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  • Sabato 14 marzo 2020

Com’è messo l’Iran

Nel paese del Medio Oriente più colpito dal coronavirus continuano a essere contagiati politici di rilievo, mentre sempre meno persone credono ai numeri ufficiali

(Mohammad Hasan Zarifmanesh/Tasnim News Agency via AP)
(Mohammad Hasan Zarifmanesh/Tasnim News Agency via AP)

Fin dall’inizio della diffusione del coronavirus (SARS-CoV-2), uno dei paesi più colpiti al mondo è stato l’Iran. Già a fine febbraio si registravano migliaia di casi, e si iniziava a sospettare che il regime guidato dalla Guida suprema Ali Khamenei stesse nascondendo i dati reali sui contagiati e soprattutto sui morti, come capita spesso ai governi autoritari che hanno un rapporto di scarsa fiducia con la comunità internazionale. Ora la situazione sembra essere peggiorata: nonostante ufficialmente le persone positive al coronavirus in Iran siano meno che in Italia – circa 11mila contro 15mila – diversi esperti ritengono che i dati reali siano molto molto più alti. Stanno emergendo le prime prove che il regime abbia mentito sulla reale portata del contagio, almeno nelle prime settimane.

Complice il fatto che la classe politica è composta soprattutto da maschi anziani, già da giorni in Iran sono stati contagiati politici di rilievo, fra cui diversi parlamentari e ministri: soltanto negli ultimi due giorni si è saputo che hanno contratto il coronavirus anche il vicepresidente del paese Eshaq Jahangiri oltre al ministro del Turismo e il ministro dell’Industria. Due settimane fa è morto a causa del coronavirus anche un membro del ristretto circolo di consiglieri di Khamenei, Mohammad Mirmohammadi.

Il contagio di diversi funzionari e politici iraniani – dieci giorni fa il New York Times stimava che fossero quasi 40 – è uno degli elementi che fa pensare a diversi esperti che il numero dei contagiati sia molto più alto. Di recente l’Atlantic ha messo insieme una serie di stime che si basano sia sul dato dei politici e dei funzionari malati, sia su altri dati a disposizione, come quello degli iraniani trovati positivi all’estero: le stime vanno dai 586mila agli 8 milioni di contagiati (in Iran abitano circa 80 milioni di persone).

La diffusione del coronavirus nel paese non sembra legata a un problema nelle strutture sanitarie. A differenza di altri paesi vicini, l’Iran ha un sistema sanitario ben sviluppato, con molti dottori e infermieri di buon livello. A partire dalla Rivoluzione islamica del 1979, i servizi medici in Iran furono estesi alle parti più remote del paese e nel corso degli anni il sistema nazionale riuscì a superare crisi sanitarie piuttosto serie: per esempio eradicò la polio già negli anni Ottanta, facendo molto meglio di altri paesi del Medio Oriente, e lo scorso anno riuscì a bloccare la diffusione dell’Influenzavirus B dopo che aveva ucciso oltre 100 persone.

Sappiamo tuttavia molto poco di come l’Iran stia gestendo la crisi anche perché l’apparato di sicurezza sta lavorando per bloccare la diffusione di informazioni, sia all’esterno sia all’interno. Il New York Times ha scritto che secondo diverse fonti «agenti di sicurezza dislocati in ogni ospedale impediscono al personale sanitario di diffondere qualsiasi dato riguardo a carenze, pazienti e morti relativi al coronavirus». Nel paese lavorano inoltre pochissimi giornalisti internazionali, mentre la maggior parte delle informazioni sul contagio viene diffusa dalle agenzie di stampa legate al regime.

Da quel poco che sappiamo la situazione sembra particolarmente grave proprio a Qom, città 150 chilometri a sud della capitale Teheran e importante meta di pellegrinaggio per i musulmani sciiti, sia iraniani che provenienti da altri paesi vicini. Già alla fine di febbraio un deputato locale aveva raccontato che in città c’erano stati 50 morti e 250 persone messe in quarantena, quando il dato ufficiale per il resto del paese parlava di appena 12 morti. Il ministero della Sanità aveva chiesto alle autorità cittadine di chiudere i luoghi visitati dai pellegrini, che però hanno deciso di non farlo.

Da alcune immagini satellitari ottenute dal New York Times e riprese dal Guardian, sembra inoltre che già alla fine di febbraio nel cimitero di Qom siano state scavate delle fosse comuni, cosa che fa pensare che le autorità locali si fossero rese conto da subito dei numeri reali del contagio.

Al momento secondo i dati ufficiali le persone morte per il coronavirus in Iran sono 514, circa la metà dei morti certificati in Italia. Anche il dato giornaliero è significativamente più basso: fra il 12 e il 13 marzo in Iran sono morte 85 persone per via del coronavirus, mentre in Italia l’ultimo dato giornaliero disponibile è di 250 morti.

Venerdì sera il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha ammesso che l’Iran al momento è «uno dei paesi più colpiti al mondo» dal coronavirus e in una lettera aperta al segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha spiegato che il paese sta avendo enormi difficoltà a gestire l’epidemia anche a causa delle sanzioni statunitensi reintrodotte dall’amministrazione di Donald Trump nel 2018.