La fase due di Hollywood

La California ha deciso di riaprire i set, ma l'industria del cinema è "un elefante sotto tranquillanti" e ci vorrà del tempo prima che si ricominci a girare

(AP Photo/Mark J. Terrill)
(AP Photo/Mark J. Terrill)

Dal 12 giugno in California possono riprendere una serie di attività, tra cui girare film e serie tv: e in California c’è Hollywood, che continua a essere il più importante centro al mondo per la produzione di contenuti audiovisivi. Il fatto che Hollywood possa riaprire non vuol dire però che il cinema riprenderà subito e senza problemi: nonostante la rilevanza di Hollywood, il cinema – anche quello americano – si fa spesso altrove, e la ripartenza sarà di sicura lenta e complicata.

Come ha scritto Variety, «dovranno passare alcune settimane, forse alcuni mesi, prima che le grandi case di produzione ricomincino a girare i loro film». E anche quando le cineprese torneranno ad accendersi bisognerà comunque accettare il fatto che tutto sarà diverso da prima.

Un elefante sotto tranquillanti
Parlando della difficile ripartenza della macchina produttiva del cinema americano, il dirigente di una delle più importanti case cinematografiche di Hollywood ha detto a Variety che «è come chiedere a un elefante sotto tranquillanti di rialzarsi». Per costi di produzione, tempi di realizzazione e numero di persone impiegate, certi film non possono permettersi di ripartire senza essere sicuri di poter portare a termine il lavoro, magari dopo che già erano stati fermati o rimandati all’inizio della pandemia. Ma per portare a termine il lavoro devono avere garanzie sufficienti per potersi rialzare in modo tale da reggere il peso delle loro imponenti produzioni.

Non essere i primi
Dopo aver parlato con diversi produttori, Variety ha scritto che probabilmente nessuna produzione riprenderà nei primissimi giorni dopo la “riapertura di Hollywood” e che i più ottimisti pensano di ricominciare a occupare i set non prima di luglio. In poche parole, con tante incognite e tante nuove regole – alcune non ancora chiarissime – la paura di fare qualcosa di sbagliato e ritrovarsi a fare da “cavia” per gli altri è più forte della voglia di essere i primi a uscire, tra qualche mese, con un nuovo film o una nuova serie (i discorsi fatti per il cinema ormai valgono anche per le serie tv, almeno quelle più grandi e importanti).

Finire quello che si era iniziato
C’è poi un’altra questione: prima che i nuovi film possano essere girati, c’è da finire quelli vecchi che erano stati interrotti a marzo per via delle restrizioni dovute al coronavirus, o che comunque avevano “prenotato” gli studi cinematografici per aprile o maggio. Si tratta, in questi casi, di soldi in parte già spesi, e attori, registi e membri della troupe già messi sotto contratto. La Warner Bros, per esempio, deve ancora girare circa metà di King Richard (un film in cui Will Smith interpreta il padre/allenatore di Venus e Serena Williams), comprese – pare – tutte le scene ambientate su un campo da tennis. Tra l’altro, è stato comprensibilmente previsto che nel cinema del prossimo futuro ci potrebbero essere molti più effetti speciali del solito. Un po’ perché era la strada verso cui il cinema già stava andando, e un po’ perché la tecnologia (in particolare gli immensi schermi LED che permettono di far recitare gli attori davanti a paesaggi digitali) permette di ridurre gli spostamenti e limitare quindi i rischi di contagio e di eventuale stop delle riprese.

– Leggi anche: Una cosa che vedremo sempre di più

Hollywood oltre Hollywood
Un campo da tennis a Hollywood si può trovare e ricostruire (magari anche digitalmente) senza troppi problemi. Ma ci sono anche casi di film “di Hollywood” che, per altri motivi, erano già iniziati o comunque programmati altrove. Come i nuovi Avatar che Disney stava girando in Nuova Zelanda, come il nuovo Jurassic World il cui set principale era (ed è) nel Regno Unito, o come Elvis, il film che Baz Luhrman stava girando in Australia (Tom Hanks era lì per quello, prima di contrarre il coronavirus e tornare negli Stati Uniti). Oppure come il nuovo Mission: Impossible in parte ambientato in Italia (e le cui riprese non dovrebbero ricominciare prima di settembre).  In casi come questi bisognerà doversi sottoporre a possibili richieste di quarantena per gli ingressi dall’estero e, soprattutto, sottostare a leggi e regole dei paesi in cui si gira, e non è detto che saranno ovunque le stesse.

Le nuove regole
A inizio giugno le principali associazioni e i più importanti sindacati del cinema e della televisione statunitense si sono accordati per far redigere a una sorta di commissione formata da circa 50 persone un documento di 22 pagine contenente le principali linee guida da adottare sui set. Il documento parla di test per ogni persona presente sul set, prevede regole per il distanziamento e l’uso di mascherine e suggerisce di creare gruppi di lavoro il più autonomi e separati possibile. Tra le altre cose, raccomanda anche di rinunciare all’uso di copioni e altri documenti cartacei, che passando di mano in mano potrebbero diventare un possibile veicolo di trasmissione del virus. Non vieta il contatto tra gli attori, ma invita, se possibile, a trovare modi per limitarlo.

Non così in fretta
Il documento di 22 pagine (qualcosa di simile è stato fatto anche in Italia) è un buon punto di partenza, ma c’è ancora da fare. Per prima cosa, molti sindacati (quello degli attori, quello degli sceneggiatori, e così via) stanno proponendo o proporranno le loro regole specifiche, e bisognerà anche rispettare le regole federali, statali e locali. Hollywood, per esempio, dovrà sottostare a ogni eventuale decisione presa per quanto riguarda la contea di Los Angeles, di cui fa parte. Le produzioni dovranno poi anche trovare qualcuno che sia disposto ad assicurare le loro attività, a garantire cioè un qualche tipo di copertura nel caso in cui le riprese dovessero essere di nuovo sospese.

Le persone
Anche trovando regole chiare e condivise, e anche con qualche produttore disposto a correre il rischio di ricominciare a girare, bisognerà poi vedere cosa ne penseranno la troupe, gli attori e le attrici. Come ha spiegato un recente articolo di Vanity Fair, è possibile che, vista l’incertezza generale, diversi attori e attrici decidano – potendoselo abbondantemente permettere dal punto di vista economico – di prendersi un anno sabbatico, senza film. «Personalmente, non so se tornerò a lavorare a breve», ha detto Charlize Theron. E il produttore Hutch Parker ha spiegato che il cinema è anche uno di quei settori in cui capita che certi ottimi professionisti abbiano settanta, ottanta o addirittura novant’anni.

I soldi
E comunque, alla fine, è come sempre anche una questione di soldi. Stime attendibili dicono che tra precauzioni e rallentamenti vari le nuove regole renderanno le riprese circa il 20 per cento più lente che in passato. Vuol dire metterci più tempo di prima per girare cose che, probabilmente, una volta finite, guadagneranno meno di prima. E anche gli investimenti in tecnologie nuove per nuovi effetti speciali che possano evitare di girare certe scene sono un costo non indifferente. Parker, il produttore, ha detto a Vanity Fair: «Ogni casa di produzione con cui ho parlato – e ho parlato con molte case di produzione – ha la sua strategia e i suoi pensieri su come fare. E in gran parte si tratta di analisi di costo, per capire se conviene o no girare un film. È una questione matematica».