La fotografia di moda da remoto

L'emergenza sanitaria ha cambiato il modo in cui si fanno le copertine delle riviste, e non solo

di Edoardo Malacrida

Un evento della Fashion Week 2021 a Milano. (AP Photo/Antonio Calanni)
Un evento della Fashion Week 2021 a Milano. (AP Photo/Antonio Calanni)

La pandemia da coronavirus ha obbligato moltissimi settori del lavoro a cambiare le proprie dinamiche. Le attività che prima avevano bisogno di un contatto diretto tra le persone hanno dovuto adottare espedienti di vario tipo per continuare a operare, e alcune sono riuscite a farlo con un certo successo: tra queste, quella dei fotografi professionisti per il settore della moda.

Il lavoro dei fotografi di moda consiste, tra le altre cose, nel relazionarsi e nel dirigere i modelli e le modelle sul set prima di scattare le foto, cosa che ora non è più possibile fare senza continui controlli, anche costosi, come tamponi settimanali e la misurazione della temperatura. Inoltre, i fotografi devono spesso viaggiare da un paese all’altro per raggiungere i loro soggetti, e i viaggi da un anno a questa parte sono diventati molto difficoltosi, poiché molti paesi hanno reso obbligatorio un periodo di quarantena al momento dell’arrivo.

È per questo che i professionisti del campo hanno adottato soluzioni alternative: la più apprezzata è stata quella di creare dei set da remoto, organizzando i servizi fotografici a distanza tramite applicazioni per videochiamate, come Zoom o FaceTime (l’app per i sistemi iOS e MacOS).

Alcuni fotografi negli ultimi mesi hanno organizzato degli «atelier da remoto», come per esempio Pari Dukovic, un fotografo esperto di ritratti, che lo scorso anno ha realizzato in videochiamata le immagini per la copertina della rivista statunitense di moda GQ, con la collaborazione dell’editor della rivista Will Welch. Dukovic ha organizzato il suo «atelier da remoto», con grandi schermi per controllare il servizio da più angolazioni, dare indicazioni al suo soggetto e controllare le fotocamere. Mentre il fotografo si trovava nel suo studio a New York, il giocatore di football americano Patrick Mahomes II, modello per il servizio, era al Cotton Bowl Stadium a Dallas. Dukovic ha raccontato su Instagram l’esperienza, scrivendo: «Questo metodo che permette di acquisire da remoto fotogrammi e filmati con risultati ad alta risoluzione».

Nel corso dell’ultimo anno i servizi da remoto sono stati numerosi e di alto profilo. Per esempio, i fotografi Alessandro e Luca Monelli hanno scattato tramite Zoom le foto per la copertina del numero del 18 giugno 2020 di Vogue Cecoslovacchia. I suoi soggetti erano Kylie Jenner e sua figlia di due anni, Stormy Webster, che hanno fatto da modelle a distanza: assieme a loro c’erano soltanto il truccatore Ariel Tejada e il parrucchiere Jesus Guerrero.

Lo stesso procedimento è stato usato dalla rivista francese Jacquemus per un servizio della modella Bella Hadid, e da Vogue Australia per un servizio di Lily Nova: in questi casi è stata usata l’app FaceTime, come ha raccontato l’anno scorso il sito australiano Daily Telegraph (da non confondere con il quotidiano conservatore britannico).

La direttrice del settore moda di Vogue, nonché editor, Philippa Moroney, a proposito del servizio con Lily Nova ha detto che si è svolto normalmente, con la differenza che è stato realizzato da remoto: dopo una videochiamata per decidere l’abbigliamento che avrebbe indossato la modella, Vogue ha mandato i vestiti a Nova. La modella ha curato da sé il proprio trucco, sotto la direzione dell’esperta Gillian Campbell. Il servizio è durato tutto il giorno dalle 8 di mattina fino al pomeriggio alle 17:30. «Le cose stanno cambiando rapidamente, giorno per giorno, per cui stiamo cambiando il nostro modo di lavorare per rispettare le regole sul distanziamento fisico», ha detto Moroney.

Oltre agli shooting da remoto, modelli e modelle hanno trovato un’altra soluzione per sfuggire alle limitazioni sanitarie, e hanno cominciato a realizzare contenuti creativi autonomamente, come ha fatto ad esempio la modella Carine Roitfeld, che a maggio dell’anno scorso ha organizzato un evento di beneficenza su YouTube, a cui hanno partecipato Kim Kardashian e numerosi altri personaggi famosi.

Secondo Nick Knight, fotografo e fondatore del sito di moda SHOWstudio, intervistato dal sito Fashion for Breakfast, i servizi fotografici da remoto potrebbero diventare sempre più importanti grazie alla diffusione degli smartphone e a un cambiamento dell’estetica, che dà sempre maggiore importanza all’autenticità di modelle e modelli.

Secondo Knight, gli smartphone godono e godranno sempre più di una qualità molto elevata da un punto di vista fotografico, tanto che possono cominciare ad essere utilizzati professionalmente. Modelli e modelle potranno quindi ottenere immagini e prodotti autonomamente oppure sotto la guida di esperti del settore. Knight ha aggiunto che la pandemia da coronavirus ha portato il pubblico a richiedere contenuti creativi più autentici, che mostrino il lato umano di coloro che posano per le riviste.

Anche Philippa Moroney di Vogue, parlando al Telegraph in merito allo show tenuto da Carine Roitfeld su YouTube, ha detto che questo tipo di eventi in streaming offre agli spettatori la possibilità di osservare le case e le vite dei modelli e delle modelle, il che li fa apparire molto più veri e umani: più simili a influencer dei social network che a modelli tradizionali.

L’emergenza sanitaria globale ha quindi spinto il settore della fotografia di moda a cambiare, almeno temporaneamente, i metodi di lavoro. Secondo alcuni esperti, tuttavia, il cambiamento che è avvenuto – e che ha portato alla produzione di contenuti creativi da remoto in videochiamata e ha indotto modelli e modelle a preoccuparsi autonomamente delle immagini – sarebbe stato comunque inevitabile: la tecnologia e le esigenze del pubblico stavano già spingendo i professionisti nel campo della moda ad adottare nuove soluzioni, più spontanee, e non è escluso che alcuni nuovi metodi possano consolidarsi fino a diventare abitudini professionali.

Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus e il mondo della cultura sono un progetto del corso di giornalismo 2020/2021 del Post alla scuola Belleville, pensato e completato dagli studenti del corso.