La peste non se n’è mai andata

La segnalazione di un nuovo caso in Cina ha provocato qualche titolo allarmista, ma ce ne sono centinaia ogni anno: è tutto sotto controllo

Un'illustrazione della Peste Nera da un volume dello storico Gilles le Muisit. (Hulton Archive/Getty Images)
Un'illustrazione della Peste Nera da un volume dello storico Gilles le Muisit. (Hulton Archive/Getty Images)

Negli ultimi giorni la segnalazione di un caso di peste bubbonica in Cina ha generato titoli allarmisti e qualche catastrofica previsione su una sua possibile diffusione nel mondo, ma in realtà la peste – protagonista di alcune delle epidemie più gravi della storia dell’umanità – non se n’è mai andata, e contagia decine di persone ogni anno. Se affrontata con tempestività, è curabile con gli antibiotici: le autorità sanitarie periodicamente rassicurano sul fatto che i nuovi casi che emergono regolarmente, nonostante vadano presi seriamente, sono preoccupanti soltanto a livello locale, e non ci sono rischi di diffusioni più ampie.

La persona che si è ammalata di peste in Cina è un pastore di Bayannur, un paese della Mongolia Interna, una regione settentrionale al confine con la Mongolia. Attualmente è in ospedale, isolato e in condizioni stabili. Le autorità locali hanno diramato un’allerta di terzo livello in città, che però non è particolarmente grave: durerà fino alla fine dell’anno. Già a novembre, peraltro, ad altre due persone era stata diagnosticata la peste nella Mongolia Interna: in quel caso era peste polmonare, un’altra manifestazione della malattia e peraltro l’unica contagiosa da uomo a uomo, attraverso i droplet. Sempre nei giorni scorsi, invece, altri due casi sono stati segnalati in Mongolia.

A differenza della COVID-19, causata da un virus, la peste è provocata da un batterio, chiamato Yersinia pestis, che viene in contatto con l’uomo per via diretta attraverso la puntura delle pulci dei ratti, o per via indiretta se si viene morsi da un ratto o da un altro roditore infestato dalle pulci. Anche se in forma minore, le pulci e i pidocchi dell’uomo possono a loro volta portare al contagio tra individui. I sintomi della peste dipendono molto dalle aree in cui si concentrano le colonie di batteri nell’organismo: può essere polmonare, bubbonica e setticemica.

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La prima provoca difficoltà a respirare e tosse, e se non viene trattata per tempo porta a gravi problemi neurologici ed edema polmonare acuto (accumulo di liquidi nei polmoni) che causa la morte. La peste bubbonica invece causa febbre, nausea, vomito e debolezza, e soprattutto l’infiammazione delle ghiandole (linfonodi) nell’area inguinale e sotto le ascelle, che si gonfiano a tal punto da formare bubboni (da qui il nome della malattia). L’ultimo tipo di peste è quella setticemica, che causa una grave infezione delle cellule del sangue, portando a necrosi dei tessuti, che diventano quindi neri e non più vitali. In molti casi questa condizione si associa agli effetti della peste bubbonica negli stadi più avanzati della malattia.

La peste è stata responsabile di gravissime epidemie, come la “peste di Giustiniano” che si diffuse tra il 541 e il 542 soprattutto a Costantinopoli e in diverse città portuali del Mediterraneo, uccidendo tra i 25 e i 50 milioni di persone nelle varie ondate della malattia nei due secoli seguenti. La Peste Nera in Eurasia (e che raggiunse il suo picco in Europa nella prima metà del Trecento) ebbe effetti ancora più devastanti: causò nel complesso la morte di decine e decine di milioni di persone.

Nei secoli abbiamo sviluppato antibiotici e altri farmaci che possono fermare rapidamente e con successo un’infezione da peste, specialmente quella bubbonica, che quindi è diventata meno pericolosa che in passato. Ciononostante non è stata debellata, e dal 2010 al 2015, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ne sono stati registrati 3.248 casi nel mondo, che hanno causato 584 morti.

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È ancora endemica in certi paesi, come Madagascar, Repubblica Democratica del Congo e Perù, e sporadicamente compare in molti altri. È assai più rara nei paesi occidentali, ma ogni tanto compare anche lì: nel 2017, per esempio, ce ne furono alcuni casi in New Mexico, negli Stati Uniti, dove ogni anno colpisce in media sette persone.

I posti più a rischio sono quelli in cui c’è un’ampia diffusione di roditori, e una certa promiscuità con l’uomo: in New Mexico per esempio sono molto diffusi gli scoiattoli delle rocce, anche nei giardini delle abitazioni. Nella Mongolia Interna, invece, a portare la peste sono normalmente le marmotte, che vengono ancora cacciate e mangiate. Nel 1911, il traffico di pellicce di marmotte causò una grave epidemia di peste in Cina, che uccise oltre 60mila persone prima di essere contenuta un anno dopo. Ciononostante, il consumo di carne di marmotta è continuato, e infatti le due persone che hanno contratto la peste nei giorni scorsi nella Mongolia Interna ne avevano mangiata una. Lo scorso maggio, in Mongolia, una coppia era morta dopo aver contratto la peste mangiando il rene crudo di una marmotta, a cui sono attribuite proprietà terapeutiche.