• Mondo
  • Venerdì 6 novembre 2020

Perché i Repubblicani sono rossi e i Democratici blu

Nelle mappe elettorali, e non solo su quelle, i due partiti statunitensi sono ormai sempre associati ai due colori, ma è una convenzione piuttosto recente

Una mappa mostrata il 4 novembre da CNN
Una mappa mostrata il 4 novembre da CNN

In tutte le mappe elettorali di questi giorni i vari stati americani si sono colorati (e in certi casi ancora devono colorarsi) di rosso o di blu. Il rosso è associato a Donald Trump e quindi ai Repubblicani; il blu a Joe Biden, e quindi ai Democratici. È una convenzione ormai diffusissima, al punto che spesso si parla addirittura di “stati rossi” o “stati blu”. Ma è una convenzione relativamente recente, che si è consolidata con le elezioni del 2000, quelle vinte da George W. Bush e perse – per pochissimo – da Al Gore. Prima di quell’anno era spesso capitato il contrario (rosso per i Democratici e blu per i Repubblicani) ed era anche successo che qualcuno scegliesse, per le rappresentazioni delle mappe elettorali, altri colori, come il giallo o il verde.

– Leggi anche: Tutte le mappe elettorali americane

La storia di perché certi colori finiscono per attaccarsi e quasi identificarsi con certi partiti, movimenti o ideali politici è tortuosa e non sempre chiara da ricostruire, e in certi casi è legata a specifiche peculiarità di un singolo paese. Si può certo dire, però, che ancora prima che esistessero gli Stati Uniti in gran parte della cultura occidentale il rosso era il colore della sinistra. Prima ancora delle camicie rosse garibaldine o dell’arrivo del comunismo, un forte contributo a questa identificazione cromatica lo diede la Rivoluzione francese.

– Leggi anche: Perché il rosso era il colore della sinistra

E anche negli Stati Uniti, in particolare negli anni della Guerra Fredda, il rosso fu ovviamente associato all’Unione Sovietica. Comunque, per buona parte del Novecento, nessuno si preoccupò più di tanto di assegnare un colore ai Democratici e uno ai Repubblicani (né tantomeno agli altri partiti): i giornali erano stampati in bianco e nero e senza colori erano anche i primi televisori. Dalla metà degli anni Settanta, quando circa una casa americana su due aveva un televisore a colori, iniziarono a diffondersi le mappe elettorali colorate. Nel 1976 – per raccontare le elezioni presidenziali poi vinte dal Democratico Jimmy Carter e perse dal Repubblicano Gerald Ford – la NBC usò per esempio una mappa elettorale “elettronica” (che tra l’altro rischiò di sciogliersi per il troppo calore), con lampadine rosse che si accendevano per gli stati assegnati a Carter e lampadine blu per gli stati assegnati a Ford.

È probabile che i colori furono scelti basandosi sul Regno Unito, dove il rosso è storicamente il colore del partito laburista e il blu quello del partito conservatore. Ma, come detto, quell’anno e negli anni a venire altre emittenti, e poi altri giornali e siti internet fecero scelte diverse. In certi casi scegliendo il colore in base al partito del presidente in carica, e in certi altri casi puntando – per diversificarsi – su colori diversi dal rosso e dal blu, tra l’altro i colori dominanti della bandiera degli Stati Uniti.

Nelle elezioni presidenziali degli anni Ottanta e Novanta, quindi, due elettori non si sarebbero intesi granché se incontrandosi per strada si fossero messi a parlare di “stati rossi” e “stati blu”, perché poteva succedere che media diversi usassero colori diversi, o che da una elezione all’altra un giornale o un canale televisivo decidesse di invertire o cambiare i colori usati fino a quel momento.

Visto però che non era in effetti il più pratico degli approcci, con l’avvicinarsi delle elezioni del Duemila ci fu una generale convergenza verso l’associazione del rosso con i Repubblicani e del blu con i Democratici. Visto che di quelle elezioni si parlò molto e molto a lungo, le mappe diventarono specialmente importanti e presenti e quindi, senza che nessuno l’avesse davvero deciso prima, quelle elezioni contribuirono a imprimere nella testa di molti l’idea che i Democratici fossero blu e i Repubblicani rossi. E già negli ultimi mesi del 2000, mentre si aspettava un risultato definitivo dopo il voto del 7 novembre, alcuni commentatori politici iniziarono a fare riferimento a “stati rossi” e “stati blu”.

– Leggi anche: Breve storia dei cartelli elettorali da giardino

Il 2000 fu anche il primo anno in cui il New York Times pubblicò una versione a colori delle sue mappe elettorali. Qualche anno fa Archie Tse, che era responsabile della parte grafica del giornale, spiegò che la scelta fu fatta perché “rosso” e “Repubblicano” iniziano entrambi per “r” e che quindi sembrava «un’associazione naturale». Paul Overberg, che quell’anno si era occupato della mappa a colori per USA Today, spiegò invece di aver scelto il rosso per i Repubblicani e il blu per i Democratici perché «a quel punto era quello che facevano tutti».


Ci furono, quell’anno, alcuni casi di siti o canali che, almeno all’inizio, avevano scelto di andare controcorrente e usare i colori invertiti; ma la corrente prevalse e finirono per adattarsi e uniformarsi, per non confondere lettori e spettatori.


Ora, negli Stati Uniti, il blu e il rosso sono così profondamente associati ai Democratici e ai Repubblicani che, anche prima delle elezioni e delle mappe elettorali, i due colori sono spesso presenti in loghi, manifesti e campagne pubblicitarie. Pensate, per esempio, ai famosi – e sempre rossi – cappellini “Make America Great Again”.

– Leggi anche: Com’è nato “Make America Great Again”