I dati della settimana sul coronavirus in Italia

I contagi sono cresciuti di oltre il 50 per cento, e in diverse regioni sono raddoppiati

Negli ultimi sette giorni in Italia sono stati registrati 20.989 casi di contagio da coronavirus, il 54 per cento in più rispetto ai sette giorni precedenti: un aumento percentuale più alto di quelli registrati nelle ultime settimane. Anche se la situazione dei contagi in Italia rimane molto migliore di paesi come Francia, Spagna e Regno Unito – qui abbiamo spiegato perché – la tendenza in crescita è netta. Per ritrovare numeri di contagi simili, in Italia, bisogna tornare alla seconda metà di aprile: ma allora se ne scoprivano molti meno, perché la capacità di test era limitata e la stragrande maggioranza degli asintomatici sfuggiva ai conteggi.

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Anche i decessi sono cresciuti rispetto alla settimana precedente, anche se in misura minore: sono stati 165, il 20 per cento in più. Il bilancio dei morti è oggi simile a quello tra la fine di giugno e inizio luglio. Come si è visto in questi mesi, l’aumento dei morti segue di alcune settimane, fino a un mese, quello dei contagi. Ma è cambiato drasticamente il tasso di letalità registrato per la COVID-19, rispetto ai primi mesi di epidemia: perché oggi scopriamo molti più contagi, e quindi la percentuale di persone con il coronavirus che muoiono sul totale dei positivi è molto inferiore.

L’ultimo rapporto settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità è dello scorso 2 ottobre, e segnalava che erano stati segnalati «14 focolai in cui la trasmissione potrebbe essere avvenuta in ambito scolastico, anche se attualmente non è sempre confermata», specificando che serve ancora qualche settimana per capire l’impatto della riapertura delle scuole sull’andamento dell’epidemia.

Si è detto spesso che i dati sulle ospedalizzazioni sono più affidabili per farsi un’idea del reale andamento dell’epidemia, rispetto ai dati sui contagi, perché 2.000 nuovi positivi registrati oggi non sono uguali a 2.000 registrati di aprile. È generalmente vero che i dati sui ricoveri sono più indicativi, ma bisogna fare un po’ di attenzione almeno quando si leggono i dati dei ricoverati che non sono nei reparti di terapia intensiva.

Oggi vengono testate tutte le persone ricoverate in ospedale, anche per problemi di salute indipendenti dalla COVID-19, quindi nel conteggio sulle ospedalizzazioni finisce anche, per esempio, una persona che si è rotta una gamba ed è positiva e asintomatica. Ma questi casi dovrebbero essere una minoranza, quindi il dato sui ricoveri rimane piuttosto indicativo. E lo è ancora di più quello sui ricoverati in terapia intensiva. Continua a crescere, e attualmente siamo a 3.925 pazienti nei reparti non intensivi e 358 in quelli intensivi.

Un dato che va tenuto d’occhio è la percentuale dei casi positivi ogni 100 tamponi fatti: perché dà un’idea su quanto estese siano le operazioni di test e quanto sia sotto controllo la reale dimensione del contagio sul territorio. A marzo, quando non lo era per nulla, trovavamo fino a un tampone positivo su quattro. Da allora è cambiato tutto, e oggi siamo poco sopra al 3 per cento dei tamponi positivi sul totale. Ma è un dato in crescita, e ci sono regioni – come la Campania – in cui è sensibilmente più alta, sopra al 6 per cento. Più o meno sopra al 10 per cento diventa molto preoccupante.

La Campania continua a essere anche la regione che registra più contagi settimanali. È diventata quella che genera più preoccupazioni in Italia, anche se negli ultimi sette giorni anche la Lombardia ha fatto registrare molti contagi, più di 2.500, dopo diverse settimane di relativa stabilità. Il Lazio e il Veneto sono poco dietro, ma ad avere avuto dei brutti numeri questa settimana sono stati anche Piemonte e Toscana, dove i nuovi positivi scoperti sono più che raddoppiati.

Il numero di test è cresciuto, e ha stabilito un nuovo record dall’inizio della pandemia superando per la prima volta la media dei 100mila al giorno.