In Israele il contenimento del contagio da coronavirus si è fatto con i servizi segreti

Il governo di Benjamin Netanyahu ha usato Mossad e Shin Bet per tracciare i contagi e comprare materiale medico, tra qualche critica

di Carlo Lascialfari

(Amir Levy/Getty Images)
(Amir Levy/Getty Images)

In seguito a una delega straordinaria concessa dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in Israele il tracciamento dei contagi da coronavirus è stato affidato allo Shin Bet, il servizio segreto per l’interno, e il reperimento del materiale medico necessario a testare la popolazione è stato preso in carico dal Mossad, il servizio segreto per l’estero.

Questa strategia, avviata in concomitanza alla dichiarazione di stato di emergenza da parte del governo israeliano, si è dimostrata unica: nessun’altra democrazia al mondo si è rivolta in maniera così massiccia ai servizi segreti per gestire l’epidemia da coronavirus. Per farlo, il governo si è rivolto alla Knesset, il parlamento monocamerale israeliano, che ha approvato il rinnovo delle misure di emergenza più volte, nonostante le proteste sull’uso dei servizi di intelligence a questo fine da parte di alcuni partiti e associazioni, oltre che di una parte dei cittadini.

In Israele il periodo di diffusione del virus è arrivato durante una lunga crisi di governo iniziata nel 2018, nella quale ci sono state tre elezioni nazionali che non hanno portato alla formazione di alcun governo. Dopo le elezioni straordinarie di aprile, è stato infine trovato un accordo di governo tra Netanyahu, leader del Likud (partito di destra), e Benny Gantz, segretario di Blu e Bianco (partito di centrodestra): Netanyahu governerà per i primi diciotto mesi, mentre nell’ottobre del 2021 gli subentrerà Gantz.

Israele è un paese abituato a fare un uso intenso e costante dei servizi segreti nel contrasto al terrorismo e nella sicurezza interna, ma la scelta di affidare la gestione della crisi sanitaria allo Shin Bet è stata vista da molti come un’eccessiva intrusione nella vita dei cittadini da parte dei servizi segreti stessi. Non è la prima volta che si parla di temi del genere, perché durante tutti i mandati di Netanyahu le questioni militari e di sicurezza hanno monopolizzato il dibattito politico nazionale.

La strategia utilizzata dallo Shin Bet non è stata spiegata nei dettagli. La stampa israeliana sostiene che abbia tracciato i cittadini usando tecnologie basate sui GPS degli smartphone, sull’intercettazione dei messaggi e sul tracciamento dei pagamenti elettronici. Una volta verificato che la persona monitorata sia entrata in contatto con un infetto, questa riceve dal ministero della Salute una comunicazione di obbligo di quarantena fiduciaria immediata della durata di due settimane. Questo sistema ha però fatto emergere dei problemi. Sono stati riportati casi di errori nella geolocalizzazione di cittadini che hanno denunciato di non aver effettivamente frequentato le zone in cui risultavano localizzati.

Anche il Mossad ha contribuito al contenimento della pandemia. Alcuni giornali, come il New York Times, hanno scritto che Israele avrebbe collaborato anche con paesi solitamente avversari, come gli Emirati Arabi Uniti, e diplomaticamente distanti, come la Cina, per procurarsi il materiale medico e le competenze necessarie a produrre ventilatori sul territorio nazionale.

L’andamento dei contagi in Israele non è stato diverso da quello dei paesi che hanno visto crescere la curva dei casi nella prima metà di marzo. Il governo israeliano ha istituito l’obbligo di distanziamento fisico a partire dall’11 marzo. Otto giorni dopo Netanyahu ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale, annunciando che le violazioni alle direttive governative sarebbero diventate penalmente perseguibili.

Il governo israeliano ha anche reso disponibile HaMagen, un’app per smartphone che avvisa in caso di contatto con un infetto nei 14 giorni precedenti, basata sull’uso del gps dello smartphone e dell’inserimento volontario dei dati da parte dell’utente. L’app è stata però scaricata solo da un milione e mezzo di persone (il 17 per cento della popolazione), una cifra molto lontana dalla soglia critica di utilizzatori individuata per l’efficace funzionamento del servizio, che si aggira intorno ai 4 milioni e mezzo.

La gestione dell’epidemia da parte di Israele è stata considerata da diversi critici del governo un’intrusione nella privacy dei cittadini e una violazione dei diritti civili degli israeliani. Yuval Noah Harari, professore israeliano all’università di Gerusalemme noto per la pubblicazione di due saggi di antropologia molto venduti nel mondo (“Sapiens” e “Homo Deus”), ha commentato la questione in un articolo pubblicato sul Financial Times: «Molte misure d’emergenza a breve termine entreranno stabilmente nelle nostre vite. È la natura delle emergenze. Accelerano i processi storici. Decisioni che normalmente richiederebbero anni di deliberazioni sono approvate in poche ore. Tecnologie acerbe e perfino pericolose vengono attivate immediatamente, perché non fare nulla è più rischioso».

A oggi i casi confermati in Israele sono più di 35mila e le morti attribuite al coronavirus sono 350. Sono comunque numeri piuttosto bassi per un paese di 8 milioni e mezzo di abitanti e le misure di contenimento sembrano aver funzionato. Nell’ultima settimana sono stati effettuati 30.000 tamponi giornalieri con circa 700 nuovi positivi al giorno. Nello stesso periodo in Lombardia, che ha circa 10 milioni di abitanti, sono stati effettuati 11.000 tamponi e sono risultati 119 casi positivi.

Il 2 luglio è stata nuovamente rinnovata per tre settimane la concessione della Knesset all’uso dello Shin Bet da parte del ministero della Salute. Il 5 luglio il governo ha annunciato per la seconda volta lo stato di emergenza.

Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus in 26 paesi del mondo sono un progetto del workshop di giornalismo 2020 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.