Apple e Facebook se le danno da un pezzo

Il Wall Street Journal ha ricostruito la disputa incentrata su visioni diverse sulla privacy, attribuendo a Zuckerberg una minaccia: «dobbiamo fargli male»

Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, prima di un'audizione al Congresso a Washington, DC, Stati Uniti (Chip Somodevilla/Getty Images)

Alcune dichiarazioni attribuite al CEO di Facebook Mark Zuckerberg e riportate dal Wall Street Journal hanno aggiunto ulteriori dettagli allo scenario di aspre divergenze recenti tra il social network e Apple, raccontato ormai da un po’ di tempo. Le parole risalgono al 2018 e alle vicende legate al caso Cambridge Analytica, che procurò a Facebook pesanti critiche riguardo ai metodi di gestione dei dati personali degli utenti. «Dobbiamo fargli male» avrebbe detto Zuckerberg ai suoi collaboratori commentando un’opinione espressa dal CEO di Apple Tim Cook riguardo al fatto che Apple, grazie alle sue politiche, non si sarebbe mai trovata nella situazione in cui si trovava allora Facebook. Già all’epoca Zuckerberg definì – pubblicamente – le parole di Cook «estremamente superficiali» e «per niente conformi alla verità».

Alla base dei recenti contrasti tra Apple e le altre grandi aziende di Internet, Facebook e Google su tutte, c’è la decisione di Apple di introdurre in un prossimo aggiornamento del suo sistema operativo per dispositivi mobili (iOS) una funzione in base alla quale agli utenti sarà richiesto un consenso consapevole ed esplicito al tracciamento delle loro attività online per la personalizzazione degli annunci pubblicitari da parte delle aziende produttrici di app. Secondo una prima stima di Forbes questa decisione di Apple determinerebbe perdite pari a 14 miliardi di euro per Google e 6,5 miliardi di euro per Facebook nelle entrate fiscali annue.

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Altri motivi di disaccordo tra Apple e le altre aziende erano emersi pubblicamente a gennaio. In un discorso tenuto in remoto durante una conferenza sulla protezione dei dati, Cook aveva duramente criticato gli strumenti di tracciamento, che a suo avviso trasformano i consumatori in prodotti pubblicitari. Aveva anche criticato «le teorie della cospirazione alimentate dagli algoritmi», collegandole ai recenti disordini sociali e alludendo all’attacco al Congresso a Washington. Zuckerberg ha più volte definito Apple uno dei principali concorrenti di mercato, accusandola di abusare del suo potere di controllo per tutelare i propri interessi interferendo con il funzionamento delle app di Facebook.

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Secondo un dibattito citato dal Wall Street Journal e ultimamente affrontato anche da altri analisti, la disputa tra Apple e Facebook coincide con uno scontro di idee e visioni opposte sul futuro di Internet e, di conseguenza, delle aziende che ne avranno maggiore controllo. Facebook vuole catturare e monetizzare l’attenzione degli utenti su ogni possibile dispositivo e piattaforma sul mercato, mentre Apple vuole attirare più utenti possibili verso i suoi dispositivi autopromuovendosi come azienda attenta alla privacy degli utenti.

Il modello di business di Facebook è prevalentemente incentrato sulle inserzioni pubblicitarie, soprattutto quelle personalizzate. Il modello di Apple prevede, oltre alle entrate derivanti dalla vendita diretta dell’hardware, quelle legate alla vendita di servizi e applicazioni di terze parti sul suo store digitale, per cui trattiene una commissione variabile (fino al 30 per cento). Apple riceve anche miliardi di dollari all’anno dalla holding Alphabet per mantenere Google come motore di ricerca predefinito sul suo browser Safari.

Lo scontro tra Facebook e Apple si sta svolgendo sullo sfondo di un più ampio tentativo internazionale, portato avanti anche dalle autorità in Europa, di limitare e regolamentare il potere delle grandi aziende tecnologiche di Internet. A dicembre Facebook era stata accusata dalla Federal Trade Commission, l’agenzia governativa degli Stati Uniti che si occupa di tutela dei consumatori e di privacy, di gestire in accordo con Google un monopolio illegale per il controllo della pubblicità che taglia fuori dal mercato gli altri operatori rivali. E Apple è da tempo accusata di pratiche scorrette messe in atto attraverso politiche giudicate anticoncorrenziali.

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Dani Lever, una portavoce di Facebook sentita dal WSJ, ha contestato la descrizione della disputa tra Apple e Facebook in termini di scelta tra privacy e pubblicità personalizzata, perché Facebook offre entrambe le scelte. «Apple afferma che sia questione di privacy, ma è una questione di profitti», ha detto Lever. L’obiettivo delle autorità e degli enti antitrust statunitensi è principalmente quello di non imporre regolamentazioni che finiscano per proteggere gli operatori storici a danni di quelli emergenti, favorendo una radicalizzazione dei monopoli attuali. «Facebook continua a esprimere il suo sostegno alla “regolamentazione di Internet”, ma non è perché vuole aiutare la concorrenza», ha detto al WSJ il senatore repubblicano dello Utah Mike Lee, membro della sottocommissione competente in materia di antitrust.

Il rapporto tra Apple e Facebook non è sempre stato così conflittuale, ricorda il WSJ. Nel 2014 le ostilità di Apple sembravano maggiormente concentrate su Google e nello specifico sulla concorrenza rappresentata dal sistema operativo Android. È in quel contesto che Cook definì Facebook «un partner». La rapida crescita del mercato degli smartphone in generale e di quello degli iPhone aveva indotto Facebook a investire sempre di più sulle app. E questo aveva riattivato e intensificato un lungo dibattito preesistente sulla privacy degli utenti, qualcosa su cui Apple stava già da tempo lavorando internamente. «Chiediglielo. Chiediglielo ogni volta. Fai in modo che l’utente ti dica di smettere di chiederglielo, se si è scocciato della domanda. Fagli sapere con precisione cosa farai con i suoi dati», disse Steve Jobs a proposito della condivisione dei dati personali online, durante un evento organizzato dal Wall Street Journal nel 2011.

Gli attriti aumentarono dopo il rafforzamento delle procedure e dei sistemi di sicurezza dei dispositivi da parte di Apple e in seguito ad alcune allusioni di Cook al fatto che la raccolta di informazioni non fosse il core business di Apple, ma piuttosto di altre aziende che traevano profitto da quel tipo di attività. Quelle dichiarazioni infastidirono Zuckerberg, e altri dirigenti e dipendenti di Facebook considerarono ipocrita l’atteggiamento di Cook visto che una parte rilevante degli affari di Apple si estendeva in Cina, un paese in cui la protezione dei dati personali non è esattamente considerata una priorità. Circolava inoltre sempre più insoddisfazione riguardo ai tempi impiegati da Apple per l’approvazione degli aggiornamenti delle app di Facebook.

Un incontro tra Cook e Zuckerberg per cercare di mitigare gli effetti dei contrasti crescenti fu organizzato nel 2017, durante un evento annuale tra i dirigenti dei media e delle grandi aziende tecnologiche a Sun Valley, nell’Idaho. Non andò bene, scrive il WSJ. Secondo alcune persone intervenute durante quella conversazione, Zuckerberg criticò Cook per i rallentamenti nelle revisioni delle app e fece riferimento ad altre divergenze tra le due società. Cook non si mostrò disposto a cedere sul punto, e questo irritò ulteriormente il suo interlocutore.

Nel 2018 Facebook ritirò una sua app di sicurezza dei dati chiamata Onavo dopo che Apple scoprì che violava le politiche aziendali relative alla raccolta dei dati. L’anno successivo, dopo aver scoperto altre applicazioni che aggiravano le regole, Apple vietò anche un’app di ricerca e una serie di altre app per sviluppatori utilizzate dai dipendenti di Facebook.