Le seppie sanno esercitare l’autocontrollo

Lo ha scoperto un esperimento che ne ha messo alla prova l'appetito, e facciamo fatica a spiegarcelo

Una seppia (Gerard Lacz/VW Pics via ZUMA Wire, ANSA)
Una seppia (Gerard Lacz/VW Pics via ZUMA Wire, ANSA)

I cefalopodi, i molluschi tentacolati come polpi, seppie e calamari, sono animali sorprendenti. Nella storia dell’evoluzione degli esseri viventi sono lontanissimi dagli umani – l’ultimo antenato che condividiamo viveva 600 milioni di anni fa – eppure le loro capacità cognitive sono più vicine alle nostre di quelle di molti altri animali con i quali siamo più strettamente imparentati. Le seppie ad esempio hanno strategie difensive diverse per i predatori che identificano le prede con la vista e per quelli che invece usano l’olfatto, e si ricordano dove e quando hanno mangiato certe cose. Inoltre, dice un nuovo studio, sanno esercitare l’autocontrollo: si trattengono dal mangiare qualcosa di loro gradimento se sanno che aspettando riceveranno una ricompensa più gustosa.

A scoprirlo è stato un gruppo di scienziati che nell’estate del 2018 ha studiato sei esemplari di Sepia officinalis, la seppia comune, nel Marine Biological Laboratory di Woods Hole, in Massachusetts. Le sei seppie sono state sottoposte a una versione acquatica dell’esperimento del marshmallow di Stanford, un test psicologico sulla gratificazione ritardata nei bambini con età compresa tra i 3 e i 6 anni, fatto per la prima volta negli anni Settanta. Ai partecipanti allo studio era offerto un dolcetto (i marshmallow si erano dimostrati molto apprezzati) ma gli veniva anche detto che se si fossero trattenuti dal mangiarlo ne avrebbero ricevuti due più tardi. Circa la metà dei bambini riusciva ad aspettare.

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Con le seppie, al posto dei marshmallow, sono stati usati un pezzo di carne di gambero e un gamberetto vivo. Le seppie apprezzano entrambi come alimento, ma preferiscono i gamberetti vivi. Nell’esperimento sia il pezzo di gambero che il gamberetto vivo erano inseriti all’interno di contenitori trasparenti, ma mentre quello con il pezzo di gambero era sempre accessibile per le seppie, quello con il gamberetto vivo si apriva solo dopo un po’. Prima dell’esperimento vero e proprio le seppie erano state addestrate a riconoscere alcuni simboli visivi sui contenitori trasparenti, e a distinguere quelli accessibili fin da subito da quelli accessibili solo dopo un certo periodo di tempo. Erano anche state addestrate in modo da sapere che mangiando la ricompensa in un contenitore, sarebbero state rimosse anche le altre.

Sapendo tutte queste cose, le seppie sono state messe nella condizione di scegliere se mangiare subito un pezzo di carne di gambero o aspettare un po’ di tempo per poter ottenere un gamberetto vivo. Tutte le sei seppie testate sono state in grado di aspettare fino a 1 minuto e mezzo per poter avere il gamberetto. È un intervallo di tempo simile a quello che sono in grado di aspettare altri animali con sviluppate capacità cognitive come pappagalli, corvi e scimpanzé.

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Quello che resta da capire bene è come mai animali come le seppie si siano evoluti in modo da poter esercitare l’autocontrollo. È una capacità che normalmente si trova nelle specie di animali sociali, quelle i cui membri cooperano tra loro e imparano l’uno dall’altro per raggiungere i loro obiettivi, portando benefici agli esemplari di una intera comunità. Scimpanzé, corvi e pappagalli sono tutti animali sociali e che vivono a lungo: resistere agli impulsi per un certo periodo di tempo è utile per rafforzare i legami sociali che possono portare a scambi di favori futuri. Per questo è una capacità sensata dal punto di vista evolutivo, dato che contribuisce a far vivere meglio e più a lungo chi la possiede. Le seppie però non sono animali sociali, e non vivono a lungo: la loro aspettativa di vita è di circa due anni.

Come mai i cefalopodi abbiano sviluppato capacità cognitive molto più sofisticate di quelle della maggior parte degli animali pur essendo solitari e poco longevi è uno degli aspetti più interessanti di questi animali. Alexandra Schnell, una delle autrici dello studio sull’autocontrollo delle seppie, ipotizza che in questo caso possano essere coinvolte le loro abitudini alimentari. Le seppie passano la maggior parte del tempo nascoste, per difendersi dai predatori, e si attivano solo ogni tanto per procurarsi il cibo. La necessità di rendere più efficaci queste brevi sessioni di caccia potrebbe aver portato all’evoluzione dell’autocontrollo, perché gli esemplari disposti ad aspettare occasioni migliori possono ottenere prede più nutrienti, limitando la loro esposizione ai predatori.

«Il concetto “a volte meno è meglio” non viene compreso da tutti gli animali. Quelli che hanno imparato a resistere alle tentazioni nel presente per ottenere una soddisfazione maggiore in futuro, come gli umani e gli scimpanzé, raggiungono risultati migliori anche nei test di intelligenza generale», aggiunge Schnell.

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