Il Parlamento diventerà più piccolo

Al referendum ha vinto largamente il Sì: dalla prossima legislatura i deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200

A(P Photo/Andrew Medichini/Lapresse)
A(P Photo/Andrew Medichini/Lapresse)

Il Sì ha vinto al referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari: lo scrutinio è finito e il Sì ha ottenuto il 69,64 per cento mentre il No il 30,36 per cento. È la più importante modifica dell’assetto istituzionale nella storia della Repubblica italiana: dalla prossima legislatura, i deputati passeranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200.

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Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle, tra i principali sostenitori della riduzione del numero dei parlamentari, ha già commentato la vittoria definendolo un «risultato storico». Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, che esce dal referendum a sua volta come vincitore, seppure in misura minore, ha promesso che ora si aprirà «una stagione di riforme».

L’affluenza definitiva è di poco sotto al 54 per cento. I paragoni con referendum precedenti sono molto complessi: nel 2016 – quando andò a votare il 65 per cento degli aventi diritto – i seggi rimasero aperti un giorno solo, e nel 2006 e 2001 non furono associate importanti elezioni regionali. Lo scrutinio dei voti è iniziato alle 15, dopo la chiusura dei seggi, ed è proceduto con inaspettata lentezza per una consultazioni referendaria. Dopo è cominciato quello per le regionali, dove si è votato.

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Il referendum costituzionale, il quarto nella storia repubblicana, chiedeva agli elettori se fossero d’accordo a ridurre un terzo dei parlamentari di Camera e Senato, modifica approvata in Parlamento nell’ottobre 2019 da praticamente tutti i partiti, ma sottoposta a referendum per via delle norme speciali che regolano la modifica della Costituzione.

La riforma prevede che i seggi alla Camera passino da 630 a 400 e quelli al Senato da 315 a 200: una riduzione di circa un terzo. Oggi ci sono un deputato ogni 96 mila abitanti e un senatore ogni 188 mila abitanti. Con il taglio ci sarà un deputato ogni 151 mila abitanti e un senatore ogni 302 mila: diminuirà dunque sensibilmente il numero di rappresentanti per abitante, ma l’Italia resterà comunque nella media degli altri paesi dell’Europa occidentale. Questo perché attualmente l’Italia è il paese con più rappresentanti eletti in numero assoluto (945 tra deputati e senatori) di tutta l’Europa occidentale.

Con l’approvazione della riforma saranno ridotti anche i parlamentari eletti dagli italiani all’estero: passeranno da 12 a 8 e i senatori da 6 a 4. Verrà inoltre stabilito un tetto massimo al numero dei senatori a vita nominati dai presidenti della Repubblica: mai più di 5.

A favore della riduzione, quindi al Sì, si erano espressi praticamente tutti i partiti rappresentati in Parlamento: soprattutto il Movimento 5 Stelle, il partito che controlla il maggior numero di seggi in Parlamento e sostiene l’attuale governo Conte, che da anni ne aveva fatto una storica battaglia. La vittoria del Sì è considerata una vittoria politica sia per il M5S sia di riflesso per i suoi alleati del Partito Democratico (sebbene al suo interno una minoranza di dirigenti si fosse espressa per il No). Secondo molte analisi, il rischio di non essere ricandidati ed eletti per gli attuali parlamentari in caso di nuove elezioni dovrebbe stabilizzare la situazione politica, rendendo più improbabile di prima la fine anticipata della legislatura.