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  • Mercoledì 20 maggio 2020

Le notizie di mercoledì sul coronavirus in Italia

I casi rilevati sono 665 in più di ieri e i morti sono 161. I ricoverati in terapia intensiva scendono a 676. Ad oggi sono state testate più di due milioni di persone

Spostamenti in monopattino elettrico (con mascherina e visiera protettiva) a Milano, il 20 maggio 2020 (ANSA/Paolo Salmoirago)
Spostamenti in monopattino elettrico (con mascherina e visiera protettiva) a Milano, il 20 maggio 2020 (ANSA/Paolo Salmoirago)

Nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 665 nuovi casi di contagio da coronavirus, secondo i dati diffusi mercoledì dalla Protezione Civile, e 161 nuovi morti. In totale, quindi, il bilancio ufficiale dall’inizio dell’epidemia è di 227.364 casi accertati e 32.330 morti. Le persone attualmente ricoverate in terapia intensiva sono 676, 40 in meno di ieri. I tamponi totali processati a oggi sono 3.171.719, 67.195 più di ieri (sono state testate più di 2 milioni di persone). I nuovi pazienti “guariti o dimessi” sono 2.881, per un totale di 132.282.

La Lombardia ha fatto registrare 294 dei casi di contagio delle ultime ore e 65 decessi. Il bilancio nella regione continua a essere in ogni caso di gran lunga il peggiore d’Italia, e ammonta complessivamente a 85.775 casi di contagio e 15.662 morti. Nella provincia di Milano i nuovi casi di contagio accertati sono stati 48, di cui 8 a Milano.

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Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.

Le altre notizie di oggi

Oggi il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia in audizione alla Commissione Federalismo fiscale della Camera ha confermato che l’ipotesi di rendere liberi gli spostamenti tra le regioni dal 3 giugno «è stata già ufficializzata dal presidente del Consiglio, ma a condizione che si rispettino i dati del monitoraggio sull’epidemia. Se una regione è ad alto rischio non può partecipare alla mobilità interregionale».

Poi il ministro ha spiegato a proposito delle riaperture, nel rapporto con le regioni, che «il governo centrale ha dato la facoltà non l’obbligo: non abbiamo detto “dovete aprire”, abbiamo detto “potete aprire a condizione che”. Autonomia significa responsabilità, ogni regione si assume la responsabilità di riaccendere gli interruttori con gradualità». Per Boccia «è inevitabile che ci siano regioni che decidono di riaprire alcune attività qualche giorno dopo. In una vicenda come questa non vince la fretta ma la valutazione saggia dei numeri e nessuno deve avere fretta».

Sempre a proposito delle riaperture oggi il presidente del Consiglio Conte, parlando davanti al Senato, ha detto: «Non è ancora il tempo dei party e della movida. Io ringrazio gli italiani per quello che hanno fatto, ma non è finita. Abbiamo tolto delle limitazioni come l’autocertificazione ma bisogna stare attenti altrimenti la curva risale».

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Il ministero dell’Interno ha reso noto il numero di controlli effettuati martedì 19 maggio per garantire il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del coronavirus. Le persone controllate sono state oltre 127.392, e ne sono state sanzionate 409, tra cui 4 persone per false dichiarazioni o attestazioni e 3 per violazione del divieto di allontanamento dall’abitazione per obbligo di quarantena. Per quanto riguarda le attività e gli esercizi commerciali i controlli sono stati 54.223. Sono stati sanzionati 41 titolari di aziende e adottati 10 provvedimenti di chiusura.

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Oggi il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha polemizzato con la regione Lombardia per la decisione di applicare una modifica alle linee guida del governo sulle regole di distanziamento da seguire nei ristoranti, in particolare per quanto riguarda i congiunti, confermando anche per questi ultimi la distanza di un metro. «Così – ha scrittto Gori su Twitter – due persone che dormono insieme dovranno cenare a 1 m di distanza, e se il tavolo è largo 80cm non potranno sedersi una di fronte all’altra».

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha replicato che la scelta della Regione «è mirata a semplificare la vita dei ristoratori e quella dei cittadini: abbiamo deciso di puntare su regole uniformi con l’obiettivo di evitare di rendere ancor più complicata la gestione di una situazione emergenziale e, per certi versi, senza precedenti»

Poi Fontana, facendo riferimento alle parole di Gori, ha detto che «se invece, anche in questo caso, si vuol far prevalere la critica e la polemica fine a se stessa, beh allora derubrico questa sua uscita come l’ennesimo attacco politico e pretestuoso alla Regione Lombardia. Senza però evidenziare – ha contrattaccato il presidente – che da un sindaco, convertitosi al rigore e alla fermezza dopo qualche uscita iniziale a dir poco improvvida, ci si aspetterebbe qualcosa di diverso».

Oggi, inoltre, Alitalia ha deciso che dal 2 giugno riprenderà i voli Roma-New York, Roma-Madrid e Roma-Barcellona e i collegamenti diretti fra Milano e il Sud Italia. La compagnia aerea ha comunicato in una nota che effettuerà complessivamente il 36 per cento di voli in più rispetto al mese di maggio, su 30 rotte da 25 aeroporti, dei quali 15 in Italia e 10 all’estero.

Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.

Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.

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