Perché i termoscanner sono imprecisi

Le "pistole" per misurare la temperatura usate all'ingresso di molti locali hanno dei limiti e devono essere usate con attenzione per essere utili

L'uso di un termoscanner fuori da un negozio di Roma, il 18 maggio 2020 (ANSA/ANGELO CARCONI)
L'uso di un termoscanner fuori da un negozio di Roma, il 18 maggio 2020 (ANSA/ANGELO CARCONI)

Le regole per la riapertura di negozi, ristoranti e altri luoghi aperti al pubblico nella “Fase 2” in Italia dicono che i gestori possono misurare la temperatura corporea dei clienti all’ingresso e – nel caso risulti di 37,5 °C o superiore – devono impedire l’accesso nel proprio locale al cliente. Per ragioni igieniche e di rapidità, che rendono i normali termometri poco adatti, si è diffuso l’uso dei termoscanner, cioè di quei dispositivi – normalmente usati per misurare la temperatura dei neonati – che si impugnano come una pistola e che misurano la radiazione infrarossa emessa dal corpo umano. Puntandoli verso la fronte di una persona, se usati correttamente, misurano la temperatura in pochi istanti.

In molti però hanno notato che spesso le misure con i termoscanner danno esiti improbabili: a molte persone viene rilevata una temperatura di 35 °C, per esempio, oppure a più persone una dopo l’altra viene rilevata la stessa identica temperatura. Dipende da come funzionano questi dispositivi, ma anche da come vengono utilizzati: sono quindi strumenti affidabili solo fino a un certo punto nelle strategie per contenere l’epidemia.

Come funzionano i termoscanner
I termoscanner possono essere di diversi tipi. Quelli più economici (costano al massimo un centinaio di euro) e acquistati da ristoratori, parrucchieri e in generale da chiunque ne voglia uno, sono i già citati modelli “a pistola”. Negli aeroporti, nelle stazioni e in altri luoghi pubblici gestiti da grandi aziende o istituzioni però se ne possono trovare di diverso genere: alcuni hanno la forma di portali, simili a quelli dei metal detector; altri sono totem a cui bisogna accostarsi avvicinando il viso a uno schermo.

Un termoscanner in versione totem all’ingresso della mostra “Il secondo principio di un artista chiamato Banksy” al Palazzo Ducale di Genova, il 19 maggio 2020 (ANSA/LUCA ZENNARO)

Tutti i termoscanner comunque funzionano basandosi sullo stesso principio, cioè grazie alla termografia a infrarossi. Per capire come, bisogna sapere un paio di cose sugli infrarossi e la temperatura. Le spiega bene un articolo del sito Aula di Scienze dell’editore Zanichelli:

Ogni corpo emette radiazioni elettromagnetiche: la quantità di radiazioni emesse è direttamente proporzionale alla temperatura [assoluta, ndr] del corpo elevata alla quarta, secondo la legge di Stefan-Boltzmann. Di conseguenza, più un corpo è caldo, più radiazioni emette.

Anche la frequenza delle radiazioni emesse varia con la temperatura: tutti sappiamo per esempio che un pezzo di ferro riscaldato dal fabbro in una fornace diventa prima rosso e poi bianco. (…)

Un oggetto a temperatura poco superiore a 0 °C, come è il caso del corpo umano, emette solo radiazioni che non sono visibili da un occhio umano, in particolare nella lunghezza d’onda tra 1 µm e 10 µm (1 µm = 10-6 m). Le radiazioni comprese in questo intervallo si chiamano infrarosse, perché nello spettro elettromagnetico si trovano vicino a quelle visibili di colore rosso.

All’interno di tutti i termoscanner è presente una termocamera, cioè una videocamera sensibile alla radiazione infrarossa e che permette di realizzare “mappe di temperatura” di ciò che si sta inquadrando, o, nei termoscanner più piccoli, un sensore che fa la stessa cosa.

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Le termocamere misurano la temperatura della pelle, non la temperatura corporea interna, cioè quella legata alla febbre. E la temperatura della pelle può essere influenzata da vari fattori: può essere più alta del solito perché si è appena passato parecchio tempo al sole o perché si è appena fatta attività fisica; oppure può essere influenzata dalla presenza di una crema o altri cosmetici, o anche dalle condizioni dell’ambiente in cui si effettua la misurazione.

Inoltre, può variare a seconda di come viene puntato il termoscanner (nel caso di quelli “a pistola”) e della zona inquadrata. Bortolino Saggin, professore di Misure meccaniche e termiche del Politecnico di Milano, ha spiegato alla Stampa: «La zona più attendibile per il test è il “corner” degli occhi, vicino al naso. Ma è un punto molto piccolo ed è difficile prenderlo, così si utilizza la fronte perché, banalmente, è più ampia e quindi si è sicuri di inquadrarla». C’è però il rischio di ottenere misurazioni imprecise (anche tenere la “pistola” troppo lontana o troppo vicina alla fronte può dare lo stesso problema), perciò, dice Saggin, le misure uguali o superiori ai 37,5 °C andrebbero confermate con un termometro classico.

Ci sono poi i limiti strutturali dei termoscanner “a pistola” da prendere in considerazione. Sempre parlando con la Stampa, il virologo Giovanni Maga, direttore del laboratorio di virologia molecolare dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR, ha detto: «La tolleranza di questi termometri a scansione frontale può arrivare fino a mezzo grado, ma con una soglia di 37,5 gradi, se una persona è borderline può essere registrata oppure no». In un articolo di febbraio dedicato ai termoscanner, il New York Times aveva intervistato l’amministratore delegato di un’azienda texana che li produce: aveva spiegato che quelli prodotti dalla sua società hanno un margine di errore che va dai 0,1 ai 0,2 °C, ma che molti altri prodotti disponibili in commercio hanno margini di errore maggiori.

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I termoscanner più complessi che si trovano negli aeroporti e nelle stazioni – quelli che effettivamente fotografano la temperatura di persone e oggetti attorno a loro, e costano migliaia di euro – sono più precisi perché rilevano più punti contemporaneamente, ma ovviamente non si possono usare fuori da ogni ristorante.

Un termoscanner alla stazione di Milano Cadorna, il 4 maggio 2020 (Claudio Furlan – LaPresse)

Infine, in aggiunta alle possibili fonti di imprecisione, è giusto ricordare che non tutte le persone che hanno la febbre (che peraltro non per tutti parte dalla stessa temperatura) hanno la COVID-19, e viceversa. Se poi la persona con la febbre ha assunto un farmaco per farla abbassare, c’è poco che un termoscanner possa fare.

Per tutte queste ragioni secondo alcuni scienziati la misurazione delle temperatura con i termoscanner ha molti limiti e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra le altre cose, dice che se si vogliono fare controlli per prevenire il contagio all’ingresso degli aeroporti non ci si deve affidare alla sola misurazione della temperatura con termoscanner. Insomma i termoscanner sono strumenti con molti limiti: sono l’unico modo per misurare la temperatura delle persone che entrano in un locale, ma perché abbia senso usarli bisogna conoscere bene le loro caratteristiche e acquisire un po’ di abilità per inquadrare sempre la stessa zona della fronte, almeno.

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