“La capitale statunitense del coronavirus”

È Seattle, nello stato di Washington, dalla quale in questi giorni sono arrivati racconti simili a quelli di Milano

(AP Photo/Ted S. Warren)
(AP Photo/Ted S. Warren)

Lo stato di Washington, al confine con il Canada, è al momento quello degli Stati Uniti in cui sono state individuate più persone contagiate dal coronavirus (SARS-CoV-2): sono stati accertati 85 casi di COVID-19, la malattia causata dal virus, sugli oltre 300 registrati in tutti gli Stati Uniti, e le morti in qualche modo legate al coronavirus sono state 14 (su 17 totali nel paese). L’area con più contagi è la contea di King, dentro alla quale si trova Seattle, che con circa 700mila abitanti è la città più popolosa dello stato. In un articolo scritto per il New York Times, Margaret O’Mara ha definito Seattle “la capitale statunitense del coronavirus”.

Da un paio di giorni, Seattle, la contea di King e più in generale l’intero stato di Washington si trovano infatti in una situazione non molto diversa da quella in cui si sono trovate nelle scorse settimane diverse altre aree del mondo, in Asia come in Italia.

Da Seattle arrivano quindi resoconti che parlano di strade molto più vuote del normale, arterie stradali insolitamente senza traffico e scaffali di negozi vuoti. In alcune aree della contea di King sono anche state chiuse le scuole e a Seattle è arrivato in visita il vicepresidente statunitense Mike Pence, nominato da Donald Trump come responsabile delle politiche per contenere il coronavirus.

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Il New York Times ha scritto che già da giovedì, quando i casi sono più che raddoppiati rispetto al giorno precedente, «l’area di Seattle è entrata in una nuova realtà» e, seppur non la si possa definire una “città fantasma”, è comunque diventata la prima negli Stati Uniti in cui le autorità hanno suggerito alle persone di ridurre i contatti sociali.

Giovedì mattina Jay Inslee – governatore Democratico dello stato di Washington, in carica dal 2013 – ha invitato i cittadini e le aziende a cancellare o posticipare tutti gli incontri non essenziali a cui è prevista la partecipazione di più di dieci persone, e ha consigliato a chi ha più di 60 anni di uscire il meno possibile di casa.

Inslee ha poi precisato che «non si tratta di un ordine ma di un invito ad agire responsabilmente nei confronti della propria comunità».

L’area di Seattle è nota anche per ospitare gli uffici di diverse grandi aziende tecnologiche. Due di queste, Amazon (che a Seattle ha la propria sede principale) e Facebook, hanno chiesto ai loro dipendenti che si trovano in quell’area di lavorare da casa almeno fino a fine marzo, e sembra che almeno un dipendente di ognuna delle due abbia contratto il coronavirus.

Google ha chiesto ai suoi dipendenti dello stato di Washington di lavorare, se possibile, da casa e di non portare negli uffici ospiti esterni. Indicazioni simili sono arrivate anche da Twitter e Microsoft.

Per quanto riguarda invece le scuole, quelle ufficialmente chiuse nello stato di Washington fanno parte di un distretto scolastico in un’area suburbana di Seattle, e sono frequentate da più di 20mila studenti. Sembra che la decisione sia stata presa dopo che il padre di un bambino delle elementari è risultato positivo a un test per il coronavirus.

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Così come è successo o sta succedendo per molti altri epicentri di casi di coronavirus nel resto del mondo, nemmeno nello stato di Washington si sa con esattezza dove, quando e come sia iniziato il contagio.

Alcune analisi citate dal New York Times hanno ipotizzato che il virus potesse essere presente nello stato di Washington già da fine gennaio. Si sa invece, come stanno raccontando nel dettaglio i principali media statunitensi, che il singolo luogo finora più colpito dal contagio è una casa di cura per anziani di Kirkland, una città a est di Seattle e nella contea di King.

(David Ryder/Getty Images)

Almeno nove delle morti in qualche modo legate al nuovo coronavirus riguardano persone che erano ospitate nella struttura e, come ha raccontato il New York Times, i figli e i parenti delle persone ancora ospitate sono molto preoccupati per la situazione, visto che sarà probabilmente difficile entrare o uscire dalla struttura.

Trattandosi di una casa di cura per anziani, gli ospiti hanno un’età avanzata, e in molti casi già altre patologie. Non è nemmeno chiaro, per ora, come il coronavirus sia arrivato all’interno della struttura.