Il nuovo coronavirus potrebbe esserci arrivato dai pangolini

Due ricercatori cinesi che hanno analizzato il codice genetico del 2019-nCoV hanno visto che è molto simile ai coronavirus che colpiscono gli strani mammiferi ricoperti di scaglie

Un pangolino sudafricano a Johannesburg, il 15 febbraio 2019 (AP Photo/Themba Hadebe)
Un pangolino sudafricano a Johannesburg, il 15 febbraio 2019 (AP Photo/Themba Hadebe)

Il nuovo coronavirus (2019-nCoV), come la maggior parte dei nuovi virus che hanno avuto grande diffusione negli ultimi anni, si è trasmesso alle persone da un qualche animale. I pipistrelli sono gli animali da cui più di frequente avviene il cosiddetto spillover, cioè il passaggio di un patogeno da una specie a un’altra, e gli scienziati hanno già ipotizzato che anche il nuovo coronavirus arrivi dai pipistrelli per via della somiglianza tra il suo codice genetico e quello di altri coronavirus già noti. Tuttavia è probabile che il virus si sia trasmesso a un’altra specie prima di arrivare alle persone, e secondo due scienziati cinesi si tratterebbe di una specie di pangolini.

A gennaio un gruppo di ricerca di Pechino aveva ipotizzato che lo spillover del nuovo coronavirus fosse avvenuto con una specie di serpenti, ma quell’ipotesi è stata scartata da altri scienziati. L’ipotesi dei pangolini – non ancora verificata dalla comunità scientifica, dato che lo studio che ne parla non è ancora stato pubblicato – è stata avanzata invece da Shen Yongyi e Xiao Lihua dell’Università agricola di Canton, sulla base di un confronto genetico tra il virus negli umani e altri coronavirus in questi animali, dopo aver testato più di mille campioni di materiale biologico legato ad animali selvatici.

Leggi anche: A Wuhan va sempre peggio

I pangolini sono piccoli mammiferi carnivori che hanno la particolarità di avere il corpo ricoperto di squame. Hanno anche un altro primato, meno entusiasmante: sono i mammiferi più commerciati illegalmente al mondo, condizione che ha contribuito a considerarli ad alto rischio di estinzione in natura. La loro carne è ritenuta pregiata nella cucina di alcune zone del Vietnam e della Cina (dove in generale l’uso di carne di animali selvatici è molto diffuso), mentre le scaglie sono utilizzate nella medicina tradizionale cinese. La continua caccia di pangolini ha portato a una riduzione della loro popolazione in Asia, spingendo i cacciatori di frodo a concentrare le loro attività in Africa, dove ci sono più esemplari.

Per preservare le otto specie di pangolini ancora esistenti, gli stati membri della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES) hanno stabilito la messa al bando del commercio di pangolini in tutto il mondo. In Cina poi dal 2014 chiunque mangi o acquisti per altri scopi animali a rischio, pangolini compresi, viene punito con la prigione fino a dieci anni. Nonostante questo il commercio illegale di carne e scaglie di pangolini è molto diffuso. Non c’erano pangolini nella lista degli animali in vendita nel mercato di pesce e animali selvatici di Wuhan da cui si ritiene sia partita l’infezione da 2019-nCoV a dicembre, ma il fatto che venderli sia illegale potrebbe spiegare l’omissione.

Uno di 136 pangolini vivi sequestrati dalla dogana thailandese insieme a 450 chilogrammi di scaglie di pangolino a Bangkok, il 31 agosto 2017 (AP Photo/Sakchai Lalit)

I coronavirus infettano sia i mammiferi che gli uccelli. Il virus della SARS, a sua volta un coronavirus, era passato dai pipistrelli alle persone attraverso le civetta delle palme comune, o musang, un mammifero carnivoro di piccola taglia la cui carne, all’epoca, veniva ritenuta a sua volta una prelibatezza culinaria in Cina. Dopo la diffusione della SARS il consumo di carne di civetta delle palme è stato proibito nel paese.

È stato annunciato che i risultati dello studio di Shen Yongyi e Xiao Lihua saranno diffusi prossimamente per aiutare i ricercatori impegnati a trovare una cura per la nuova infezione. Alcuni scienziati che si stanno occupando del nuovo coronavirus hanno detto a Nature di avere molte aspettative sullo studio e sperano che dica in particolare dove siano stati trovati i pangolini con virus simili al 2019-nCoV.

Arinjay Banerjee, un ricercatore della McMaster University di Hamilton, in Canada, ha spiegato che è anche molto importante sapere se gli scienziati cinesi abbiano trovato il virus simile al 2019-nCoV in campioni di sangue dei pangolini o nelle loro feci: saperlo potrebbe farci capire in che modo sia avvenuto lo spillover e come prevenire casi simili in futuro. Ci sono però anche ricercatori più scettici che hanno fatto notare che dato che il mercato da cui era partita l’infezione è stato chiuso è possibile che le prove utili per ricostruire esattamente da dove provenga il virus possano non esistere più. Sperano comunque che la pratica di vendere animali selvatici nei mercati sia vietata.