Uno dei misteri sulle origini di Stonehenge è stato risolto

Si è stabilita la provenienza della maggior parte delle pietre che la compongono, grazie a un operaio che ha restituito un pezzo di roccia che conservava da 60 anni

(Matt Cardy/Getty Images)
(Matt Cardy/Getty Images)

Mercoledì è stata annunciata la scoperta della provenienza della maggior parte delle pietre di Stonehenge, la famosa e misteriosa struttura architettonica preistorica nel sud dell’Inghilterra. Uno studio pubblicato mercoledì sulla rivista americana Science Advances ha dimostrato che 50 delle 52 grosse pietre che compongono il monumento – pietre di sarsen, un tipo particolare che si trova principalmente in Gran Bretagna e costituisce la maggior parte della struttura di Stonehenge – provengono dal sito di West Woods, nella provincia inglese dello Wiltshire, 25 chilometri a nord di Stonehenge.

Una pietra sarsen nel sito di West Woods (Matthew Horwood/Getty Images)

La ricerca è stata resa possibile dal ritrovamento di un campione di pietra di sarsen che 2 anni fa era stato restituito all’English Heritage, l’ente pubblico inglese che si occupa della salvaguardia dei beni culturali dell’Inghilterra, dai figli di Robert Phillips, un operaio che negli anni Cinquanta aveva lavorato a Stonehenge e aveva conservato un pezzo di roccia da allora.

Phillips aveva preso il campione di pietra nel 1958, in occasione dei lavori di Stonehenge per rialzare da terra uno dei triliti (cioè un gruppo di tre pietre composto da due in verticale e una appoggiata sopra orizzontalmente). Una delle pietre verticali del trilite, che aveva delle crepe, fu rinforzata inserendo al suo interno alcune bacchette metalliche. Per fare spazio alle barre furono estratti dalla roccia dei campioni cilindrici lunghi poco più di un metro e dal diametro di circa 2 centimetri e mezzo: Phillips ne prese uno e degli altri due non si hanno ancora notizie.

Nel 2018, in occasione del suo novantesimo compleanno, Phillips chiese ai due figli di riportare al sito archeologico di Stonehenge il cilindro, diventato subito molto importante per i ricercatori che lavoravano per stabilire la provenienza delle pietre del complesso.

Se per determinare la provenienza delle pietre più piccole erano bastate della osservazioni micro e macroscopiche (vengono dalle Montagne Presili, nel Galles sudoccidentale), le grandi pietre rappresentavano una sfida maggiore. Le pietre di sarsen di Stonehenge potevano provenire infatti da un gran numero di siti molto simili fra loro e anche osservandole al microscopio non si riusciva a ottenere quasi nessuna informazione utile.

I ricercatori avevano usato anche la spettrofluorimetria, una tecnica che permette di stabilire precisamente la composizione chimica di un materiale, stabilendo che gran parte delle pietre arrivasse dallo stesso sito. Ma non c’erano ancora abbastanza dati per capire di quale posto si trattasse.

– Leggi anche: Stonehenge è stato costruito prima in un altro posto?

L’arrivo del campione nel 2018 è stato una svolta perché i ricercatori hanno potuto romperlo per effettuare analisi ancora più meticolose, mentre sarebbe stato molto difficile ottenere il permesso di prelevare e rompere un nuovo campione dal monumento storico.

Queste operazioni hanno permesso di ottenere il profilo chimico dettagliato delle pietre di Stonehenge e confrontarlo con quello di campioni prelevati da una ventina di siti vicini, trovando corrispondenza con le pietre del sito di West Woods, a sud del fiume Kennet, e non a nord come si ipotizzava prima.

Nel complesso sono rimaste solo 52 delle circa 80 pietre di sarsen che si suppone componessero la struttura in origine. Di queste 52, lo studio sostiene che 50 provengano dal sito di West Woods, lasciando ignota la provenienza di due sole, diverse tra loro e dalle altre.