo scioglimento della coalizione Patrioti Uniti – e con C’è un tale popolo. Quest’ultimo però ha già fatto sapere che non intende allearsi né con GERB né con i Socialisti. L’ipotesi di una grande coalizione tra GERB e il Partito socialista sembra alquanto improbabile, visto quello che è successo nei mesi scorsi; lo scenario più probabile è ad oggi uno stallo che si potrebbe superare con nuove elezioni in autunno, in coincidenza con le presidenziali.