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  • Sabato 26 settembre 2020

C’è un referendum importante in Svizzera

Oggi si vota sulla libera circolazione dei cittadini europei nel paese: dovesse vincere il Sì – improbabile ma possibile – cambierebbero radicalmente molte cose

(Michele Tantussi/Getty Images)
(Michele Tantussi/Getty Images)

Aggiornamento del 27 settembre: i primi dati e le prime proiezioni indicano che la proposta di ridurre la libera circolazione dei cittadini europei in Svizzera sarà respinta con ampia maggioranza.

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Domenica 27 settembre in Svizzera si terrà un referendum per decidere se mantenere o rinegoziare un accordo con l’Unione Europea che prevede la libera circolazione dei cittadini europei nel territorio svizzero, in vigore dal 2002. Il quesito è solo uno dei cinque che verranno posti – gli altri quattro riguardano cose come le tasse sulla scuola e la protezione dei lupi – ma è di gran lunga il più discusso, anche perché in caso di successo avrà conseguenze potenzialmente imprevedibili, che vanno molto al di là dei flussi migratori. «La relazione fra Unione Europea e Svizzera ne uscirebbe polverizzata», ha detto la politologa Stefanie Walter a NPR.

Il referendum è stato proposto dall’Unione Democratica di Centro – il partito di destra che controlla il maggior numero di seggi al Consiglio nazionale, la camera bassa svizzera – che da molti anni insiste sulla necessità di imporre delle quote per i cittadini europei che scelgono di vivere e lavorare in Svizzera. «I migranti cambiano la nostra cultura. Le piazze, i treni e le strade diventano meno sicuri: in più, la metà dei beneficiari del welfare sono stranieri», si legge nel sito del comitato elettorale per il Sì.

Da quando è stata approvata la libera circolazione di persone fra Unione Europea e Svizzera, la popolazione svizzera è aumentata anche grazie all’arrivo di circa un milione di migranti. Fra questi, circa 750mila provengono da stati europei. Più di 450mila svizzeri, invece, risiedono regolarmente negli altri paesi europei.

I sostenitori del No – fra cui ci sono anche il consiglio federale, cioè il governo, e il Parlamento – sostengono che la libera circolazione abbia avuto effetti positivi anche per gli svizzeri, e che limitarla sarebbe un errore e un potenziale danno per le aziende svizzere più competitive, per esempio quelle del settore farmaceutico (che ogni anno attirano moltissimi lavoratori specializzati da altre parti d’Europa).

Ma in caso di una vittoria dei Sì, gli eventuali danni all’economia svizzera potrebbero essere molto più ampi. Il trattato che regola la libera circolazione con l’UE è legato ad altri sei trattati negoziati nel 2000 e approvati a larga maggioranza con un referendum. I trattati in questione sono noti come Bilaterali I e regolano diversi aspetti della relazione con l’Unione Europea, dall’agricoltura ai trasporti passando per la ricerca e il commercio. Tutti e sette i trattati hanno una cosiddetta “clausola ghigliottina”: se anche uno solo viene abrogato unilateralmente, gli altri decadono.

La vittoria del Sì, quindi, smonterebbe gli accordi che al momento permettono alla Svizzera di accedere al mercato comune europeo e di avere di fatto un sistema di frontiere aperte con gli stati limitrofi. Sarebbe un problema enorme per un paese che esporta quasi la metà dei suoi beni nell’Unione Europea, da cui peraltro arriva più del 60 per cento delle importazioni.

Se gli svizzeri decideranno di abrogare la libera circolazione di persone con l’Unione Europea, il Consiglio federale avrebbe un anno per negoziarla. Durante quel lasso di tempo, come fa notare il politologo Sean Mueller sul blog della London School of Economics, l’Unione Europea potrebbe decidere unilateralmente di sospendere altri trattati con la Svizzera per metterle ulteriore pressione durante le trattative, come per esempio quelli di Schengen – di cui la Svizzera fa parte, pur non aderendo all’UE – oppure il programma di scambi universitari Erasmus+.

L’Unione Europea, peraltro, «ritiene che la Svizzera abbia già uno dei migliori accordi possibili per un paese fuori dall’Unione, e non è disponibile a cedere su molti fronti, specialmente durante le trattative per Brexit», spiega Walter.

Al momento, i sondaggi danno in netto vantaggio il No: secondo una recente rilevazione citata da Reuters, il 63 per cento delle persone contattate appoggia il No, mentre solo il 35 per cento sarebbe a favore dell’abolizione della libera circolazione di persone.