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  • Martedì 28 aprile 2020

I detenuti ammassati nelle prigioni di El Salvador

Dopo decine di omicidi avvenuti in pochi giorni il governo ha preso provvedimenti che in questo periodo sono stati criticati ancora più del solito

Il presidente della repubblica centramericana di El Salvador, Nayib Bukele, ha radunato centinaia di membri delle pericolose gang criminali del paese che sono detenuti in diverse carceri per perquisire le loro celle, facendo una gran pubblicità all’operazione sui social network.

La misura è stata decisa dopo un inatteso picco negli omicidi avvenuto nel weekend, ma ha attirato molte critiche per il modo in cui sono stati radunati i detenuti, ammassati a centinaia l’uno attaccato all’altro: un trattamento brutale anche in tempi normali, ma particolarmente preoccupante in un periodo in cui in tutto il mondo vengono presi provvedimenti per favorire il distanziamento sociale.

El Salvador è il paese con il più alto tasso di omicidi per abitante al mondo: circa 62 ogni 100mila abitanti all’anno. È un dato che è comunque diminuito moltissimo, visto che nel 2015 era di 105 omicidi ogni 100mila abitanti. Un calo drastico è avvenuto in particolare nell’ultimo anno, cioè più o meno da quando si è insediato Bukele, 39enne ex sindaco della capitale San Salvador con un passato nella sinistra radicale ed eletto come indipendente con un partito di unità nazionale.

Quelli dello scorso weekend sono stati però i giorni con più omicidi dall’insediamento di Bukele, con 23 omicidi venerdì, 13 sabato e 24 domenica. Secondo il governo, gli omicidi sono stati ordinati dai membri delle principali gang del paese – le due principali sono la MS-13 e la Calle 18 – che si trovano nelle principali prigioni. Per questo Osiris Luna Meza, a capo delle prigioni nazionali, ha annunciato estese perquisizioni e confinamenti solitari dei detenuti considerati più pericolosi, sostenendo sia necessario per contenere gli omicidi.

Bukele ha pubblicato molte foto delle operazioni sui social network, attirando critiche che sono andate oltre quelle per l’abituale disumanità del trattamento dei detenuti, piuttosto comune nel paese. Molti infatti hanno protestato per le poche precauzioni prese per limitare un’eventuale diffusione del coronavirus. Il rischio che si diffonda nelle carceri, dove sarebbe difficilissimo da controllare, è tenuto in alta considerazione in gran parte dei paesi del mondo interessati dall’epidemia.

Finora a El Salvador sono stati registrati pochi contagi ufficiali, 323, e 8 morti, con circa 20mila test eseguiti finora. Il contagio sembra essere sotto controllo principalmente per via delle tempestive e rigide misure restrittive introdotte da Bukele fin da metà marzo, ancora prima dei primi casi registrati nel paese. Da allora centinaia di persone sono state arrestate per averle violate, e in certe zone sono state le stesse gang a far rispettare con le minacce le norme di distanziamento sociale.

Jose Miguel Cruz, esperto di gang criminali di El Salvador, ha detto al Washington Post che il picco di omicidi nel weekend ha «distrutto l’idea che il governo abbia il controllo totale sul crimine». Secondo Cruz, la diminuzione delle violenze negli ultimi mesi era dovuta in parte alle attività della polizia, ma anche a una decisione strategica delle stesse gang, che ora sembrano aver deciso di tornare a uccidere in maniera molto visibile, per motivi ancora non chiari. Osservatori e analisti negli ultimi mesi avevano avanzato la possibilità che il calo degli omicidi dipendesse da un accordo segreto tra gang e governo, che però ha sempre negato questa tesi.