In India Internet passa per quest’uomo

Mukesh Ambani è l'uomo più ricco dell’Asia, è il capo di un grande gruppo industriale forte nel digitale ed è molto amico del governo di Narendra Modi

(AP Photo/Rajanish Kakade)
(AP Photo/Rajanish Kakade)

Mukesh Ambani è un miliardario indiano, il proprietario di Reliance, un enorme gruppo industriale e tecnologico, e l’uomo più ricco di tutta l’Asia. La sua ricchezza personale è di 80 miliardi di dollari e le sue imprese sono così importanti per l’India che, come ha scritto il Financial Times in un ritratto da poco pubblicato, “le sue ambizioni sono intrecciate con quelle della nazione”.

Reliance Industries è nata come multinazionale dell’energia (soprattutto raffinazione del petrolio e gas naturale) fondata nel 1973 dal padre di Mukesh, Dhirubhai Ambani. Dalla morte di Dhirubhai, nel 2002, a oggi, Mukesh ha trasformato Reliance in un “conglomerato”  – come nel gergo finanziario viene definito un gruppo industriale con attività e rami produttivi anche molto diversi tra loro  – che ha fatto di lui “il più importante tycoon dell’India dell’inizio del Ventunesimo secolo”, sempre secondo il Financial Times. Per ottenere questo obiettivo, Mukesh ha rimosso gli ostacoli al suo business con metodi spesso contestati, ha stabilito una relazione molto stretta con il governo dell’India e ingaggiato una lotta feroce con suo fratello Anil, con cui si era spartito le industrie del padre. La lotta è finita con Mukesh vincitore e Anil in bancarotta, contestato dai debitori.

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Oggi il gruppo guidato da Mukesh Ambani è ancora il più grande conglomerato energetico indiano, inoltre gestisce il più importante business del commercio al dettaglio del paese, possiede alcuni giornali e riviste, gestisce una scuola e un ospedale e ha una squadra di cricket che gioca nella Premier League indiana, la più competitiva. Ambani e la sua famiglia vivono in un grattacielo a Mumbai costruito apposta per loro, con tre eliporti, palestre e spazio per centinaia di persone dello staff. Il grattacielo ha un valore stimato di un miliardo di dollari e potrebbe essere la residenza privata più costosa del mondo.

La più importante tra le imprese che hanno trasformato Reliance in un conglomerato moderno è Jio, che in teoria è un operatore telefonico lanciato da Reliance nel 2016, in pratica è l’azienda tramite cui Ambani vuole creare la prima grande multinazionale tecnologica indiana, capace di rivaleggiare con la cinese Alibaba e con la Silicon Valley americana. Soprattutto, anche grazie alla vicinanza tra Ambani e il governo, secondo molti analisti Jio è l’elemento più importante di tutto l’ecosistema digitale dell’India, come ha scritto qualche tempo fa Ben Thompson, analista molto famoso di cose tecnologiche e autore della newsletter Stratechery, secondo cui la strategia di sviluppo dell’India in una potenza di internet passa per Jio.

Il grattacielo Antilia a Mumbai, dove vive la famiglia Ambani. ( EPA/DIVYAKANT SOLANKI)

Jio ha cambiato completamente il panorama delle telecomunicazioni in India. In un paio d’anni, tra il 2016 e il 2018, Ambani investì 32 miliardi di dollari, una somma enorme, per costruire una rete 4G che coprisse tutta l’India. La realizzazione della rete è di per sé un successo: ai vecchi operatori telefonici sono serviti decenni per costruire una rete 2G, quindi di vecchia generazione, che coprisse gran parte dell’India. Jio è riuscito a costruire da zero una rete 4G in due-tre anni. L’investimento è stato anche molto intelligente: fin da subito, Jio ha costruito una rete che portasse esclusivamente dati e questo ha fatto sì che i costi fossero molto ridotti e il ritorno sull’investimento molto elevato, perché sulle reti dati è possibile creare numerosi servizi.

Per esempio, siccome le telefonate con Jio si fanno tramite internet e non tramite le rete telefonica mobile tradizionale, e siccome le chiamate tramite internet consumano molti pochi dati, per anni Jio è stato l’unico operatore indiano a offrire chiamate illimitate gratuite. Grazie a tariffe molto vantaggiose, e a quella che i critici hanno definito come una politica dei prezzi anticoncorrenziale, Jio ha ottenuto 150 milioni di nuovi clienti soltanto nei primi 18 mesi d’esistenza – oggi sono più di 300 milioni. Jio si è diffuso anche tra le classi più povere della popolazione e nei centri più piccoli, spiazzando gli operatori tradizionali che concentravano la loro strategia sui ceti più ricchi e sugli abitanti delle grandi città. Jio ha cambiato il mercato delle telecomunicazioni indiano, il secondo più grande del mondo dopo quello cinese, come nessun’altra azienda prima.

Il successo di Jio è anche merito, almeno in parte, dei rapporti eccellenti che Ambani ha con il governo indiano, e soprattutto con il primo ministro Narendra Modi. In più di un’occasione, in questi anni, l’azienda è stata accusata di aver ricevuto un trattamento di favore dalle autorità. L’anno scorso, per esempio, tutti e tre i principali operatori telefonici indiani, Airtel, Vodafone Idea e Jio, sono stati condannati a versare cifre molto alte per una serie di vecchi pagamenti mancati. Airtel e Vodafone Idea hanno dovuto pagare miliardi di dollari, ma Jio, che è sul mercato da pochi anni, ha dovuto pagare soltanto 2 milioni. In alcuni casi il sostegno dell’azienda al governo è stato esplicito. Sui telefoni marchiati Jio, di recente gli indiani si sono trovati preinstallata la app “NaMo”, che sta per Narendra Modi e che è la app con cui il primo ministro si tiene in contatto con i suoi seguaci (secondo i critici è un’app propagandistica).

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Oggi, dunque, Jio è l’operatore telefonico più grande dell’India, in alcuni settori quasi monopolista. L’obiettivo di Ambani, che in parte si sta già realizzando, è quello di rendere l’azienda dominante non soltanto nelle telecomunicazioni, ma anche nei servizi tecnologici. Negli eventi ufficiali, Ambani dice che la sua strategia è fatta di «due pilastri»: la “connettività digitale”, già ottenuta, e le “piattaforme digitali”. Approfittando del fatto che già fornisce internet a centinaia di milioni di indiani, Jio vuole anche fornire loro applicazioni e servizi, e tra questi l’azienda cita i media, i servizi finanziari, l’ecommerce, la sanità, la gestione delle smart city e altri. Questi servizi hanno margini di guadagno molto più alti di quelli che si ottengono con il business delle telecomunicazioni, e farebbero di Jio un conglomerato digitale che domina la gran parte dei settori dell’economia di internet. Alcuni di questi servizi sono già attivi, come per esempio l’app di ecommerce JioMart, altri sono soltanto un progetto, per ora.

Questa strategia si chiama “verticalizzazione”, è piuttosto comune ed è molto efficace. In pratica, un’azienda diventa “verticale” quando prende il controllo di più di un aspetto del settore in cui opera. Quando Amazon cerca di crearsi il proprio servizio di consegne così da non dover più dipendere dai corrieri e controllare un pezzo in più della filiera, si sta “verticalizzando”.

Per ragioni di antitrust e di opportunità, in Occidente e in Cina a nessun operatore telefonico è riuscito di diventare anche una grossa piattaforma di servizi digitali. In Italia sarebbe come se un operatore telefonico oltre a possedere le infrastrutture di rete integrasse anche le funzioni di Facebook e Amazon. Ma se Jio ci riuscisse diventerebbe probabilmente un’azienda strategica per internet in India. Ambani ne è consapevole ed è per questo che presenta Jio come un “campione nazionale” indiano, cioè un’azienda in cui l’interesse di business e l’interesse nazionale del paese che la ospita coincidono.

A luglio, durante un grande evento per presentare la strategia di Jio, Ambani ha insistito molto su questo tema. Ha detto che l’obiettivo di Jio è creare «prosperità per il nostro popolo», ha mostrato una presentazione in cui si dice che «il momento dell’India è arrivato davvero» e nel presentare i progetti per la costruzione della rete 5G (c’è anche il 5G, ovviamente) ha dedicato esplicitamente il progetto al primo ministro e alla sua strategia “Atmanirhbhar Bharat”, che significa “India autosufficiente” ed è uno degli slogan nazionalisti di Modi.

Il fermo immagine di una conferenza di Jio a luglio.

A confermare il fatto che Jio è considerato la porta d’accesso al mercato digitale indiano ci sono gli investimenti. Ad aprile, Facebook ha speso 5,7 miliardi di dollari per comprare il 10 per cento dell’azienda. È il più grande investimento estero mai fatto dal social network, che ha creato molta eccitazione, perché è stato visto come un’approvazione esplicita dell’importanza di Jio per l’India. Dopo Facebook, moltissime altre aziende compreso Google hanno investito miliardi o centinaia di milioni di dollari in Jio.