È utile disinfettare le strade contro il coronavirus?

Secondo il ministero della Salute non ci sono prove scientifiche convincenti e l'uso dei disinfettanti comporta altri rischi

Pulizia stradale davanti alla Stazione Centrale di Milano (ANSA/Marco Ottico)
Pulizia stradale davanti alla Stazione Centrale di Milano (ANSA/Marco Ottico)

Negli ultimi giorni diversi comuni italiani si sono organizzati per potenziare il lavaggio delle strade, con l’aggiunta di sostanze disinfettanti per contrastare la diffusione del coronavirus. A Milano, per esempio, l’AMSA (Azienda Milanese Servizi Ambientali) utilizza una soluzione di liquido igienizzante nei suoi automezzi per i lavaggi stradali con una serie piuttosto fitta di interventi nei vari quartieri della città. A oggi non ci sono però prove convincenti sull’utilità della sanificazione stradale, come ha da poco chiarito il ministero della Salute con una circolare.

Coronavirus e superfici
Come la maggior parte degli altri virus, anche il coronavirus (SARS-CoV-2) si mantiene attivo sulle superfici – quindi all’esterno degli organismi – per un certo periodo di tempo. I ricercatori stanno cercando di capire quanto duri questo periodo prima che il virus si degradi e non sia più pericoloso, ma finora non hanno trovato risposte definitive.

Sulla base delle esperienze con altri coronavirus – come quelli che causano la SARS e la MERS – si stima che questi tipi di virus rimangano attivi fino a 48 ore, ma non si esclude che in alcune circostanze possano mantenersi attivi fino a 9 giorni. Molto dipende dalla superficie su cui si sono depositati, dalle condizioni ambientali e da eventuali agenti esterni.

Trasmissione diretta e indiretta
Il coronavirus si trasmette tramite le goccioline di saliva che emettiamo tossendo, soffiandoci il naso, starnutendo e talvolta parlando. Queste possono trasferirsi da una persona infetta a una sana direttamente, per esempio se ci si trova in stretto contatto, oppure possono depositarsi sulle mani dell’infetto che le trasferisce poi sugli oggetti che tocca.

In questo caso il contagio può avvenire indirettamente: una persona sana entra in contatto con gli oggetti contaminati, poi si tocca la faccia (occhi, naso o bocca) e viene contagiato dal coronavirus. Per questo il distanziamento sociale e lavarsi spesso le mani sono essenziali per ridurre il rischio di nuovi contagi.

Disinfezione delle superfici
Un lavaggio frequente delle superfici può contribuire a eliminare il coronavirus e il pericolo della contaminazione. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) consiglia di disinfettare le superfici dure con una soluzione acquosa di ipoclorito di sodio (candeggina); la disinfezione deve avvenire dopo la normale pulizia con acqua e detergenti neutri. In alternativa, si può utilizzare il comune alcol per le pulizie domestiche (etanolo), facendo attenzione che sia in una soluzione con concentrazione del 70 per cento e ricordando comunque di lavare prima le superfici con i normali detergenti.

Il consiglio è lavare soprattutto oggetti e superfici con cui entriamo spesso in contatto: maniglie delle porte e delle finestre, superfici del bagno, smartphone, tablet, tastiere dei PC, pulsantiere degli ascensori e maniglie dei mobili e degli elettrodomestici.

Disinfettare le strade
Le cose si complicano per le superfici stradali, costituite per lo più da asfalto e pietra. A oggi non ci sono evidenze scientifiche per sostenere che le superfici su cui camminiamo siano coinvolte nella trasmissione del coronavirus, per i motivi che abbiamo visto prima legati alle modalità di contagio.

Nella sua circolare, il ministero della Salute spiega che:

È importante sottolineare che esistono informazioni contrastanti circa l’utilizzo di ipoclorito e la sua capacità di distruggere il virus su superfici esterne (strade) e in aria. L’efficacia delle procedure di sanificazione per mezzo dell’ipoclorito su una matrice complessa come il pavimento stradale non è peraltro estrapolabile in alcun modo dalle prove di laboratorio condotte su superfici pulite.

Durante il picco dell’epidemia da coronavirus a Wuhan, la città della Cina dove si erano registrati i primi casi di gravi polmoniti atipiche causate dalla COVID-19, erano circolate molte immagini di operatori intenti a spruzzare sostanze disinfettanti sulle superfici esterne, una pratica che era stata poi ripresa da altri paesi. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie in Cina hanno in seguito messo in dubbio questa pratica, spiegando che il ripetuto impiego di disinfettanti “potrebbe comportare inquinamento ambientale e dovrebbe essere evitato”.

Analisi realizzate in altri paesi hanno inoltre messo in evidenza che l’ipoclorito di sodio può reagire con il materiale organico presente sulle strade, causando la formazione di sottoprodotti cancerogeni che potrebbero essere inalati. Potrebbero esserci quindi rischi per gli operatori e per la popolazione, che paiono superiori a quelli molto remoti di essere contagiati attraverso le superfici stradali. Non è stata inoltre esclusa la possibilità che i lavaggi stradali con sostanze disinfettanti possano comportare la contaminazione delle riserve d’acqua locali.

Sulla base di queste valutazioni, e delle scarse informazioni sul medio periodo per ora disponibili, l’Agenzia per l’ambiente (ARPA) del Piemonte ha per esempio dato parere negativo all’impiego dell’ipoclorito per la disinfezione delle strade, definendola una pratica dannosa per l’ambiente.

Il ministero della Salute consiglia, in questa fase dell’epidemia, di limitare la disinfezione stradale a interventi straordinari, e solo a patto che siano assicurate protezioni adeguate agli operatori e agli eventuali passanti. Il parere complessivo del ministero è comunque contrario:

In conclusione, a oggi, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, non vi sono evidenze a supporto dell’efficacia della sanificazione delle strade e pavimentazioni esterne con prodotti chimici disinfettanti o igienizzanti. Tali procedure hanno inoltre implicazioni logistiche ed economiche da considerare, in assenza di reale beneficio nel controllo dell’epidemia da SARS-CoV-2.