C’è stato un rimpasto nel governo britannico

Per rafforzare la sua leadership il primo ministro Boris Johnson ha licenziato vari ministri e altri membri del governo

(Peter Summers/Getty Images)
(Peter Summers/Getty Images)

Diversi ministri del governo britannico sono stati licenziati in un drastico rimpasto voluto dal primo ministro Boris Johnson: si tratta di Sajid Javid, cancelliere dello Scacchiere (cioè ministro delle Finanze); Julian Smith, ministro per l’Irlanda del Nord; Chris Skidmore, ministro per la Scienza e l’Università; Esther McVey, ministra per la Casa; Andrea Leadsom, ministra per gli affari economici; Theresa Villiers, ministra per l’Ambiente; George Freeman, ministro per i Trasporti; Geoffrey Cox, il procuratore generale; e Nusrat Ghani, sottosegretaria ai Trasporti.

Il licenziamento di Smith è stato accolto con maggiore sorpresa rispetto agli altri, perché era considerato uno dei membri più competenti del governo e quello che aveva contribuito maggiormente a risolvere la crisi di governo nella regione, durata tre anni.

Quasi tutti i ministri licenziati erano in carica dal luglio del 2019, quando si era insediato il primo governo di Johnson. I loro sostituti sono già stati in parte annunciati: tra gli altri Suella Braverman è la nuova procuratrice generale e Rishi Sunak è il nuovo ministro delle Finanze. Hanno entrambi 39 anni.

Il rimpasto era stato ampiamente anticipato nei giorni scorsi dai media britannici, ed è stato giustificato da fonti vicine a Johnson con la necessità di «promuovere una nuova generazione di talenti per i prossimi anni», ha scritto il Guardian (anche se la maggior parte di quelli licenziati, in realtà, non erano così anziani). La motivazione politica dietro al rimpasto è principalmente quella di rafforzare la leadership di Johnson e smuovere l’attività dell’esecutivo dopo i tre anni e mezzo di stallo seguiti al referendum su Brexit.

Dopo le elezioni britanniche dello scorso dicembre, infatti, Johnson aveva lasciato praticamente intatto il suo governo, aspettando un momento più propizio dopo il 31 gennaio, cioè quando è avvenuta ufficialmente Brexit. Nel Regno Unito i rimpasti sono più frequenti e meno traumatici di quanto non siano in Italia, per esempio, perché i ministri possono essere licenziati dal primo ministro, senza molti passaggi formali.