• Mondo
  • Domenica 16 agosto 2020

Come ritornare dall’Artico durante una pandemia

Un ricercatore russo ha visto la pandemia scombinare tutti i suoi piani e ha rimediato con l'aiuto di una bicicletta pieghevole

(Profilo Twitter di MOSAiC)
(Profilo Twitter di MOSAiC)

Alexey Niubom è un ricercatore russo di 32 anni che a fine febbraio ha lasciato la sua casa a San Pietroburgo per partecipare a MOSAiC, la più importante missione scientifica artica di sempre. Insieme a un centinaio di ricercatori, Niubom era stato scelto per partecipare al terzo turno della missione, che è iniziata nel novembre 2019 e deve ancora terminare, passando quindi diversi mesi a bordo della nave rompighiaccio Polarstern. La missione sta andando bene ma per Niubom è stato alquanto complicato, una volta terminato il suo incarico, tornare dall’Artico alla Russia durante una pandemia.

– Leggi anche: Storie e immagini dalla Polarstern

Come ha raccontato l’Atlantic, nei piani iniziali Niubom – arrivato sulla Polarstern dopo oltre un mese di viaggio su un’altra nave – avrebbe dovuto lavorare nell’Artico fino alla fine di aprile, per eseguire una serie di test e studi sulle scosse sismiche nei pressi del Polo Nord. Mentre era sulla Polarstern, però, nel resto del mondo c’era una pandemia che rendeva ancora più complicato, oltre che rischioso, effettuare l’avvicendamento dei ricercatori nei tempi previsti. Per farlo serviva far arrivare da qualche parte tra i ghiacci artici – in cui la Polarstern sta volutamente procedendo alla deriva – un aereo proveniente dalle isole Svalbard, per scaricare i membri del nuovo “turno” e riportare a casa quelli del turno precedente.

Markus Rex, capo della missione, ha spiegato che la pandemia ha costretto lui e i suoi collaboratori a «cambiare quasi ogni aspetto logistico della missione» e Niubom quindi era stato informato, come tutti i suoi compagni, che la sua permanenza lassù sarebbe durata un po’ di più. «Nell’Artico non puoi programmare troppe cose», ha detto lui, «e ci trovammo ostaggi della situazione». Ha aggiunto però che era anche una situazione per certi versi di privilegio, perché era certo che il coronavirus non fosse arrivato sulla nave e l’assenza di contatti con altre persone rendeva impossibile il suo arrivo.

All’iniziò sembrava che una nave svedese avrebbe potuto prelevare Niubom e altri membri della missione e riportarli a casa, ma il piano era saltato per via di alcune restrizioni agli spostamenti internazionali, anche via mare. Si era deciso invece che sarebbe stata la Polarstern a liberarsi dal ghiaccio per girarsi: e dirigersi verso Sud, anziché procedere verso il Polo Nord, per incontrare due navi tedesche su cui far salire Niubom e altri. Così facendo si sarebbe persa qualche settimana di rilevazione ma si sarebbe riusciti comunque a salvare la missione.

A metà giugno, con una settimana di ritardo sulla tabella di marcia, la Polarstern ha incontrato quindi le due navi tedesche al largo delle Svalbard, scaricando i membri del terzo turno e caricando quelli del quarto. Le navi tedesche sono approdate quindi a Bremerhaven, nel nord della Germania, facendo sbarcare i ricercatori del terzo turno. Qualche ricercatore è riuscito a tornare nel proprio paese di residenza nonostante la pandemia, qualcun altro ha dovuto arrendersi al fatto che per svariati giorni non ci sarebbero stati voli che facessero al caso loro. Niubom era tra questi, perché non c’erano in programma collegamenti aerei tra la Germania e la Russia. Gli era stato proposto quindi di passare qualche settimana in un hotel di Bremerhaven: una cosa che, dopo mesi a bordo della Polarstern, non lo attirava particolarmente.

Con l’aiuto di Elena Tschertkowa-Paulenz, coordinatrice della missione MOSAiC, Niubom è riuscito tuttavia a elaborare un piano di viaggio alternativo. Dopo aver trovato un volo aereo dalla Germania alla Finlandia e, dopo essersi accertato che l’unico modo per attraversare il confine tra Finlandia e Russia fosse utilizzando un mezzo privato, si è organizzato per prendere un treno da Helsinki a Imatra, vicina al confine con la Russia. Una volta arrivato a Imatra ha tolto dalla sua valigia una bicicletta pieghevole che Tschertkowa-Paulenz aveva precedentemente comprato per lui su eBay, mentre era in Germania.

Niubom ha raccontato che portarsi in aereo la bicicletta è costato quasi quanto la bicicletta e che dopo il volo la bici è arrivata in Finlandia piuttosto malandata e con le luci rotte, ma fondamentalmente integra.

Senza connessione internet, senza grandi informazioni sulle strade da percorrere e con un bagaglio decisamente troppo grande per quella bici pieghevole, Niubom è comunque riuscito ad arrivare al confine «chiedendo indicazioni sulla strada per la Russia». Arrivato al confine, dopo circa un’ora e mezza a pedalare, Niubom è stato trattenuto alla dogana russa scoprendo che non gli era concesso andarsene su mezzi propri ma doveva farsi venire a prendere da qualche familiare. Dopo qualche ora è comunque riuscito a convincere chi di dovere, ottenendo di poter chiamare un taxi per proseguire verso la sua casa di San Pietroburgo. Parlando all’Atlantic della sua piccola impresa, ha detto che «chi non rischia non beve champagne».