L’uomo che inventò le musicassette

È morto a 94 anni Lou Ottens, l'ingegnere di Philips che adattò la registrazione su nastro magnetico a un formato piccolo e funzionale

(EPA/JERRY LAMPEN)
(EPA/JERRY LAMPEN)

Il 6 marzo è morto a 94 anni Lou Ottens, che più di mezzo secolo fa era stato l’ingegnere olandese responsabile della squadra che, per conto della multinazionale Philips, aveva inventato le “Compact Cassette”, poi diventate più semplicemente le musicassette (nessuno le chiamava così, in realtà: si chiamavano “cassette” e allora non c’erano rischi di equivoco): un particolare tipo di “caricatore per riproduttori sonori a nastro magnetico” che cambiò il modo di ascoltare la musica, ed ebbe un grande impatto sulla cultura popolare di mezzo mondo per un paio di decenni.

I primi studi sulla registrazione magnetica del suono vennero fatti a fine Ottocento, ma solo negli anni Trenta del Novecento arrivarono i primi brevetti di una certa efficacia relativi all’uso di nastri magnetici di registrazione. I maggiori risultati in questo senso furono raggiunti in Germania, dove già nel 1935 la AEG presentò il Magnetophon, un ingombrante ma a suo modo efficace registratore a nastro che funzionava con il formato che sarebbe poi diventato noto come “a bobina aperta” (e quindi diverso da quello di audiocassete e videocassette).

La tecnologia, di certo sorprendente, era però utile soprattutto negli studi di registrazione e nelle radiostazioni, e non per un uso privato. Quello arrivò solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in buona parte grazie a Jack Mullin, un ufficiale dell’esercito statunitense a cui durante e dopo la guerra era stato chiesto di capire quante più cose possibile sulle radio e l’elettronica usate dai nazisti. Finita la guerra, Mullin se ne tornò in America portandosi appresso, tra le altre cose, un Magnetophon e alcune decine di bobine.


Anche grazie ai souvenir di Mullin, negli anni Cinquanta la tecnologia per la registrazione su nastro magnetico fece notevoli e rapidi progressi, passando dalle radio e dagli studi di registrazione fino alle scuole, e da lì fino alle case. In questo senso, l’anno più importante fu il 1958, quando la statunitense RCA presentò quella che può essere considerata la prima versione delle audiocassette.

Il funzionamento dei nastri magnetici non è troppo complesso: alla base c’è una striscia di plastica con un rivestimento di microparticelle che vengono appositamente magnetizzate in fase di scrittura. In fase di lettura, il nastro passa attraverso una apposita testina che converte il campo magnetico delle particelle in un segnale elettrico, che una volta amplificato fa vibrare le membrane dell’altoparlante o delle cuffie. Tra la fine degli anni Cinquanta la tecnologia di base per far sì che si potessero registrare e riprodurre suoni su audiocassetta già c’era, e la cosa già iniziava a interessare un buon numero di persone. Quelle cassette erano però un po’ troppo grandi (circa 13 x 20 centimetri) e soprattutto non granché resistenti e tutt’altro che affidabili.

Intuendo che potessero esserci grandi margini di miglioramento, all’inizio degli anni Sessanta la Philips chiese quindi a due gruppi di suoi dipendenti di progettare qualcosa che fosse più piccolo ma anche più efficace delle cassette in commercio. I due gruppi lavoravano in due diverse sedi dell’azienda: una a Vienna e una ad Hasselt, in Belgio.

Il gruppo di Vienna propose una sua versione di audiocassetta con un solo buco, che non andò da nessuna parte. Il gruppo di Hasselt, guidato da Ottens, ebbe decisamente più successo con la sua struttura a due bobine, una per il nastro ancora da leggere e una per quello già letto.

Ottens era nato nel 1926 e le sue biografie raccontano che già da ragazzo era appassionato di tecnologia ed elettronica e che durante la Seconda guerra mondiale si costruì da solo una radio, così da poter ascoltare Radio Oranje, un programma trasmesso da Londra per parlare agli olandesi durante l’occupazione nazista. Finita la guerra, studiò ingegneria meccanica e nel 1952 entrò in Philips, facendo carriera piuttosto in fretta e venendo trasferito, qualche anno più tardi, nella sede di Hasselt, dove finì per guidare il gruppo che lavorava allo sviluppo dei nuovi prodotti.

In un’intervista di qualche anno fa Ottens spiegò che si trovò a capo di un gruppo di circa 40 giovani ingegneri belgi e olandesi con ottime competenze nelle strumentazioni per la registrazione e la riproduzione del suono. Per cominciare, tagliò un pezzo di legno per far vedere quanto voleva fosse grande lo strumento in cui inserire le cassette per registrare e riprodurre suoni. Da lì fu quindi sviluppato un registratore e ricavato lo spazio per le batterie e gli altoparlanti. La parte più difficile fu quindi lavorare sul poco spazio che restava per inserire le cassette, che dovevano avere tre requisiti principali: essere grandi più o meno quanto un pacchetto di sigarette, riuscire a contenere circa un’ora di suoni ed essere allo stesso tempo molto resistenti.

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Per riuscire nel suo intento, Ottens scese a una serie di compromessi sulla qualità del suono, visto che tra l’altro nei piani iniziali le cassette dovevano essere usate soprattutto per registrazioni vocali, più che musicali. Per farlo, Ottens e i suoi collaboratori ridussero molto la velocità di scorrimento dei nastri, e fecero sì che a un secondo di suono corrispondessero più o meno ogni cinque centimetri di nastro.

Le cassette e gli strumenti di registrazione e riproduzione furono presentati il 30 agosto 1963 in un evento di settore organizzato a Berlino, ottenendo qualche apprezzamento, ma senza che nessuno ne parlasse come di qualcosa che avrebbe potuto cambiare il modo in cui la musica veniva ascoltata nel mondo. Il nome Compact Cassette, invece, arrivò circa un anno dopo, con la messa in commercio.

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Negli anni successivi, tuttavia, le cassette iniziarono a diffondersi e gli album a essere stampati anche su nastro, oltre che su disco. Rispetto ai dischi in vinile le musicassette avevano una qualità di riproduzione tendenzialmente meno buona, ma erano molto più pratiche, ed ebbero un enorme successo negli impianti audio delle automobili – dove era complicato riprodurre dei vinili –, un impiego che avrebbe resistito fino agli anni Novanta.

Le musicassette diventarono poi il formato di riferimento soprattutto per le registrazioni private (per questioni relative allo spessore del nastro e alla durata media degli album da riprodurre, quelle più diffuse duravano complessivamente 90 minuti, 45 per lato: ma altre lunghezze prevalenti erano 46, 60 e 120 minuti), e ne vennero ideati diversi formati. A determinare il successo di quello sviluppato dalla Philips fu, tra le altre cose, il viaggio che nel 1966 Ottens fece in Giappone, dal quale tornò con un accordo che prevedeva che la Sony potesse lavorare liberamente sui brevetti della Philips.


Le Compact Cassette della Philips – grandi circa la metà rispetto a quelle della RCA – si imposero quindi come lo standard principale e, con il tempo, sempre più efficace. Erano quelle usate dai Walkman Sony, messi in commercio alla fine degli anni Settanta e destinati a diventare uno dei più importanti e diffusi sistemi di riproduzione musicale della storia, introducendo per la prima volta la dimensione portatile dell’ascolto che sarebbe diventata prevalente negli anni Duemila con i lettori MP3 e gli smartphone.

Una Compact Cassette e una cassetta RCA (Wikimedia)

A differenza dei dischi in vinile, le musicassette permettevano di creare compilation personali in casa, registrando i flussi radiofonici o duplicando quelle altrui, inaugurando di fatto l’epoca delle playlist personali (che allora in Italia prendevano per esempio il nome di “cassettine” o “nastroni”), rivoluzionando l’accesso e la diffusione della musica e creando il primo fenomeno di massa di pirateria musicale privata, che la discografia tentò per anni di perseguire con campagne minacciose quanto infruttuose. È difficile avere numeri esatti, ma è stato calcolato che da allora, nel mondo, siano state vendute almeno 100 miliardi di audiocassette e musicassette, anche grazie a una serie di piccoli o grandi ritorni di interesse nei loro confronti, anche dopo l’arrivo di nuove e migliori alternative.


Nel frattempo, Ottens aveva continuato a lavorare nella sede di Hasselt, tra le altre cose occupandosi per Philips dello sviluppo dei CD, i supporti che negli anni Novanta sostituirono progressivamente i dischi in vinile per la loro qualità straordinariamente superiore. Gli album musicali smisero di essere pubblicati invece su musicassetta a partire dagli anni Duemila, quando gli MP3 e i formati digitali diventarono il modo più pratico ed economico di ascolto e condivisione della musica. Della sua invenzione, Ottens parlò sempre in termini piuttosto semplici, e con grande umiltà: «eravamo dei ragazzi che si divertivano» disse qualche anno fa a un giornale olandese «non c’era la sensazione che stessimo facendo qualcosa di grande».

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