Per Conte le cose si stanno complicando

Lo scenario di un suo nuovo governo senza Italia Viva è sempre meno probabile, e si parla di una sua possibile sostituzione

Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, Roma, 26 gennaio 2021 (EPA/FILIPPO ATTILI, ANSA)
Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, Roma, 26 gennaio 2021 (EPA/FILIPPO ATTILI, ANSA)

Dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, mercoledì pomeriggio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella inizierà le consultazioni con cui chiederà ai partiti se sono disposti a sostenere un nuovo governo, e guidato da chi. L’esito della crisi non è scontato, e restano aperti diversi scenari. Rispetto ai giorni scorsi, però, l’ipotesi che la crisi si chiuda con un terzo governo Conte senza Italia Viva nella maggioranza si sta indebolendo, secondo le cronache e i retroscena, pur rimanendo ancora tra quelle possibili. E in generale, è proprio lo scenario di un terzo governo Conte a essersi complicato, rispetto ai giorni scorsi in cui era descritto come il più probabile.

Il piano di Conte è quello di riottenere da Mattarella l’incarico di formare un nuovo governo trovando una maggioranza più ampia di quella che aveva votato la fiducia la scorsa settimana, e senza i voti di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi da cui era partita la crisi politica. Nella serata di ieri diversi giornali, citando fonti parlamentari, hanno annunciato la nascita di un gruppo al Senato, che si chiamerebbe “Europeisti Maie Centro Democratico”, e che oggi dovrebbe costituirsi anche alla Camera. Del gruppo faranno parte, tra gli altri, Andrea Causin e Maria Rosaria Rossi, ex di Forza Italia espulsi dal partito per aver votato la fiducia al governo Conte.

Durante l’attuale legislatura, nella componente del Maie (Movimento Associativo Italiani all’Estero) sono confluiti cinque deputati eletti con il Movimento 5 Stelle, e un senatore. Centro Democratico è invece il partito di Bruno Tabacci, che aveva dato un appoggio costante all’esecutivo e che, con l’inizio della crisi politica, aveva a sua volta accolto diversi nuovi deputati. Secondo le regole, un gruppo parlamentare autonomo dovrebbe essere composto da 10 membri al Senato e da 20 alla Camera.

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A livello numerico, però, il nuovo gruppo sarebbe a saldo zero per Conte, perché composto da parlamentari che già avevano dato la fiducia al governo la settimana scorsa. I numeri di Conte al Senato resterebbero insomma quelli di prima: con la fiducia aveva ottenuto 156 voti. A questo numero va aggiunto il voto di un parlamentare del M5S positivo al coronavirus, ma vanno sottratti i 3 voti dei senatori a vita: si arriverebbe, dunque, a 154 senatori, sette in meno della maggioranza assoluta. Un nuovo gruppo senza parlamentari che finora erano stati all’opposizione non basterebbe a Conte per avere una maggioranza solida.

Resta da vedere se, nelle prossime ore, “Europeisti Maie Centro Democratico” riuscirà a raccogliere nuovi “responsabili”, rendendo così non determinante Italia Viva.

Ieri sera, su Facebook, Conte ha lanciato un nuovo appello ai responsabili, lasciando però intendere che ogni schema è possibile, compreso dunque quello con Italia Viva di nuovo in maggioranza. Ha scritto che «è il momento che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica», che le sue dimissioni «sono al servizio di questa possibilità», e che «serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista». Rivolgendosi implicitamente a chi lo ha contestato, Conte ha ammesso che a volte «i risultati raggiunti e le risposte date non sono apparsi all’altezza delle aspettative dei cittadini».

E per la prima volta non ha legato la sopravvivenza della legislatura al proprio nome, riconoscendo esplicitamente che il prossimo presidente del Consiglio potrebbe non essere lui: «L’unica cosa che davvero rileva, al di là di chi sarà chiamato a guidare l’Italia, è che la Repubblica possa rialzare la testa».

Se l’operazione di trovare una maggioranza senza Italia Viva non andasse a buon fine, il partito di Renzi diventerebbe determinante per un nuovo governo. Sarà proprio l’ex presidente del Consiglio a guidare la delegazione del suo partito al Quirinale per le consultazioni: secondo i retroscena non dovrebbe proporre nomi, ma non dovrebbe nemmeno porre veti su un possibile Conte-ter. Ieri sera, nella sua newsletter, ha scritto: «Al Quirinale senza pregiudizi». Teresa Bellanova, ex ministra delle Politiche agricole di Italia Viva, ha a sua volta dichiarato: «Per noi c’è Conte ma non solo lui». Italia Viva non ha dunque escluso un reincarico a Conte, al quale eventualmente progetta di porre condizioni sia sui contenuti del nuovo patto di legislatura, sia sui nomi del nuovo governo. Perché tutto questo avvenga, però, il Movimento Cinque Stelle e il PD dovrebbero a loro volta essere disponibili ad accettare di nuovo Renzi nella maggioranza: un’ipotesi sgradita a un pezzo significativo dei due partiti.

Durante le consultazioni al Quirinale, il PD, il Movimento Cinque Stelle e Liberi e Uguali sosterranno Conte, stando almeno alle dichiarazioni formali fatte fin qui. Ma il capogruppo del PD al Senato Andrea Marcucci, come ha scritto oggi sul Corriere della Sera Francesco Verderami, «sostiene che non si potrà restare inchiodati “a tutti i costi” su un unico nome. Per una parte dei dem, schiacciarsi sull’avvocato del popolo rischia di essere in prospettiva esiziale, ed è una concessione che in passato non è stata riservata nemmeno a Prodi e ai segretari del PD». Anche il PD, come Renzi, potrebbe dunque aprirsi all’ipotesi di un nome alternativo.

E oggi, sui giornali, circolano i nomi di altri possibili candidati appartenenti alla stessa maggioranza. Tra gli altri, si fanno i nomi di Luigi Di Maio, di Roberto Fico, attuale presidente della Camera, o di Dario Franceschini, l’attuale ministro della Cultura, del PD.