L’OMS e la trasmissione del coronavirus nell’aria

Dopo una lettera aperta sottoscritta da 239 scienziati, una funzionaria dell'Organizzazione ha detto che il contagio per via aerea non può essere escluso, ma per ora le linee guida non cambiano

(Christopher Furlong/Getty Images)
(Christopher Furlong/Getty Images)

Una funzionaria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ammesso che non si può escludere che il coronavirus possa diffondersi attraverso l’aria, in ambienti chiusi particolarmente affollati e poco aerati. Questa eventualità era stata segnalata da diversi ricercatori già alcuni mesi fa, ma l’OMS finora non si era espressa in modo esplicito sul tema, in attesa di avere più dati ed evidenze scientifiche. Non è comunque chiaro se e quando l’OMS modificherà le proprie linee guida sulla prevenzione della COVID-19, integrando dettagli sulla diffusione del coronavirus tramite l’aria.

Nei giorni scorsi, un gruppo internazionale di 239 ricercatori da 32 paesi diversi aveva scritto una lettera aperta, sostenendo che ci fossero ormai prove scientifiche sufficienti per ritenere che in alcuni casi il virus possa diffondersi nell’aria. La lettera era stata ampiamente ripresa dai media, portando a diverse domande verso l’OMS, che fino a ieri non si era espressa estesamente sul tema.

Nel corso di una conferenza stampa, la responsabile dell’OMS per gli aspetti tecnici nella prevenzione e il controllo delle malattie infettive, Benedetta Allegranzi, ha detto che sulla base delle prove emerse ”non si può escludere” che “in ambienti affollati, chiusi e scarsamente ventilati” possa avvenire la trasmissione del coronavirus per via aerea.

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Una dichiarazione in conferenza stampa non corrisponde a un immediato cambiamento delle linee guida, ma il fatto che se ne sia parlato è un’ulteriore conferma sull’esistenza di un confronto sul tema. Finora l’OMS aveva indicato che le gocce di saliva (droplet) che emettiamo quando tossiamo, starnutiamo, cantiamo o parliamo ad alta voce vengono proiettate nell’aria a media distanza, e che possono poi depositarsi sulle superfici. I droplet prodotti dalle persone infette contengono al loro interno milioni di particelle virali, che potrebbero contagiare altri individui o per via diretta – se qualche gocciolina raggiunge la loro bocca, il loro naso o gli occhi – oppure indiretta, se si depositano su superfici che vengono poi toccate da qualcun altro, che si porta le mani al viso.

Per questo motivo l’OMS ha tra le sue linee guida il consiglio di lavarsi spesso e bene le mani, in modo da ridurre il rischio di contagio, e suggerisce di indossare la mascherina nei casi in cui non sia possibile praticare il distanziamento sociale. I droplet, infatti, possono viaggiare nell’aria per qualche metro, prima di depositarsi sulle superfici.

Le ricerche svolte negli ultimi mesi hanno però rilevato circostanze in cui il contagio può avvenire per via aerea attraverso gocce di saliva molto più piccole e che rimangono per lungo tempo in sospensione nell’aria (aerosol). Queste microscopiche goccioline con il coronavirus possono essere inalate e potrebbero causare, in particolari circostanze, un contagio.

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All’aria aperta, dove la concentrazione degli aerosol è bassa, è molto difficile che si possa contrarre il coronavirus anche se si passa vicino a una persona infetta. I rischi sono più alti nel caso in cui si condivida per lungo tempo un ambiente chiuso con una persona infetta: in mancanza di un adeguato ricambio d’aria si rimane esposti a una maggiore quantità di particelle virali, in sospensione nell’aria, e di conseguenza si ha un rischio più alto di rimanere contagiati.

I ricercatori che hanno studiato queste dinamiche dicono che oltre al ricambio d’aria un altro fattore di rischio da valutare è il tempo di esposizione. Se si rimane per pochi minuti in una stanza con un infetto il rischio è minore rispetto a chi vi resta per molto tempo. Alcuni studi hanno anche valutato come particolari correnti d’aria, per esempio indotte dai sistemi per l’aria condizionata, possano influire sulla diffusione del coronavirus in un ambiente chiuso e di conseguenza sulle modalità di contagio.

L’OMS continuerà a valutare gli studi condotti finora sulla diffusione del coronavirus tramite l’aria, e avrà bisogno di diversi giorni prima di decidere se modificare o mantenere le attuali linee guida, che indicano come più rilevante il contagio diretto o tramite superfici su cui si sono depositati gli aerosol. Un cambiamento delle linee guida implicherebbe inoltre l’aggiunta di consigli su come ridurre i rischi di contagi soprattutto negli ambienti ospedalieri, dove non è sempre possibile garantire un buon ricambio dell’aria. Potrebbero esserci inoltre conseguenze per i mezzi di trasporto che prevedono sistemi chiusi di aerazione, come gli aeroplani e diversi modelli di treni passeggeri.

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Nel corso degli ultimi mesi l’OMS ha rivisto e integrato più volte le proprie linee guida, talvolta ricevendo critiche per la lentezza con cui lo ha fatto. Dovendo coordinare il lavoro di centinaia di istituzioni sanitarie in giro per il mondo, l’OMS procede con grande cautela soprattutto sugli aspetti ancora oggetto di dibattito e confronto nella comunità scientifica.