La discussione sui voucher e i rimborsi per i concerti

L'intervento di Paul McCartney ha movimentato un dibattito che va avanti da settimane, e che potrebbe risolversi a breve

Il manifesto del concerto di Paul McCartney a Napoli. (ANSA / CIRO FUSCO)
Il manifesto del concerto di Paul McCartney a Napoli. (ANSA / CIRO FUSCO)

Mentre un piccolo numero di concerti estivi italiani è stato riprogrammato e organizzato nel rispetto delle stringenti misure di prevenzione legate al coronavirus, la stragrande maggioranza dei grandi eventi previsti per l’estate è stata cancellata o rinviata al 2021. Da settimane si discute dell’impatto della pandemia sui lavoratori dello spettacolo, dai musicisti ai fonici, dagli attori teatrali ai tecnici e ai facchini che rendono possibile gli eventi di questo tipo.

Il discorso dei rimborsi dei biglietti dei concerti è strettamente collegato, ed è finito al centro di una polemica che ha coinvolto ministri, addetti ai lavori e perfino Paul McCartney, che avrebbe dovuto esibirsi in uno dei concerti più attesi dell’estate italiana. La legislazione attuale prevede, in sostituzione dei biglietti di eventi cancellati, i voucher: cioè buoni da spendere in futuro per altri eventi. In tanti però chiedono il rimborso: cioè la restituzione dei soldi, anche perché gli altri eventi sono e saranno molto pochi per il prevedibile futuro. È comunque possibile che le cose cambino: il governo ha dato rassicurazioni sull’introduzione di formule che prevedano anche i rimborsi, e il Parlamento discuterà a breve un emendamento apposito, ha confermato al Post Sergio Battelli, il deputato del Movimento 5 Stelle che l’ha presentato.

Le cancellazioni e i rinvii degli eventi hanno colpito duramente il settore della musica dal vivo, che a differenza di altri è stato assai più trascurato dalla politica, con protocolli sanitari che hanno tardato ad arrivare e date per la ripartenza ancora incerte. I pochi che hanno organizzato concerti estivi – come i cantanti Diodato e Max Gazzè – lo faranno in condizioni economicamente svantaggiose, con scarse capienze e senza possibilità di ricorrere ad altre forme di introiti, come la vendita di bevande.

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Il decreto Cura Italia invece ha regolato cosa succederà ai tanti concerti cancellati: all’articolo 88, in sostanza, si autorizzano gli organizzatori a dare a chi ha comprato i biglietti un voucher di pari valore – escluse le prevendite, cioè i costi di servizio – da spendere entro un anno per uno o più altri concerti. È quello che hanno fatto gran parte dei promoter, quando non hanno potuto riorganizzare lo spettacolo la prossima estate. Questo ha attirato grandi critiche e reazioni negative: gran parte degli acquirenti avrebbe preferito infatti un rimborso, invece di un buono da usare per spettacoli diversi da quelli per i quali avevano speso i loro soldi.

I voucher servono a evitare che chi organizza i concerti in Italia debba provvedere, in un momento di grandissima crisi in cui decine di migliaia di persone che lavorano nello spettacolo hanno perso o rischiano di perdere il lavoro, a rimborsare centinaia di migliaia di euro – ma in certi casi anche milioni – in biglietti. Il Cura Italia consente loro di trattenere quei soldi, in modo da poter riprogrammare le proprie attività e pagare nel frattempo le spese, che siano fornitori o dipendenti. Ma sulla distribuzione di queste somme ci sono state molte criticità: i lavoratori stagionali e intermittenti, per esempio, sono piuttosto scettici sul fatto che queste tutele finiranno per arrivare anche a loro.

Se il principio dei voucher è stato comunque compreso più o meno da tutti, in realtà la decisione ha scontentato tantissime persone, che in certi casi si stanno organizzando per fare causa. Il problema non è solo legato allo strumento del voucher invece del rimborso, ma anche alla sua applicazione: TicketOne, il principale sito che vende biglietti in Italia, sta fornendo voucher validi solo per concerti dello stesso organizzatore del concerto cancellato. Ma nella maggior parte dei casi una persona che va a un concerto nemmeno sa quale sia il promoter, cioè la società che lo organizza: e questo ha generato e genererà con ogni probabilità una discreta confusione.

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Il caso di cui si è parlato di più riguarda i due concerti di McCartney che erano in programma per il 10 e il 13 giugno a Napoli e a Lucca, a cui avrebbero dovuto partecipare decine di migliaia di persone che hanno speso da 80 a oltre 200 euro per biglietto (con formule che arrivavano a 600). Per criticare il mancato rimborso è intervenuto proprio l’ex membro dei Beatles, che ha definito «scandalosa» la decisione, con un post in italiano su Facebook.

D’Alessandro e Galli, i promoter che avevano organizzato il concerto, si sono difesi spiegando che «questa formula di rimborso è una misura straordinaria di cui lo staff di Paul McCartney era perfettamente a conoscenza da prima della cancellazione». Vincenzo Spera, presidente di Assomusica, la principale associazione di categoria che però dice di non essere stata coinvolta nella decisione sui voucher, ha aggiunto che è stato lo stesso McCartney a decidere per la cancellazione degli eventi, invece di riprogrammarli alla prossima estate.

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Non è comunque detto che finirà tutto così: il ministro della Cultura Dario Franceschini è intervenuto per dire che «la ratio della norma è che il voucher valga solo per un concerto dello stesso artista», sostenendo che «se questo non si terrà, lo spettatore avrà diritto al rimborso». Sarebbe una novità rispetto a quanto detto finora: secondo Franceschini, il Parlamento «potrà intervenire in conversione per togliere ogni dubbio interpretativo sulla norma».

L’emendamento di Battelli al decreto legge “Rilancio” prevede che i voucher valgano per 24 mesi, al termine dei quali, se non saranno stati riscattati, i clienti potranno chiedere un rimborso economico. Estende anche la scadenza per la richiesta dei voucher: da 30 a 180 giorni dopo l’annuncio della cancellazione degli eventi. «È una soluzione per venire incontro agli organizzatori, che non hanno nessuna colpa, ma anche ai clienti» ha spiegato Battelli, che ha parlato anche della possibilità – per ora solo discussa – di istituire un fondo governativo per i promoter con cui finanziare i rimborsi e ridurre la scadenza dei 24 mesi.

Non c’è ancora una data per la discussione dell’emendamento, che certamente però non sarà approvato prima del 17 giugno, che è la scadenza per chiedere il voucher per i concerti di McCartney. Battelli ha spiegato che non è ancora chiaro se si riuscirà a rendere la formula del rimborso per i voucher retroattiva: e cioè se varrà anche per quelli erogati prima della sua approvazione. Visto che Franceschini si è espresso proprio citando il concerto di McCartney, però, si pensa che il governo possa intervenire per aggiungere la retroattività.

La soluzione proposta è quella adottata per esempio in Germania, ed è un modo per permettere agli organizzatori di non procedere subito ai rimborsi, ma di farlo quando auspicabilmente i tempi saranno migliori. Un’altra proposta di cui si è parlato è stata quella di aumentare il valore dei voucher, per esempio a una volta e mezzo il prezzo del biglietto, in modo da incentivare i clienti a richiederli ma offrendo comunque l’alternativa del rimborso.

Diversi grandi festival previsti per l’estate, come per esempio il Primavera Sound di Barcellona, hanno offerto il rimborso totale, proponendo però agli acquirenti di conservare il biglietto, valido per l’edizione 2021, usufruendo di sconti e gadget. Ma questa formula funziona soprattutto per eventi che da sempre puntano sul coinvolgimento e la complicità del pubblico, come il Primavera: per eventi come i singoli concerti è più complicato.