La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Ungheria per il mancato rispetto delle regole sull’asilo e per i rimpatri illegali

Il confine tra Serbia e Ungheria, nel 2015 (Chris McGrath/Getty Images)
Il confine tra Serbia e Ungheria, nel 2015 (Chris McGrath/Getty Images)

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea – l’organo che deve garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati fondativi dell’Unione – ha condannato l’Ungheria per il mancato rispetto delle regole sull’asilo e per i rimpatri illegali. La sentenza del 17 dicembre della Corte si riferisce in particolare a una legge adottata dal governo ungherese nel 2015 in risposta alla crisi migratoria: la legge prevedeva l’istituzione di zone di transito al confine serbo-ungherese in cui ospitare i migranti, valutare le loro richieste di asilo ed effettuare i respingimenti verso la Serbia. Nel 2017 è stata poi introdotta una nuova legge ancora più dura, che aveva eliminato il periodo massimo di detenzione di un richiedente asilo, che era di quattro settimane.

La Corte ha stabilito che «l’Ungheria è venuta meno al proprio obbligo di garantire un accesso effettivo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale, in quanto i cittadini di paesi terzi che desideravano accedere, a partire dalla frontiera serbo-ungherese, a tale procedura si sono trovati di fronte, di fatto, alla quasi impossibilità di presentare la domanda». La Corte aggiunge anche che, nonostante l’obbligo dei migranti di restare in una zona di transito durante la procedura di esame della loro domanda rientri nelle regole della direttiva europea sull’accoglienza, in Ungheria «il sistema di trattenimento è stato instaurato al di fuori dei casi previsti dal diritto dell’Unione e senza rispettare le garanzie che devono normalmente disciplinarlo».

La Corte ha inoltre condannato l’Ungheria per aver respinto i migranti oltre i confini senza rispettare le regole sui rimpatri e di non aver rispettato il diritto di qualsiasi richiedente protezione internazionale, «di rimanere nel territorio dello stato membro interessato dopo il rigetto della sua domanda, fino alla scadenza del termine previsto per la presentazione di un ricorso avverso tale rigetto o, se è stato presentato un ricorso, fino all’adozione di una decisione su quest’ultimo».