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  • Mercoledì 18 novembre 2020

Il Messico sta per legalizzare la marijuana, con qualche polemica

Lo ha imposto la Corte Suprema del paese, ma gli attivisti pro marijuana sostengono che la nuova legge favorisca troppo le grandi aziende

(AP Photo/Fernando Llano)
(AP Photo/Fernando Llano)

Il Messico legalizzerà la vendita e il consumo di marijuana in tutto il paese. Un disegno di legge molto atteso è in discussione in questi giorni nel Senato del paese, e potrebbe essere approvato a breve. È una decisione importante, in un paese in cui il traffico di marijuana è ancora una delle principali fonti di reddito dei cartelli del narcotraffico. Con la legalizzazione, il governo spera di ridurre l’influenza dei narcos, svuotare le prigioni di piccoli spacciatori e consumatori, creare un mercato fiorente di marijuana legale, sia a scopo medico sia ricreativo, e incassare imposte grazie alla regolarizzazione del traffico illecito.

Legalizzando la marijuana a livello federale anche per usi ricreativi e non soltanto medici, il Messico entrerebbe in un gruppo di stati ristretto e molto recente: finora l’hanno fatto soltanto Canada, Georgia, Sudafrica e Uruguay, più molti stati americani e territori dell’Australia. Ci sono tuttavia dei problemi: gli stessi attivisti per la legalizzazione che per anni hanno combattuto per rendere legali vendita e consumo adesso criticano le regole che il governo intende emanare, perché penalizzerebbero i piccoli coltivatori in favore delle grandi aziende.

Il Parlamento è tenuto legalmente ad approvare una legge per la legalizzazione della marijuana entro il 15 dicembre. Nel 2018 la Corte Suprema del paese emanò una sentenza che definiva incostituzionale la proibizione della marijuana, e imponeva alle istituzioni di agire: dopo lunga attesa, ormai l’approvazione di una nuova legge è vicina.

Per molti analisti la legalizzazione è una buona notizia, specie se si considera che potrebbe economicamente danneggiare le organizzazioni criminali. Non è soltanto un’opinione degli attivisti: due ex presidenti messicani, Vicente Fox (2000-2006) ed Ernesto Zedillo (1994-2000), sono apertamente a favore della legalizzazione, e Fox è da anni molto attivo sul tema, con appelli e iniziative. Un altro, Felipe Calderón (2006-2012), ha detto più volte che servono alternative «di mercato» allo spaccio illegale. Tutti e tre questi presidenti, però, hanno cominciato ad approvare la legalizzazione soltanto dopo la fine del loro mandato: mentre erano in carica, al contrario, hanno sostenuto con forza la guerra alla droga, con l’aiuto degli Stati Uniti.

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La coltivazione della marijuana in Messico è vecchia di secoli, e il suo commercio illegale su larga scala da parte dei cartelli del narcotraffico è cominciato negli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso. Da allora, i cartelli hanno diversificato il loro business, ma la marijuana rimane una parte importante degli affari: le stime variano dal 20 al 50 per cento delle entrate illecite. Non è ancora chiaro fino a che punto la legalizzazione della marijuana danneggi i cartelli del narcotraffico. Un rapporto del Congresso americano ha riconosciuto che a causa della legalizzazione in molti stati degli Stati Uniti i cartelli sono stati costretti a diversificare, e probabilmente hanno subìto un danno ai loro affari. Ma il governatore della California, Gavin Newsom, ha detto l’anno scorso che da quando lo stato ha legalizzato la marijuana la situazione delle coltivazioni illegali «è peggiorata, non migliorata».

In ogni caso, negli anni il Messico si è spostato lentamente verso la legalizzazione: nel 2009 fu approvata una legge che depenalizzava il possesso di piccole quantità di marijuana e nel 2017 fu depenalizzato l’uso medico di prodotti con non più dell’1 per cento di THC, il principio attivo della cannabis. Infine, nel 2018, è arrivata la sentenza della Corte Suprema sulla legalizzazione. Da allora, però, il governo ha continuamente rimandato l’emanazione di un disegno di legge, anche se sarebbe legalmente obbligato a farlo. Quest’estate, per fare pressione sulla politica e denunciare i ritardi, gli attivisti per la legalizzazione hanno piantato nelle aiuole di fronte al Senato messicano centinaia di piante di marijuana, che non sono ancora state rimosse.

Ormai la nuova legge sulla legalizzazione è quasi ufficiale. Il problema è che molti attivisti che hanno lottato per la sua promulgazione adesso ritengono che sia una legge sbagliata. Secondo la proposta in discussione, i consumatori di marijuana legale dovranno ottenere una licenza e iscriversi in un registro nazionale presso un nuovo ente, l’Istituto messicano per la regolazione e il controllo della cannabis: questo provvedimento potrebbe spingere molti cittadini a rimanere nell’illegalità. La coltivazione di marijuana per uso personale è limitata a quattro piante, che secondo molti sono troppo poche, specie se la coltivazione è fatta per ragioni mediche. Chi possiede più di 28 grammi di sostanza rischia multe, chi ne possiede più di 200 grammi rischia la prigione (attualmente il limite è 5 grammi).

La coltivazione ai fini della vendita, invece, sarebbe regolata da così tante norme da diventare quasi impossibile per i piccoli coltivatori: ogni pianta deve essere controllata e certificata dalla semina alla vendita, servono test e controlli di qualità, e così via. Negli scorsi giorni le associazioni per la legalizzazione della marijuana hanno protestato davanti al Senato, chiedendo che le loro richieste siano accolte nella nuova legge.

I controlli molto severi servono a evitare che i gruppi del narcotraffico si riciclino nel commercio legale, magari usando dei prestanome. D’altro canto, dicono gli attivisti, tutte queste misure impediranno ai piccoli coltivatori di marijuana nel Messico rurale di ottenere una licenza per la vendita, e favoriranno le grandi aziende. Come ha scritto Reuters, gli agricoltori potranno soltanto coltivare la marijuana attraverso delle partnership con le grosse aziende del settore, le uniche che possono permettersi le certificazioni. Questo è un problema perché la coltivazione di marijuana in Messico è fatta spesso da piccoli agricoltori: si stima che nella coltivazione illegale siano coinvolte circa 200 mila famiglie.

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Il mercato della marijuana legale è giovane ma ha già le sue multinazionali. Aziende come Canopy Growth e The Green Organic Dutchman, rispettivamente americana e canadese, valgono centinaia di milioni di dollari, se non miliardi, e hanno un business di portata mondiale. Canopy Growth, che è il principale produttore di cannabis al mondo, ha già degli uffici in Messico ed è pronta a entrare nel mercato locale, che secondo la compagnia di analisi New Frontier Data potrebbe valere 2 miliardi di dollari e creare tra i 50 mila e i 75 mila posti di lavoro.

Il mercato globale della marijuana è fiorente: se si considera nella sua interezza, sia legale sia illegale, è un settore economico enorme, che secondo New Frontier valeva 344 miliardi di dollari nel 2019. A confronto, il mercato legale è molto piccolo: valeva 17,7 miliardi di dollari sempre nel 2019, secondo le stime di Grand View Research, un’altra azienda di analisi. Il mercato legale però è in forte crescita: dovrebbe valere 73 miliardi di dollari nel 2027, spinto soprattutto dall’utilizzo ricreativo e dalle legalizzazioni. Soltanto alle elezioni americane di questo mese, New Jersey, South Dakota, Montana e Arizona hanno legalizzato la marijuana per uso ricreativo tramite referendum, aggiungendosi a 11 altri stati in cui già era legale, mentre il Mississippi e ancora il South Dakota l’hanno legalizzata per uso medico.