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  • Martedì 18 agosto 2020

Red Bull ci è riuscita anche nel calcio

Nel 2009 il Lipsia si trovava nella quinta divisione tedesca, ora si prepara a giocare la sua prima semifinale di UEFA Champions League

(Catherine Ivill/Getty Images)
(Catherine Ivill/Getty Images)

A poco più di dieci anni dalla fondazione e alla sua seconda partecipazione alla UEFA Champions League, il RasenBallsport Lipsia, la squadra di calcio di riferimento del gruppo austriaco Red Bull, si giocherà l’accesso alla finale contro il Paris Saint-Germain. Per arrivare fin qui, il Lipsia ha eliminato l’Atletico Madrid, che prima della sospensione era riuscito a eliminare a sua volta i campioni in carica del Liverpool. Al termine del quarto di finale giocato giovedì scorso, l’allenatore degli spagnoli, Diego Simeone, ha detto: «Il Lipsia ha vinto ogni singolo duello in campo e ha interpretato la partita alla perfezione. Non siamo riusciti a giocare come volevamo».

In una Champions League strana e sorprendente, dove almeno una finalista sarà esordiente, il Lipsia è la novità più significativa. È un club giovanissimo, allenato dal promettente Julian Nagelsmann e gestito in modo sicuramente innovativo, apice di una rete calcistica con sede in Austria, a Salisburgo, e ramificazioni in Germania, a New York e in Brasile. Tutte le squadre del gruppo hanno gli stessi colori, il bianco e il rosso, e fino a poco tempo fa avevano anche le divise identiche, tanto che nel 2016 un giocatore del Salisburgo giocò una partita di Champions League con la maglia del Lipsia senza accorgersene.

Dopo aver iniziato a investire nel calcio in Austria, nella zona in cui ha sede l’azienda di bevande energetiche, Red Bull si rese conto di avere bisogno di una squadra in un campionato europeo più grande di quello austriaco, in modo da arrivare a competere con i più forti del continente. Fu così che nel 2009 acquistò una piccola squadra della periferia di Lipsia iscritta alla quinta serie tedesca e la sottopose al “trattamento Red Bull”. Undici anni dopo, quella squadra è la terza della Bundesliga ed è a un passo dalla finale di Champions League, il livello più alto a cui un club possa aspirare.

(Julian Finney/Getty Images)

Come i risultati ottenuti dal Lipsia negli ultimi anni riflettono la visione e le competenze di un gruppo che investe nello sport come nessun altro, allo stesso modo la sua immagine porta i segni di origini controverse e tuttora criticate. Sia in Germania che nelle coppe europee, la squadra non può chiamarsi come l’azienda, e ha perciò scelto la denominazione “RasenBallsport” per poter farsi chiamare almeno “RB Lipsia”. Non può usare nemmeno il logo aziendale, ma deve limitarsi a una riproduzione. Soltanto tre anni fa, infine, ottenne il permesso di giocare in coppa contro la “consociata” del Salisburgo senza il rischio di compromettere l’integrità del torneo.

Nel caso specifico del Lipsia, il gruppo Red Bull si è dovuto spingere ai limiti del regolamento per acquistare la squadra. Nel campionato di calcio tedesco vale infatti la regola dell’azionariato popolare: ogni squadra deve avere una proprietà di maggioranza (il 50+1) fatta di soci iscritti e non può essere intestata a un unico soggetto. Per aggirare questa norma, il gruppo Red Bull creò una società a garanzia limitata per un gruppo ristretto di soci con una quota di entrata dieci volte superiore a quella degli altri club tedeschi.

Le tifoserie avversarie rinfacciano i metodi usati da Red Bull ogni volta che le loro squadre incontrano il Lipsia. Questo non ha però impedito al club di prosperare e superare squadre di grande tradizione cadute in declino, come Werder Brema, Amburgo e Kaiserslautern. Una delle chiavi del suo successo, nonché una delle pratiche più contestate, è la collaborazione con il Salisburgo. La squadra austriaca può essere infatti considerata il carburante del Lipsia, perché grazie al suo efficiente reparto scouting è in grado di scovare e preparare decine di giocatori validi nel giro di pochi anni, da mandare poi al club di riferimento con formule economiche convenienti.

– Leggi anche: La strategia del Salisburgo

Sette giocatori attualmente al Lipsia provengono dal Salisburgo, tra i quali i titolari Peter Gulacsi, Dayot Upamecano, Konrad Laimer, Marcel Sabitzer e Kevin Kampl. Il continuo ricambio di giocatori posseduti dal gruppo viene in aiuto anche in caso di cessioni all’estero. Il Lipsia di quest’anno, per esempio, ha potuto vendere il centrocampista titolare Diego Demme al Napoli nella sosta invernale, e a giugno il suo miglior attaccante, Timo Werner, senza subire contraccolpi.

Dietro un progetto così vasto ed efficiente ci sono infine le persone che lo hanno architettato. La figura principale del gruppo è Gérard Houllier, ex allenatore di Liverpool, Lione e della nazionale francese. Nel 2011 Houllier smise di allenare per diventare capo delle operazioni globali di Red Bull, una sorta di coordinatore tra Europa e Americhe. A lui si aggiunse poi il tedesco Ralf Rangnick, a cui negli anni sono stati affidati sia incarichi da allenatore che da direttore sportivo. A differenza di Houllier, Rangnick ha lavorato più nello specifico e soprattutto a Lipsia e Salisburgo, contribuendo nella creazione di squadre moderne, spettacolari e spiccatamente offensive. Il suo lavoro è stato così apprezzato che ora è ritenuto uno dei dirigenti più capaci in circolazione: non a caso, prima di prendere altre decisioni, il Milan era intenzionato ad affidargli la gestione della sua area sportiva.