Cos’è questa storia degli anticorpi “ultrapotenti”

Ne parla una nuova incoraggiante ricerca citando la loro capacità di tenere sotto controllo il coronavirus, ma non hanno super poteri

Gli anticorpi nella serie a cartoni animati "Siamo fatti così" (Procidis/France 3)
Gli anticorpi nella serie a cartoni animati "Siamo fatti così" (Procidis/France 3)

Negli ultimi giorni alcuni giornali hanno raccontato, con una certa enfasi, la scoperta di anticorpi “ultrapotenti” che potrebbero essere impiegati per nuove terapie per trattare la COVID-19, la malattia causata dal coronavirus. Il termine ultrapotenti è stato utilizzato dagli stessi autori della ricerca, suscitando curiosità e facendo pensare a un tipo di anticorpi con i super poteri in grado di sconfiggere il coronavirus. Naturalmente le cose sono più complicate di così e, per quanto promettente, la nuova ricerca dovrà ricevere ulteriori conferme e dovrà essere verificata in maniera più approfondita sugli esseri umani.

Sistema immunitario e anticorpi
Gli anticorpi sono una delle principali risorse del sistema immunitario per neutralizzare diversi tipi di virus e batteri. Hanno la capacità di legarsi ad alcune molecole di questi agenti estranei (antigeni), impedendo loro di invadere le cellule oppure facendo in modo che siano riconosciuti da altri meccanismi del sistema immunitario e distrutti. Nel caso del coronavirus, alcune proteine virali che si legano alle cellule, necessarie per avviare la replicazione del virus, possono passare inosservate dagli anticorpi causando l’infezione che può poi portare alla COVID-19.

Nella maggior parte dei casi, comunque, il sistema immunitario rileva l’infezione e sviluppa anticorpi specifici in grado di inibire le proteine che il coronavirus sfrutta per eludere i sistemi di sorveglianza delle cellule; senza di loro, infatti, il virus non si può replicare nell’organismo e proseguire l’infezione. Le tracce di questi anticorpi rimangono nel sangue dei pazienti convalescenti per diverso tempo, e proprio grazie alla loro analisi un gruppo internazionale di ricerca ha rilevato alcuni anticorpi più efficienti di altri nel riconoscere parte del meccanismo che il coronavirus impiega per penetrare nelle cellule.

Rielaborato da una grafica di Lisa Donohue, CoVPN

Il nuovo studio
Gli esiti della ricerca, coordinata dall’Università di Washington e con il coinvolgimento di diversi altri atenei compresa l’Università di Milano, sono stati pubblicati la scorsa settimana sulla rivista scientifica Science con il titolo: “Anticorpi umani ultrapotenti proteggono contro il SARS-CoV-2 attraverso più meccanismi”. Anche se non è il primo studio di questo tipo, la presenza di “ultrapotenti” nel titolo ha probabilmente contribuito a far sì che la ricerca fosse ripresa e raccontata con toni enfatici.

Analizzando il sangue dei pazienti convalescenti, i ricercatori hanno isolato alcuni anticorpi e li hanno poi studiati a livello molecolare, attraverso la microscopia crioelettronica. I campioni vengono portati a temperature molto basse (spesso sotto i -200 °C) e poi analizzati tramite un potente microscopio elettronico. L’analisi ha permesso di rilevare come questi anticorpi riescano a bloccare l’attività che di solito avvia il coronavirus per superare le difese delle membrane cellulari.

Gli anticorpi si legano a una proteina che si trova sulle punte dell’involucro esterno del coronavirus, e che di solito entrano in contatto con la membrana della cellula per farsi poi strada al suo interno. La nuova configurazione inattiva la capacità della proteina di legarsi alla membrana, evitando quindi che il coronavirus possa iniettare il proprio materiale genetico nella cellula per replicarsi.

I ricercatori hanno poi sperimentato diverse combinazioni degli anticorpi, iniettandole in alcuni criceti successivamente esposti al coronavirus. Nella loro ricerca, scrivono di avere notato l’impossibilità per il virus di replicarsi nei loro tessuti polmonari, a indicazione delle buone capacità degli anticorpi di prevenire un’infezione virale che avrebbe poi potuto portare all’insorgenza di sintomi gravi.

Lo studio segnala inoltre che gli anticorpi identificati (S2E12 e S2M11) potrebbero rivelarsi utili anche nel caso di mutazioni del coronavirus, riducendo quindi il rischio di sviluppare farmaci efficaci solamente per una tipologia del virus.

Il sangue degli individui convalescenti da COVID-19 è impiegato da mesi in numerosi ospedali per trattare i pazienti più gravi: ha portato a risultati incoraggianti, ma le ricerche sulla sua efficacia sono ancora in corso. Il nuovo studio ha reso possibile l’analisi di alcuni anticorpi specifici e offre nuovi importanti elementi per comprendere come il nostro sistema immunitario affronti l’infezione.