Un’altra canzone di Billy Joel

Su quando arriva il momento di darsi una regolata, e ok, ma sai che c'è? La sregolatezza non era niente male

(AP Photo/David J. Phillip)
(AP Photo/David J. Phillip)

Qualche giorno fa è uscito un “MTV unplugged” di Liam Gallagher, tra molte attenzioni perché un concerto degli Oasis della stessa serie nel 1996 era stato uno dei punti più bassi della lunga catastrofe tra i due fratelli Gallagher. Questo è stato registrato l’estate scorsa, ed è una specie di tardiva pezza vent’anni dopo, venuta bene.
Oggi quarant’anni fa uscì The game, il disco dei Queen con Another one bites the dust (che fu piuttosto una cosa, allora, diversa), Save me e Play the game.
Oggi è anche il giorno della strage di Roskilde, venti anni fa.
Ho trovato una già vecchia cosa personale su De Gregori, che nel frattempo ho reincontrato, con anziana cordialità di entrambi.

I’ve loved these days
Come diceva Bill Withers ci sono delle frasi che da sole valgono una canzone. I’ve loved these days è una di queste: è bello il pensiero, la riflessione felice e soddisfatta sui giorni passati, che sa apprezzarli anche se sono passati, e sa farseli bastare. Comunque vada, è stato bello. Ecco, “è stato bello”, può essere una specie di equivalente italiano, perché invece traduzioni più fedeli (“ho amato questi giorni”) suonano più goffe e meno dolcemente scorrevoli di “I’ve loved these days”.
We’re sleeping long
And far too late
And so it’s times
To change our ways
But I’ve loved these days.

Ma nella canzone di Billy Joel, bellissima, non è una semplice constatazione di bei giorni passati, tipo un bel weekend al mare: c’è una storia più complicata. Quei giorni sono finiti: e sono stati giorni di eccessi e sregolatezze, e ora è il momento di rimettersi in ordine. Ma sai che c’è? Ce li siamo goduti.
We drown our doubts
In dry champagne
And soothe our souls
With fine cocaine
I don’t know why I ever care
We’ll get so high
And get nowhere
We’ll have to change our jaded ways,
But I’ve loved these days.

Lui parlava di mollare la California e tornarsene a New York: come sapete la contrapposizione tra Los Angeles e New York è stata spesso oggetto di opere letterarie, cinematografiche e musicali, e soprattutto in favore di New York (con alcune notevoli eccezioni, come il testo di I love LA di Randy Newman: alle cui ironie però bisogna sempre stare attenti). I’ve loved these days era nel quarto disco di Billy Joel, quello del 1976 in cui c’era anche New York state of mind (che sarebbe diventata un inno della città assai più vero e amato di New York, New York), subito prima di fare un botto planetario con Just the way you are e poi tutto il resto. Avevamo già parlato di un’altra canzone di Billy Joel sei mesi fa, comunque.
Ma insomma è tutto speciale, in questa canzone: le poche note perfette dell’intro di pianoforte, la rima nonchalant/bonvivant, il suono dei versi “the money comes, the money goes” e “we lighted our lamps” e altri ancora, e il modo in cui la strofa culmina nel verso del titolo.
E daccapo, l’idea che sia il momento di darsi una regolata e tornare nei ranghi ma senza nasconderselo, che non era niente male, quella vita là. Anzi, facciamoci un ultimo giro.
So before we end
And then begin
We’ll drink a toast to how it’s been
A few more hours to be complete
A few more nights on satin sheets
A few more times that I can say,
I’ve loved these days.

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Una prima canzone di Billy Joel