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  • Lunedì 4 maggio 2020

Il primo sindaco di Londra, 20 anni fa

Fu eletto per la prima volta soltanto il 4 maggio del 2000, dopo un secolo di amministrazioni cittadine uniche e bizzarre

(Steve Eason/Hulton Archive/Getty Images)
(Steve Eason/Hulton Archive/Getty Images)

Il 4 maggio del 2000 i cittadini di Londra scelsero per la prima volta un sindaco che guidasse la loro città. Fino a quel momento, infatti, la capitale del Regno Unito – e una delle città più importanti e popolose d’Europa – aveva avuto una storia amministrativa complicata, bizzarra e parecchio tumultuosa.

Per chiarire questa vicenda, praticamente unica nella storia delle città europee, bisogna partire da molto lontano. Londra in realtà ha una specie di “sindaco” da circa 800 anni, almeno dal 1189 per essere precisi: questa figura – il Lord Mayor – esiste ancora, ma non ha niente a che fare con l’idea moderna che abbiamo di un sindaco.

Il suo ruolo, come quello dei suoi equivalenti in molte altre città medioevali, era rappresentare gli interessi degli abitanti della città (abitanti inteso nel senso di abitanti che contavano politicamente, cioè ricchi mercanti e artigiani, tutti maschi) presso il potere centrale: nel caso del Mayor di Londra, quello del re d’Inghilterra. Oggi il Lord Mayor continua a rappresentare gli interessi di banchieri e finanzieri della City di Londra nei confronti del governo britannico, e del resto del mondo.

Questa forma di autogoverno cittadino era piuttosto comune anche nel resto d’Europa, ma quando il continente venne attraversato dalle conseguenze della Rivoluzione francese e poi dalle guerre napoleoniche, i governi cittadini costituiti dai rappresentanti delle corporazioni vennero quasi ovunque sostituiti da figure simili ai moderni sindaci: amministratori di professione che rispondevano all’elettorato o al governo centrale che li aveva nominati.

A Londra invece la City, il quartiere centrale dove avevano sede banche, assicurazioni e società commerciali, continuò a essere amministrato dal Lord Mayor scelto dai mercanti, mentre il resto della città era governato da un intricato mosaico di autorità locali e concorrenti le une con le altre. Nel 1888, per cercare di razionalizzare la situazione, venne creata la prima autorità che comprendeva buona parte di quello che oggi è il centro della città di Londra: il London County Council, con poteri che comprendevano la realizzazione di trasporti pubblici, la gestione del sistema sanitario, la gestione dei pompieri e quella delle case popolari. È a questa data che, solitamente, si fa iniziare l’autogoverno della città di Londra.

Nei decenni successivi la città crebbe sempre di più e nel 1965, dopo anni di discussioni, si decise di estendere l’amministrazione della città a tutta la gigantesca conurbazione che si era formata intorno al nucleo centrale della città. Venne così creato il Greater London Council, un’area che comprendeva più di quattro volte gli abitanti di Parigi e dieci volte la sua superficie. Questa gigantesca entità amministrativa è stata definita «troppo grande per essere una città e troppo piccola per essere una regione: una complicata unione di una città con le sue periferie e centri suburbani».

A quel punto Londra non aveva ancora un “sindaco” vero e proprio, e non lo avrebbe avuto ancora per parecchio, ma il leader del Greater Council, eletto indirettamente dall’assemblea, a sua volta eletta da ciascuna delle circoscrizioni che formavano la città di Londra, era quanto di più simile a un amministratore centrale che la città avesse avuto. Nel 1981 venne eletto a questo incarico il laburista Ken Livingstone, un politico particolarmente esuberante che per la sua visione politica radicale era stato soprannominato “Red Ken”, Ken il Rosso.

In quegli anni, il governo britannico era guidato da Margaret Thatcher, altrettanto esuberante e radicale, anche se nel senso politicamente opposto. Lo scontro tra i due fu feroce e, alla fine, Thatcher decise di risolverlo abolendo il governo autonomo di Londra, iniziato 97 anni prima. Nel 1986, scaduto il mandato dell’assemblea che aveva eletto Livingstone, il Greater London Council venne sciolto e i suoi poteri furono trasferiti alle oltre 30 circoscrizioni che lo componevano (tra cui l’antica City di Londra, con il Lord Mayor eletto dai finanzieri), coordinate da una serie di comitati per occuparsi delle materie che trascendevano i singoli confini amministrativi.

Per i successivi 15 anni, Londra si trovò in una situazione unica tra le grandi città europee: mentre nel resto del continente i sindaci diventavano quasi ovunque politici con grande autonomia e visibilità, eletti direttamente dai cittadini (in Italia accadde nel 1993), la capitale britannica non aveva né un’amministrazione centrale né una figura politica unica di riferimento.

Secondo molti la città non ne risentì più di tanto, anzi. Peter Wynne Rees, professore di pianificazione urbanistica all’UCL di Londra, definì quel periodo «il più creativo e di successo nella storia del governo di Londra». Ugualmente, questa parentesi nella storia cittadina ebbe una vita relativamente breve. Nel 1997 il Partito Laburista, guidato da Tony Blair, vinse le elezioni politiche con un programma in cui, tra le altre cose, prometteva ai cittadini di Londra la possibilità di tornare a un governo centralizzato.

Il referendum si tenne nel 1998. Andò a votare soltanto il 34 per cento dei londinesi, ma il 72 per cento votò per avere un vero sindaco, come tutte le altre città del paese e del continente. Livingstone, che aveva idee politiche molto distanti da quelle di Blair, si candidò alle primarie del partito contro un alleato del primo ministro, ma fu sconfitto. Si candidò comunque da indipendente e il 4 maggio del 2000, con il 57 per cento dei voti, divenne il primo sindaco nella storia di Londra.

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