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  • Giovedì 25 marzo 2021

La storia del Canale di Suez

Una delle vie marittime più importanti al mondo ha una storia che risale a più di un secolo e mezzo fa, segnata da competizioni tra stati, crisi e guerre

La nava Ever Given incagliata nel canale di Suez (Suez Canal Authority via AP)
La nava Ever Given incagliata nel canale di Suez (Suez Canal Authority via AP)

Martedì di questa settimana la nave portacontainer Ever Given si è incagliata di traverso nel Canale di Suez e ne ha ostruito il passaggio. È la nave più grande che abbia mai ostruito il Canale, e per ora i tentativi di smuoverla non hanno dato risultati: secondo alcuni esperti, potrebbero volerci giorni o addirittura settimane.

Il blocco del Canale di Suez è un grave problema per l’Egitto, che lo controlla, e per cui il Canale è un’importante fonte di reddito nazionale, ma anche per l’economia mondiale: inaugurato nel 1869 e lungo 193 chilometri, il Canale garantisce ancora oggi quasi il 7 per cento del traffico mercantile mondiale, e per le sue acque passa il 12 per cento di tutte le merci del mondo. È una delle più importanti rotte per il commercio di petrolio e ha un valore strategico anche dal punto di vista militare.

Il Canale ha una storia lunghissima: la storiografia antica fa risalire i primi scavi per collegare il mar Mediterraneo con il mar Rosso intorno al 1800 avanti Cristo, quando, secondo alcuni autori antichi tra cui Aristotele, il faraone Senusret III avrebbe creato un primo canale per l’irrigazione, che poteva diventare navigabile nei periodi di piena, in seguito chiamato Canale dei Faraoni. Le prime testimonianze certe della sua realizzazione però risalgono a molto dopo, al tempo del faraone Necao II, che regnò attorno al 600 a.C, e del re persiano Dario I, che si trovò a governare l’Egitto dopo che suo padre l’aveva conquistato.

Il Canale dei Faraoni era molto diverso dal Canale di Suez. Quello attuale si estende da nord a sud, e collega direttamente Mediterraneo e mar Rosso: parte da Port Said, a nord, e arriva a Suez, a sud. Quello antico si estendeva da ovest a est, e collegava un ramo della foce del fiume Nilo con il mar Rosso. Questo canale fu poi espanso da vari membri della dinastia tolemaica, che governò l’Egitto dal 305 a.C e la cui ultima esponente fu Cleopatra. Fu usato e allargato anche in epoca romana, tanto che a un certo punto divenne noto come il Canale di Traiano, dal nome dell’imperatore.

Dopo la caduta dell’Impero romano, i successivi governanti dell’Egitto continuarono a fasi alterne a servirsi del canale, finché nel 676 d.C. il califfo della dinastia abbaside non lo fece chiudere definitivamente per ragioni militari.

Il Canale dei Faraoni (Wikimedia)

I resti del Canale dei Faraoni, descritto in numerose opere storiche, furono rinvenuti nel 1799 dalla celebre spedizione in Egitto di Napoleone, che per diversi anni nutrì la speranza di poter aprire una via verso il mar Rosso. Il suo intento era mettere in difficoltà la Gran Bretagna, rivale della Francia, che al tempo dominava i mari e i commerci anche grazie al suo controllo della rotta del Capo di Buona Speranza, che circumnaviga l’Africa per collegare Europa e Asia.

Napoleone rinunciò alla costruzione di un canale perché i suoi scienziati gli dissero che il livello del mar Rosso era di circa 9 metri più alto di quello del mar Mediterraneo: per costruire un canale navigabile per collegare i due mari sarebbe stato necessario creare un complesso e dispendioso sistema di chiuse — un po’ come quello che è in uso ai giorni nostri nel canale di Panama.

Gli scienziati di Napoleone però si sbagliavano: la differenza d’altezza tra i livelli dei due mari è in realtà trascurabile, ma dovettero passare una cinquantina d’anni prima che nuovi studi se ne accorgessero, e che il diplomatico francese Ferdinand de Lesseps ottenesse da Muhammad Said Pascià, allora sovrano dell’Egitto e del Sudan, una concessione per cominciare la costruzione del canale, nel 1854. Lesseps fondò la Compagnia del Canale di Suez, che avrebbe avuto in gestione l’opera per 99 anni, e ne vendette il 49 per cento delle quote per finanziarsi; il restante 51 per cento rimase in mano francese.

La costruzione cominciò nel 1859, durò dieci anni e si svolse in condizioni terribili: morirono migliaia di lavoratori, in gran parte egiziani costretti al lavoro forzato, soprattutto a causa delle epidemie di colera e altre malattie che si diffusero nei cantieri. L’inaugurazione, il 17 novembre del 1869, fu un grande evento a cui partecipò un’ampia rappresentanza dell’aristocrazia europea, tra cui l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe.

Una raffigurazione dei lavori di costruzione del canale (Hulton Archive/Getty Images)

La Gran Bretagna, inizialmente contraria alla costruzione del canale, perché avrebbe messo in pericolo le sue rotte commerciali tradizionali, ne ottenne poi il controllo alla fine del 1800, quando conquistò di fatto l’Egitto e comprò il 44 per cento delle quote della Compagnia del Canale di Suez. Nel 1888, la Convenzione di Costantinopoli dichiarò il canale un territorio neutrale sotto la protezione britannica.

Il Canale di Suez, al momento dell’apertura, era un’opera imponente ma relativamente semplice: consentiva il transito di una nave per volta, e per garantire un passaggio più rapido lungo il tragitto si trovavano degli slarghi, tra cui il Grande lago amaro, un lago naturale che connette due segmenti del canale, nei quali le navi si aspettavano a vicenda. Il tempo necessario per attraversarlo tutto, all’inizio, era di circa 40 ore, che però si erano già ridotte a 13 alla fine degli anni Trenta del Novecento. Soltanto nel 1947 fu introdotto un sistema a carovane: ogni giorno erano organizzate tre partenze di grandi gruppi di navi tutte in fila, due dirette verso sud e una diretta verso nord, che procedevano in senso unico alternato. Questo sistema è rimasto in vigore fino all’allargamento del Canale, avvenuto nel 2015.

Fin dalla sua apertura, il Canale cambiò in maniera eccezionale le dinamiche commerciali, i trasporti e le strategie militari. Nel 1870, il primo anno pieno di attività, i transiti attraverso il Canale furono 486, circa uno e mezzo al giorno, ma crebbero in maniera consistente fino a superare i 20 mila negli anni Sessanta del Novecento (ai giorni nostri sono calati leggermente: nel 2018 sono stati 18.174, ma il tonnellaggio totale delle navi è quasi triplicato rispetto agli anni Sessanta, per via delle gigantesche portacontainer e delle petroliere).

L’apertura del Canale rivoluzionò il commercio mondiale: rese in parte obsoleta la rotta del Capo, e nel corso del Novecento, dopo che i paesi del golfo Persico diventarono i più grandi esportatori di greggio al mondo, divenne essenziale per il rifornimento energetico dell’Europa.

Ebbe un valore strategico anche dal punto di vista militare. Durante la Prima e soprattutto la Seconda guerra mondiale divenne un obiettivo che i britannici difesero in tutti i modi e che usarono per bloccare le navi tedesche e italiane, provocando grave danno ai paesi dell’Asse.

Una veduta aerea del canale nel 1953 (AP Photo/Jim Pringle)

Il Canale divenne centrale negli scontri geopolitici soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale: nel 1956 il presidente dell’Egitto, Gamal Abdel Nasser, nazionalizzò la gestione del Canale, e in risposta il Regno Unito, la Francia e Israele invasero il paese.

La crisi di Suez, come fu nominata, durò otto giorni e fu un disastro per i paesi invasori: Regno Unito e Francia riuscirono a occupare il Canale abbastanza facilmente, mentre Israele aveva già preso possesso della penisola del Sinai, ma la pressione internazionale, sia da parte degli Stati Uniti sia da parte dell’Unione Sovietica, fu così forte che i tre paesi furono costretti a ritirarsi. A presidiare l’area furono mandate le forze di peacekeeping dell’ONU: l’organizzazione era nata da pochi anni, e quella fu la prima missione in assoluto dei Caschi blu.

Per Regno Unito e Francia fu una grave umiliazione, e oggi gli storici ricordano la crisi di Suez come il momento in cui divenne chiaro a tutto il mondo che le uniche superpotenze erano gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, e che il declino militare dei paesi europei era ormai inarrestabile.

– Leggi anche: La crisi di Suez

Il canale fu coinvolto anche nelle numerose guerre tra Israele e i paesi arabi della seconda metà del Novecento. Nel 1967, dopo la Guerra dei sei giorni, Israele occupò di nuovo la penisola del Sinai, ottenendo il controllo di una delle due sponde del Canale. A causa del conflitto, il Canale fu chiuso e rimase così per otto anni, fino al 1975.

Al momento della chiusura, stavano transitando nel Canale 15 navi commerciali, che rimasero bloccate per tutti gli otto anni: le 15 navi divennero famose come “flotta gialla”, per la sabbia che con il tempo si depositò sulle imbarcazioni. Nel corso degli anni sulle navi rimase sempre qualcuno a bordo, a turno, per la manutenzione e la sorveglianza delle imbarcazioni, e con il tempo sulla flotta gialla si formò una piccola comunità, con la sua chiesa e il suo campo da calcio, creato sulla nave più grande.

Alcune navi della “flotta gialla”, nel 1971 (AP Photo)

Nel corso dei decenni il Canale ha mantenuto la sua centralità nei commerci e nei trasporti mondiali, anche se con notevoli mutamenti dettati dalle evoluzioni tecnologiche e commerciali.

Fino agli anni Quaranta uno dei suoi utilizzi principali era il transito di passeggeri, che però si ridusse molto dopo l’introduzione del trasporto aereo di massa: il picco di passeggeri trasportati fu nel 1945, con quasi un milione di persone. Nella metà del Novecento divenne un’arteria fondamentale per il trasporto del greggio, anche se perse gradualmente d’importanza in concomitanza con la scoperta di giacimenti al di fuori dei paesi del Golfo, per esempio in Africa e in America del Nord.

Nel 2014 il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi annunciò un’imponente opera di allargamento del Canale, che portò l’anno successivo alla creazione di un secondo canale parallelo lungo 35 chilometri, situato più o meno al centro del tragitto, e all’allargamento di altre sezioni. Questo ha consentito di organizzare il transito a due corsie: tutti i giorni, un convoglio di navi parte alle 4 del mattino da Suez, diretto verso nord, mentre un altro convoglio parte alle 3.30 da Port Said, diretto verso sud: le partenze sono sincronizzate affinché i due convogli si incrocino nel punto in cui si trovano le due corsie, in modo da non doversi fermare (nel canale di Suez si tiene la destra: il convoglio che va verso nord usa il canale est, quello che va verso sud usa il canale ovest).

– Leggi anche: Il nuovo canale di Suez

Per l’Egitto il canale di Suez è un’enorme fonte di reddito. Il costo per il transito di ogni singola nave varia moltissimo, dai 100 mila ai 500 mila dollari, e si stima che le entrate annuali del governo egiziano grazie al Canale ammontino in totale a circa 5 miliardi di dollari.

Nonostante l’enorme costo di transito, generalmente per le compagnie navali usare il Canale di Suez è piuttosto conveniente, perché riduce molto i giorni di viaggio e il consumo di carburante. Soltanto in rari periodi in cui il costo del carburante è bassissimo la rotta del Capo torna concorrenziale: è successo l’ultima volta nel corso del 2020, quando alcune compagnie decisero di fare il percorso più lungo.