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  • Venerdì 11 settembre 2020

Le nuove norme per bici e auto elettriche

Il decreto semplificazione, approvato in via definitiva, prevede maggiori tutele per i ciclisti e l'obbligo di costruire punti di ricarica per i veicoli elettrici

(Ansa/Matteo Corner)
(Ansa/Matteo Corner)

Nel decreto legge 76/2020 per la semplificazione e l’innovazione digitale, convertito ieri in via definitiva alla Camera, sono contenute centinaia di norme che interessano i settori più disparati. Alcune delle più rilevanti riguardano il settore dei trasporti: una lunga sezione del decreto legge, l’articolo 49, prevede infatti varie modifiche al codice della strada – cioè il decreto legislativo 285 del 1992 – che ampliano gli strumenti a disposizione dei comuni per incoraggiare gli spostamenti in bicicletta. L’articolo 57 prevede invece diverse misure che dovrebbero rendere la vita più facile a chi possiede veicoli elettrici. Ma il decreto contiene anche nuove norme sulle multe in città e gli autovelox, che riguarderanno tutti gli automobilisti.

Cosa cambia per le bici
Il governo e il Parlamento proseguono nella direzione presa a maggio col decreto crescita, con cui avevano introdotto nel codice della strada alcuni strumenti urbanistici per favorire gli spostamenti in bici come i concetti di corsia ciclabile – un modo per riservare parte della strada alle biciclette senza i rigidi standard previsti per le piste ciclabili – e “casa avanzata”. Il nuovo decreto semplificazione amplia ulteriormente le possibilità a disposizione di sindaci e amministratori locali per proteggere i ciclisti.

Per prima cosa il decreto rende più stringente la definizione di corsia ciclabile: al momento il codice della strada modificato a maggio la descrive come «una parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede». La nuova definizione prevede che la corsia ciclabile possa essere delimitata da «una striscia biancacontinua o discontinua», mentre è rimosso ogni riferimento al suo uso promiscuo: in poche parole, significa che la presenza di altri veicoli non è più tollerata. Poco più avanti si specifica che la corsia ciclabile può essere occupata da altri veicoli soltanto se la strada è troppo piccola, e sempre e solo «per brevi tratti».

Altre importanti novità sono l’introduzione della corsia ciclabile per doppio senso ciclabile, cioè una corsia ciclabile che si può costruire in una strada a senso unico consentendo ai ciclisti di percorrerla nel senso di marcia opposto alle automobili, e due nuovi strumenti per le autorità comunali. I sindaci avranno infatti la facoltà di istituire il doppio senso ciclabile – cioè la possibilità che i ciclisti si muovano in entrambi i sensi di marcia – nelle strade a traffico limitato, come ad esempio le cosiddette “zone 30”. Riservare strade del genere a pedoni e ciclisti è la soluzione a cui stanno ricorrendo diverse città – Milano su tutte, in Italia – per favorire modi più sostenibili di muoversi in città, senza lunghi e costosi ripensamenti urbanistici che impiegherebbero anni per essere realizzati.

– Leggi anche: La mobilità di Milano sta cambiando?

I sindaci avranno inoltre la possibilità di far circolare le biciclette nelle corsie preferenziali riservate ai mezzi pubblici: una misura che gli attivisti per i diritti dei ciclisti e i siti specializzati chiedevano da molti anni. Un report del 2017 della FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) sottolineava che la circolazione di autobus e biciclette nella corsia preferenziale andrebbe incoraggiata ma permessa soltanto nelle strade la cui larghezza consente a entrambi i mezzi di muoversi in sicurezza, ed evitare che i ciclisti si sentano “inseguiti” dai mezzi pubblici. La circolazione di entrambi, comunque, sarà vietata nelle strade che ospitano i binari del tram.

Le auto elettriche
L’articolo 57 prevede invece che i comuni si organizzino, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, per attrezzare «ove possibile» almeno un punto di ricarica per veicoli elettrici ogni mille abitanti. «Può sembrare poco», scrive il sito di news DMove, «ma vorrebbe dire avere dalle 50 alle 100 colonnine anche in Comuni di media grandezza, dove ora spesso le colonnine sono zero. O più semplicemente circa 60.000 colonnine in tutta Italia».

Il governo ha stabilito inoltre che nei prossimi mesi ARERA (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) dovrà definire le tariffe per la ricarica dei veicoli elettrici, sia in ambito privato sia in ambito pubblico: sempre DMove sostiene che si tratti di «un cambiamento enorme, in quanto ad oggi una semplice colonnina in corrente alternata eroga energia al costo di circa 40 centesimi per kWh, ovvero il doppio del costo di un contratto domestico».

Gli autovelox
Il governo ha inoltre ampliato l’utilizzo dei dispositivi di rilevazione della velocità a tutti i tipi di strade: finora erano previsti solo in autostrada e sulle strade extraurbane, con alcune limitate eccezioni per esempio sulle strade urbane a scorrimento veloce. L’obiettivo, nota il Sole 24 Ore, è quello di «aumentare la sicurezza nei centri abitati, ambito dove si è fatta più fatica a ridurre la mortalità». Ogni nuovo autovelox dovrà comunque essere approvato dalla prefettura locale.

Le multe
La nuova legge prevede inoltre che i sindaci possano delegare l’accertamento dei divieti di sosta a una serie di figure nuove, come i dipendenti di società private a cui viene affidata la gestione dei controlli, ma anche ai lavoratori delle società municipalizzate o che lavorano alla raccolta dei rifiuti. «In pratica, se si parcheggia la propria auto nei pressi dei bidoni dell’immondizia, impedendo così ai netturbini di poter svolgere il loro lavoro, questi ultimi potranno multare il conducente indisciplinato», sintetizza La Stampa.