Una canzone dei Runnner

Con tre enne, sì: qualcosa di nuovo, ogni tanto

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, ci si iscrive qui.
È uscito un disco nuovo dei Mountain Goats (qui la loro canzone di cui parlammo): come tutti i loro dischi ha metà canzoni molto belle e metà un po’ fastidiose. Provate questa.
Kevin Rowland, non so se vi ricordate. Geniale e bizzoso leader dei Dexys Midnight Runners, ne parlammo qui accennando anche a quel catastrofico periodo in cui fu massacrato dalla stampa britannica per il modo in cui si era conciato su una copertina di un suo successivo disco da solo. Beh, mi era sfuggito che – in promozione della ristampa di quel disco – prima dell’estate aveva fatto un nuovo video di una delle canzoni che un po’ racconta quella storia per immagini e un po’ si toglie dei sassolini dalle scarpe, con l’aiuto di suo nipote.
Il Guardian ha un estratto della conversazione tra Cameron Crowe e Joni Mitchell inserita in un cofanetto di ristampe di Mitchell che sta per uscire.
Constato con qualche temporaneo sollievo che oggi è un raro caso in cui sono ancora tutti vivi, in questa newsletter.
E grazie delle mail, dei complimenti, dei ringraziamenti. We go together, like rama lama lama ka dinga da dinga dong.

Ur name on a grain of rice
Scoprire bella musica nuova è un lavoro che puoi fare solo se è il tuo lavoro principale o sei molto giovane: a me non capita nessuna delle due cose (beh, voi vi siete abbonati al Post e mi pagate lo stipendio anche per fare questa newsletter: ma posso cavarmela ancora a lungo con le cose vecchie) e quindi da diversi anni fatico a stare dietro come un tempo. E non è nemmeno facile trovare un posto online che faccia una buona selezione delle nuove uscite, che continuano a essere tantissime e per lo più insignificanti.

Con i Runnner (tre enne) è andata così: saltando di palo in frasca su Spotify due mesi fa ho trovato una cantautrice, californiana d’adozione: non male, si fa chiamare come se fosse una band di death metal – Skullcrusher – e nel tempo che ascoltavo questa sua bella canzone ho letto in giro che il suo produttore e motivatore è il suo fidanzato e musicista anche lui, Noah Weinman, capo di una band, i Runnner (tre enne).
E insomma quando due settimane fa in una delle tante liste sterminate e indecifrabili di nuove uscite che circolano ho notato quelle tre enne, it rang a bell, come dicono gli americani. Anche i Runnner hanno fatto un EP, cinque canzoni, ed è molto bello. Bella copertina, anche loro.

Ur name on a grain of rice ha diverse cose: la rimozione di strofe e ritornello, come nelle altre canzoni del disco, la creativa combinazione di voce, chitarre e percussioni col sassofono e il banjo, e dei momenti speciali. Tipo quando lui dice, sospeso:
Maybe I loved you
Or maybe I wanted to

O come alza il tono in:
And I hate talking on the phone

Questa cosa di rifarsi vivi con le persone, una delle poche cose buone dei lockdown.
And I should call but I’m afraid
Of what you’re gonna say
Notice all the ways I’ve changed
And all the ways I’ve stayed the same


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