Il vaccino di Johnson & Johnson ha un’efficacia del 66 per cento

Negli Stati Uniti ha raggiunto il 72 per cento, in Sudafrica dove c'è una variante più contagiosa del coronavirus il 57 per cento, ma è più pratico di quelli già autorizzati e richiede una sola dose

(Johnson & Johnson)
(Johnson & Johnson)

La multinazionale statunitense Johnson & Johnson (J&J) ha annunciato che il proprio vaccino contro il coronavirus ha fatto rilevare un’efficacia del 66 per cento nella sua terza e ultima fase di sperimentazione. I risultati sono preliminari, ma confermano i dati positivi fatti riscontrare dai precedenti test clinici e potrebbero portare a un’autorizzazione del nuovo vaccino già a febbraio. La percentuale di efficacia è inferiore al 95 per cento circa fatta riscontrare dai vaccini già autorizzati di Pfizer-BioNTech e Moderna, ma la soluzione di J&J richiede una sola somministrazione ed è più pratica da conservare, senza la necessità di potenti congelatori.

Il vaccino di J&J ha fatto rilevare in media un’efficacia del 66 per cento nel prevenire forme moderate di COVID-19, a 28 giorni dalla somministrazione del vaccino. L’efficacia è però variata molto a seconda dei luoghi in cui sono stati svolti i test clinici. Negli Stati Uniti è stata del 72 per cento, nel Sudamerica del 66 per cento e nel Sudafrica del 57 per cento. In quest’ultimo caso i ricercatori ritengono che la diffusione della cosiddetta “variante sudafricana”, che rende più contagioso il coronavirus, abbia ridotto l’efficacia. Se così fosse, ci sarebbero ulteriori elementi per cercare di isolare il più possibile la variante, evitando che si diffonda altrove.

In generale, il vaccino ha ridotto le forme gravi di COVID-19 dell’85 per cento, con buone potenzialità per abbassare il tasso dei ricoveri e dei decessi tra i partecipanti alla sperimentazione.

I risultati comunicati oggi derivano da un’analisi preliminare su test clinici che hanno coinvolto oltre 44mila partecipanti, con 468 casi di COVID-19 rilevati durante la sperimentazione. I ricercatori non hanno riscontrato particolari effetti avversi e il vaccino si è confermato sicuro, con risultati in linea con le precedenti fasi di sperimentazione.

J&J dovrebbe fare domanda per un’autorizzazione di emergenza negli Stati Uniti la prossima settimana, poi saranno necessari alcuni giorni da parte della Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di farmaci, per valutare i dati ed eventualmente autorizzare il vaccino. La società dovrebbe avere da subito a disposizione circa 7 milioni di dosi e ha l’obiettivo di consegnare altri 30 milioni entro i primi giorni di aprile.

A differenza dei vaccini di Pfizer-BioNTech, Moderna e altri produttori, quello di J&J richiede una sola somministrazione: questo dovrebbe consentire di procedere più speditamente con le vaccinazioni e rendere più semplice la gestione della campagna vaccinale.

Il vaccino di J&J è atteso anche in Europa, dove la Commissione Europea nei mesi scorsi aveva contrattato la fornitura di almeno 200 milioni di dosi, con un’opzione per acquistarne altri 200 milioni. La società potrebbe però avere qualche problema nel raggiungere da subito alti livelli di produzione, rendendo più difficile l’approvvigionamento delle dosi per i membri dell’Unione Europea.

J&J ha basato il proprio vaccino su un adenovirus che non causa particolari problemi di salute, nel quale è stato inserito un gene contenente le istruzioni per produrre una proteina del coronavirus. Quando si riceve una dose, gli adenovirus inducono alcuni tipi di cellule a produrre copie della proteina, che viene poi riconosciuta come una minaccia dal sistema immunitario. In questo modo, il nostro organismo impara a sviluppare una difesa contro la proteina del coronavirus, senza dover entrare in contatto con il coronavirus vero e proprio, evitando i rischi del caso.